Quanto è bello starsene spaparanzati sulla poltrona del cinema a godersi le (dis)avventure dell’ennesimo astronauta, sgranocchiando popcorn. Vero? Dico, tanto si sa che qualsiasi missione nello spazio finisce in dramma. Ma pensate solo per un momento di essere voi quel poveretto che si perde nella geografia di un pianeta alieno ed è costretto a sopravvivere mangiando quelle schifosissime razioni spaziali e improvvisandosi tuttofare. Se avete avuto modo di giocare con Lifeline, giochino mobile molto interessante che vi mette nei panni dell’unico contatto di un astronauta finito chissà dove nel cosmo, allora potete immaginare The Solus Project come l’altra faccia della medaglia: questa volta siete voi gli astronauti finiti chissà dove nel cosmo. Partendo da un incipit tanto semplice ed efficace, il titolo gioca con influenze cinematografiche piuttosto palesi (si va da Interstellar Di Christopher Nolan a The Martian e Prometheus, entrambi di Ridley Scott) per mettere il giocatore nei panni di un sopravvissuto spaziale. A differenza delle centinaia di survival giunti sui nostri schermi di recente, The Solus Project gode di un’intuizione fondamentale che lo caratterizza: ha una storyline che bisogna seguire, una sorta di macro-obiettivo che si sovrappone a quello sempre attivo e urgente, la sopravvivenza.
SPAZIO, ULTIMA FRONTIERA
C’è una storia da seguire, un macro-obiettivo che si sovrappone a quello, sempre urgente, della sopravvivenza
L’incipit narrativo è ben poco originale (così come il titoletto di questo paragrafo: oh, ci si adegua): il pianeta Terra è spacciato e il Progetto Solus è la missione di ricerca per un pianeta da poter colonizzare e che possa replicare le caratteristiche del nostro mondo. Da questa missione dipende la sopravvivenza dell’intera razza umana; una responsabilità mica da poco. Purtroppo, in procinto di avvicinarsi all’ennesimo pianeta da setacciare, qualcosa colpisce l’astronave del protagonista e la capsula di salvataggio si spappola su Gliese-6143-C, lasciando l’astronauta da solo e in balia di un ambiente ostile.
I primi momenti di gioco richiamano immediatamente le immagini di No Man’s Sky, per via di una scelta cromatica che spesso si affida a colori molto accesi: orizzonti sterminati in cui l’erba rossa colora il paesaggio sopra le rocce appuntite; il mare che lambisce la spiaggia, gli alberi che oscillano mossi da una tempesta in arrivo. Un cielo alieno non troppo diverso da quello terrestre. Tempo di raccogliere il palmare e studiare tutte le statistiche relative all’ambiente e alle condizioni del nostro personaggio: temperatura, umidità, la presenza dell’acqua e perfino l’atmosfera respirabile. Sembra tutto adatto alla vita. Al nostro protagonista non resta che mettersi in contatto con gli altri membri dell’equipaggio per non morire solo soletto in questo pianeta alieno.
LATTINE DI CIBO SPAZIALE
The Solus Project è fondamentalmente un survival e, in quanto tale, guida il giocatore attraverso una serie di passaggi preliminari volti a costruire una torcia di fortuna e a trovare riparo all’interno di una grotta. Le condizioni climatiche del pianeta sono tutt’altro che accoglienti: le notti sono freddissime e minacciano di mandare in ipotermia il protagonista, e il clima è decisamente capriccioso.
Il mistero di Gliese-6143-C richiama in più punti quello televisivo dell’isola di Lost
All’orizzonte nuvole si addensano, un vento freddo comincia a spirare piegando le cime degli alberi mentre un rimbrottare basso e gutturale annuncia una tempesta imminente. Restare all’aperto durante uno di questi eventi climatici significa sacrificare la propria incolumità fisica, abbassare la temperatura corporea rischiando di morire assiderati. Da questo punto di vista The Solus Project è un survival molto classico che pone l’accento sull’importanza di prendersi cura delle statistiche del personaggio: la fame, la sete, il sonno. Occuparsene è l’obiettivo da tenere sempre a mente mentre si perseguono i micro-obiettivi che il gioco ti pone davanti. Il nostro astronauta è infatti occupato a mettersi in contatto con i suoi colleghi, per comunicare loro dell’incidente e per segnalare un’incredibile verità: il pianeta non è disabitato. Ben presto infatti strutture molto complesse, disegni sulle pareti e prove inconfutabili di una civiltà non così diversa da quella umana cominciano a palesarsi agli occhi del protagonista. L’esplorazione diventa allora motore principale per risolvere il mistero di Gliese-6143-C, un mistero che richiama palesemente l’isola di LOST, la storica serie televisiva, tra rimandi precisi (un cavo attraversa un’intera sezione dell’isola e statue antropomorfe si ergono alte contro il cielo) e atmosfere terrificanti. Vi giuro che trovarsi di notte, col vento che ulula e la tempesta alle spalle, è un’esperienza da non dimenticare.
SPACE ODDITY
The Solus Project è una bellissima promessa per tutti gli appassionati di fantascienza. L’intuizione di accompagnare la natura survival a uno story mode più classico è una scelta vincente che permette di rendere interessante il titolo sul lungo periodo. Resta da vedere quanto sarà convincente la vicenda nel suo complesso e se il titolo saprà giocare in modo intelligente — come d’altronde fa in questa anteprima — con tutti i gadget in possesso dell’astronauta per stuzzicare la voglia d’esplorazione del giocatore. Le prime ore, quello che ho avuto modo di provare in questo antipasto, mi hanno spaventato a morte in alcuni frangenti, quando mi sono sentito solo e vulnerabile nel ventre di una caverna aliena, e mi hanno fatto eccitare quando si trattava di investigare su una proto-società di esseri così diversi eppure simili a noi. Non vedo l’ora di risolverne il mistero.