La mia gamescom comincia sempre nella sala cinema di Bethesda, con un caffè troppo caldo in mano, una manciata di ore di sonno in meno rispetto al necessario, e uno dei giochi più attesi da vedere. L’anno scorso era Fallout 4, quest’anno Dishonored 2, uno dei titoli che all’E3 di Los Angeles ha solleticato di più il mio immaginario. Senza dilungarmi troppo sui dettagli già emersi durante la fiera californiana, il nuovo video di gameplay presentato a Colonia ci ha finalmente permesso di vedere il montaggio di una missione di gioco per quello che è, alimentando, e non poco, l’attesa per l’11 novembre, data in cui finalmente potremo sbarcare a Karnaca.
ÎLE DE SERKONOS
Così come Dunwall ci aveva conquistato con i suoi moli sporchi di grasso di balena, la fuliggine britannica e il fascino oscuro, Karnaca riesce a soggiogare per il suo fascino estivo, mellifluamente solare, accarezzata com’è dalle splendide acque delle isole di Serkonos e impreziosita da un’architettura che esalta le più folli visioni steampunk.
L’ambientazione, dunque, resta la protagonista principale del gioco e i palazzi imponenti della città natale di Emily e Corvo ci rimandano subito a una decadenza meno industriale e più letteraria, che sposta i confini dell’immaginario verso il sud dell’Europa. Anche l’accento, in giro, ricorda quello francese ed è nel palazzo di un visionario ingegnere dall’inflessione romanza che è ambientata la prima missione: il walktrough presentato si concentra molto sui poteri di Emily, che attraverso lo Shadow Walk riesce a farsi strada tra le guardie in maniera letale e granguignolesca, trasformandosi in una bestia di ombra e punendo gli ignari gendarmi con il filo della lama, mentre grazie al Far Reach, un breve teletrasporto, non ha problemi ad arrampicarsi nelle zone meno accessibili.
Dishonored 2 non nasconde il retaggio marcato dalla precedente generazione, ma abbraccia il presente
È in questi momenti che Dishonored 2 mostra, a mio avviso, i suoi pregi migliori, ma anche i suoi limiti: l’approccio libero ai combattimenti e alle quest, già tipico del primo capitolo, è esaltato da ambienti più grandi, un level design più ricercato e, se vogliamo, da una complessiva ricerca estetica che mi pare anche superiore al passato; d’altro canto, però, le animazioni del clone di Emily, così come quelle dei nemici, arrancano in confronto a cotanta magnificenza.
enigmi ambientali semplici esaltano il raffinato level design
QUESTIONE DI STILE
La ricerca estetica, una colonna sonora dagli archi vibranti e dalle dissonanze che vanno di pari passo con l’incedere dell’avventura, nonché la cura dei particolari al limite del maniacale sono ancora più evidenti nella seconda parte della demo, quando assistiamo a una fase molto più stealth e compassata di gioco, con Emily che si infiltra in un museo abitato da inquietanti presenze femminili.
le ambientazioni trasudano uno stile unico e ricercato, con particolare attenzione alla verticalità
È pur vero che Dishonored, anche nel primo episodio, lasciava ampi spazi a una serie di convenzioni di genere che attingono a piene mani dalla tradizione ludica, ma va bene così, visto che nel complesso l’esperienza, quando finalmente avremo il pad in mano, farà dimenticare o notare di meno, si spera, una serie di incongruenze ed esalterà, invece, le dinamiche di gameplay. Dunque, l’unica cosa che mi è mancata, della presentazione di Dishonored 2, è proprio la possibilità di provare finalmente la nuova fatica di Arkane Studios che, ancora una volta, si conferma una delle uscite più attese dell’ultima parte del 2016.