A Colonia, qui, vi ho raccontato di un’emozionante e divertente prova di For Honor, nonché della grande ambizione del progetto di Jason VandenBerghe e Ubisoft Montreal, fra loot system, enormi possibilità di personalizzazione e un comparto tecnico di prim’ordine. Quello che non vi ho raccontato, di quel pomeriggio tedesco, sono le altre modalità di gioco che, al momento, compongono l’offerta online del titolo.
È fondamentale conoscere a memoria il moveset del proprio combattente
IL CAMMINO DEL GUERRIERO
Vi ricordate quando paragonavo For Honor a Bushido Blade? Ecco, nei duelli la vicinanza tra i due titoli è davvero tanta, in termini di filosofia di gioco: l’assenza di abilità e di qualunque tipo di bonus rende gli scontri estremamente tecnici e dall’esito molto vario.
A seconda dell’eroe scelto e della strategia adottata si può decidere di provare a sorprendere il nemico immediatamente, oppure si può optare per studiarlo e prendere tempo. Qualunque sia la scelta, i duelli di For Honor vivono di fiammate improvvise, assalti tecnici e spettacolari e scaramucce atte solo a non far pensare l’avversario. È in quei momenti che gli slogan di marketing con il verbo essere a precedere una delle tre fazioni assumono molto senso: è fondamentale, infatti, conoscere a memoria il moveset del proprio combattente, condividerne la filosofia di battaglia, o quantomeno saperla sfruttare al meglio, nonché ovviamente padroneggiare il sistema di controllo del titolo di Ubisoft Montreal. Saper fintare un affondo in modo da poter cambiare stance all’ultimo istante per cogliere di sorpresa il nemico fa davvero la differenza, e il senso di controllo e soddisfazione che i momenti di massima maestria regalano sono davvero incredibili.
l’assenza di abilità e di qualunque tipo di bonus rende gli scontri estremamente tecnici e dall’esito molto vario
Come vi dicevo l’altra volta, ho avuto modo di provare solo le tre avanguardie e l’Orochi, l’assassino dei Samurai, e ho ottenuto i miei risultati migliori con il Raider, il buon caro e vecchio Vichingo. La sensazione, però, è che nel poco tempo avuto a disposizione il guerriero nordico fosse quello con feeling più immediato e, sebbene il mio amore per lui sia oramai sconfinato, è evidente come la curva di apprendimento di tutte le classi della fazione del Sol Levante sia sensibilmente più ripida. L’Orochi, per esempio, con il suo sistema di parate basate sul tempismo, è clamorosamente difficile da giocare, ma in contrattacco è devastante, così come la sua mobilità può tornare utile anche sul fronte difensivo.
IL CAMPO DI BATTAGLIA
Quel che emerge dai duelli è anche l’ottimo level design del gioco. Durante la prova erano presenti tre diverse arene, una per “mondo” di gioco: una fortezza di Ashfeld, con il suo look medievaleggiante, una roccaforte sotto la neve di Valkenheim e, infine, una zona boschiva fra le nebbie e le paludi del Myre.
Individuare quali possano essere opportunità e rischi presenti sulla mappa è fondamentale
Molto bello, a mio avviso, il fatto che ogni scenario abbia diversi punti in cui si può cominciare la sfida e per quanto sia raro che ci si sposti completamente di zona, avere a mente il quadro più ampio della situazione (e cioè conoscere a menadito le mappe) potrà rivelarsi un ulteriore fattore tattico. A questo proposito, la mia vittoria più bella è stata quella ottenuta in pochissimi secondi con il Raider ad Ashfeld, quando il computer ci ha fatto cominciare il duello su un ponte semi-crollato. La particolarità dell’avanguardia vichinga è quella di poter rompere la guardia caricando a testa bassa e spostando di peso l’avversario: in prossimità di un dirupo, compiere la manovra con successo vuol dire scaraventare giù il nemico. In un’occasione mi è riuscito dopo esattamente due secondi, ed il round è finito con il mio ghigno e la frustrazione dell’avversario.
I duelli di For Honor sono così: in pochi istanti si può passare dal comandare gli scontri al perderli mestamente, ma in ogni caso si ha sempre la sensazione di essere nel pieno controllo del proprio personaggio e del suo destino. Che si vinca o si perda, il merito più grande dell’Art of Battle, il sistema di combattimento creato da Ubisoft Montreal, è quello di regalare un’esperienza di gioco sempre di altissimo livello. I duelli, a mio avviso, tirano fuori il meglio del gioco, e non è un caso che nella mezz’oretta passata a fare sfide 1vs1 si siano levate al cielo urla di esaltazione e di rammarico in continuazione, per un entusiasmo globale che di solito è proprio dei giochi sportivi.
A questo punto Ubisoft dev’essere brava nel colare dentro questo stampo apparentemente quasi perfetto tutti i contenuti che ha presentato, cercando di preservare al massimo gli equilibri di gioco e lo stato attuale delle cose, dove la maestria e la capacità del giocatore vengono esaltate in maniera davvero brillante.