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Dishonored 2

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Dishonored 2: La morte dell'Esterno - Provato

Tornare a Karnaca è sempre splendido. Il gioiello dell’Impero delle Isole è una delle città videoludiche più affascinanti di sempre, e il piacere di passeggiare nuovamente tra i suoi vicoli soleggiati godendosi la sua atmosfera familiare da città portuale mediterranea è quasi pari alla curiosità e alla voglia di scoprire cosa si è inventata Arkane Studios per la sua avventura conclusiva stand alone ambientata nel mondo di Dishonored, ovvero La morte dell’Esterno. Ho avuto modo di mettere le mie manacce sul gioco per circa tre quarti d’ora e ho scambiato quattro chiacchiere con l’oramai amico di TGM Dinga Bakaba, lead designer dello studio francese, e Christophe Carrier, uno dei level designer di Arkane.

BILLIE LURK IS (NOT) MY LOVE

A pochi mesi dalla conclusione delle vicende raccontate in Dishonored 2, la nuova peregrinazione a Karnaca è chiaramente diversa, sia per lo stato della città, in ripresa dopo gli accadimenti del gioco, sia perché vestiamo i panni di Billie Lurk, di cui abbiamo già fatto conoscenza nel primo capitolo della serie in qualità di ex luogotenente di Daud, ma soprattutto in Dishonored 2, dove Billie utilizza lo pseudonimo di Maegan Forest e svolge un ruolo fondamentale nella fuga di Emily e Corvo. Eppure, approfondendo la questline della donna, la sua duplice identità può venir fuori e, tecnicamente, è possibile anche uccidere Maegan/Billie. In caso contrario, la donna sparisce subito dalla vista del giocatore perché decide di fare i conti con il suo passato, con il gioco che suggerisce proprio l’idea esplorata da questa avventura.

vestiamo i panni di Billie Lurk, di cui abbiamo già fatto conoscenza nel primo e nel secondo capitolo della serie

Chiaramente, nelle line temporali di alcuni giocatori la protagonista potrebbe non esistere più, ma interrogati sulla questione, Bakaba e Carrier si dicono sereni per aver preso per buona l’interpretazione del ritorno al passato. La scelta di una linea narrativa ben precisa, d’altronde, è una costante dello sviluppo della trama dei due Dishonored, visto che anche nel caso del seguito lo studio aveva dato per buono un finale in particolare della prima avventura. In questo caso, però, le linee temporali alternative non sono state dimenticate e restano presenti nello corso dell’avventura, sotto forma di fratture nello spaziotempo che sono fisicamente visibili nella Karnaca di Billie. Come queste possano influenzare il corso degli eventi non so dirlo, ma è chiaro che nel momento in cui, per fare i conti con il proprio passato, la protagonista decide di sfidare l’Esterno, è chiaro che la coerenza dello spaziotempo non diventa esattamente un problema.

GÖTTERDÄMMERUNG

Per comprendere la natura dei poteri di Billie, però, ci sarebbe da passare per la serie a fumetti Dishonored: The Wyrmwood Deceit. La sostanza è che la donna, nella sua sfida contro la divinità burattinaia, non ha ricevuto il marchio, quanto una sorta di maledizione attraverso alcuni talismani. Proprio per questo, la gestione dei poteri di Billie è radicalmente diversa: non c’è una crescita, né una scelta, e il senso di progressione è dato solo dalla conquista di amuleti d’osso con cui modificare l’effetto delle tre abilità sovrannaturali a disposizione. Billie può teletrasportarsi con una sorta di evoluzione asincrona del Blink, chiamata Displace, ma può anche attivare il Forsight e fermare il tempo e guardarsi intorno, marcando nemici e oggetti in maniera da sapere sempre dove si trovino. Infine, il luogotenente di Daud è dotata anche del potere più bello mai visto in Dishonored, ovvero Semblance, la possibilità di attaccare in stealth un nemico rubandogli l’aspetto esteriore, prendendo possesso della sua identità per introdursi furtivamente senza essere notati.

Dishonored Death of the Outsider screenshot PC PS4 Xbox One

la gestione dei poteri di Billie è radicalmente diversa

Al solito, come in tutti i Dishonored, la creatività sale al potere sin da subito e le opportunità di mescolare i tre poteri a un notevole arsenale di armi più o meno letali rende Billie un personaggio aggressivo e chiaramente portato verso il caos, ma volendo è possibile gestire le missioni secondo lo stile che più si avvicina all’indole del giocatore. Nel mio caso ho alternato momenti stealth e massacri di gusto mentre mi sono infiltrato nelle abitazioni di alcuni membri della setta dell’Occhio del Dio Morto, un gruppo di cultisti dediti all’Estraneo. Le sensazioni di gioco mi hanno riportato alla mente la dimensione più sociale della saga – quella, per intenderci, del primo Dishonored – quando ci si intrufola alla festa, tra drappi, velluti rossi e un senso di decadenza a dir poco squisito. L’indagine mi ha portato a scegliere quale membro della setta perseguire: ho avuto così modo di garantirmi l’accesso a un’inquietante bar, dove i cultisti amano trascorrere il tempo bevendo e assumendo stupefacenti in endovena.

Corrotta, dissoluta e inquietante, la Karnaca più vicina all’Esterno protagonista di quest’avventura è un’affascinante spaccato di quanto Dishonored, negli ultimi anni, ci ha raccontato attraverso una narrazione canonica e, sopratutto, ambientale di prim’ordine. I dettagli sulle vite dei cultisti e i segreti della città emergono in maniera preponderante in quella che, evidentemente, è una storia incentrata molto sui personaggi, descritti al solito attraverso un gioco di specchi e distorsioni modulati ad arte dallo sviluppatore francese. Si tratta di un commiato elegante e assolutamente di qualità, che non snatura ovviamente l’offerta ludica, ma riesce comunque a offrire una prospettiva fresca e originale sul gameplay rodato di una delle saghe più importanti della storia recente del medium. La morte dell’Esterno segna, per citare le parole di Bakaba, la chiusura di un capitolo importante della storia del mondo di Dishonored, ma non necessariamente l’ultimo atto di un’universo narrativo che, in futuro, potrebbe avere ancora qualcosa da dire, magari in un’altra forma. Una dichiarazione che, chiaramente, significa tutto e niente, ma che al contempo, dal punto di vista della direzione di una visione, racconta molto della nuova Arkane orfana di Colantonio. La voglia di rompere lo schema d’altronde, è proprio l’esatto significato anche dell’avventura di Billie, una conclusione che, insomma, potrebbe sancire anche un nuovo inizio.

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