Barbie è un film che aveva già vinto la sua sfida personale in precedenza, dunque non meraviglia il successo globale a cui sta andando incontro tra incassi al botteghino e lodi dalla critica. Dimenticate contesti narrativi simili a una storia di giocattoli e relativi proprietari (Toy Story, per dire), o discorsi più ampi e precisi sull’importanza del gioco e della sfera ludica tra grandi e piccini (The LEGO Movie): Barbie costruisce ed ottiene un linguaggio tutto suo, arricchendolo con una carrellata di idee tutte vincenti.
Nella magica Barbie Land qualcosa non funziona più. L’idea morale dietro le bambole inizia a vacillare proprio da Barbie Prototipo, fulgido esempio estetico a cui rimandiamo subito l’idea di Barbie. Forse il rapporto tra le bambine e le iconiche bambole si è rotto. La missione per Barbie e Ken è quindi di andare nel Mondo Reale e ricucire lo strappo.
La paura di un film debole, costruito su archetipi già visti circa l’incontro/scontro di due mondi diversi, viene subito meno: sarebbe stato facilissimo creare gag forti e irriverenti su delle bambole che si mescolano col genere umano, ma tutta la narrazione si mantiene sempre sopra le righe. La stessa possibilità che delle bambole possano provenire da Barbie Land diventa talmente concreta che la risposta del Mondo Reale è di una ferrea presa di coscienza, per poi rispondere a tono. Dunque Barbie è davvero tra di noi? Bene, è l’occasione per ricordare alla diretta interessata come lei sia un oggetto in mano a cravattoni maschilisti che, pur di rispondere a un’esigenza di mercato nel rappresentare minoranze o simili, sono pronti a intascare milioni di dollari.
Barbie è un film che costruisce ed ottiene un linguaggio tutto suo, arricchendolo con una carrellata di idee tutte vincenti
Quanto è contraddittorio lo stesso ruolo della Mattel in tutto questo? Tantissimo, gli stessi dirigenti dell’azienda hanno un ruolo cruciale nel film e risultano ridicolizzati, inchinati al Dio denaro, eppure bisognosi che questa rottura tra bambole e pubblico trovi fine, così da continuare a guadagnare. Insomma, la vera e nemmeno troppo tacita realtà su cui la stessa Mattel ha fondato il proprio impero.
A tale compiaciuta contraddizione si mescola la diretta influenza: cosa accadrebbe se due bambole, provenienti da un mondo patinato e costruito su ideali, riportassero a casa valori come la democrazia, il femminismo, il patriarcato e il capitalismo dopo una visita nel Mondo Reale? Quale archetipo o prototipo di persona – o di bambola – avrebbe la giusta bussola etica per capire dove puntare la propria attenzione?
Barbie, come già sottolineato in apertura, non è solo uno dei film dell’anno, giacché la freschezza nella sceneggiatura – assieme a trovate assolutamente geniale – è capace di farlo diventare un vero e proprio instant cult. Si utilizza un nome di fama mondiale, che si porta dietro innumerevoli, spesso antitetiche lodi e critiche – dalla strumentalizzazione del corpo femminile all’apertura a tutte le minoranze – per costruirci intorno una propria e indipendente morale. Barbie, se vogliamo, pecca solo nel suo amalgamante composto finale, che non trova una risposta chiara a limpida a tutte le parentesi aperte.
Questo è veramente un male? Assolutamente no, perché alle battute, alle gag, le situazioni e le interpretazioni assolutamente superlative, va a braccetto la chirurgica tecnica di regia espressa da Greta Gerwig, a cui si affiancano un gusto nella messa in scena croccantissimo (recuperate il suo ultimo Piccole Donne, una delizia assoluta) e una realtà che difficilmente ricordiamo: siamo esseri umani, in un mondo vario, pieno di persone, idee, colori. Il processo produttivo di un prodotto d’intrattenimento è un ordine di cose complesso che appartiene al pubblico solo nel risultato finale, ma se volessimo entrare davvero nella creazione di qualcosa di bello, questo potrebbe davvero concretizzarsi ogni giorno, da ogni azione intrapresa, di qualunque natura essa sia.
Con Barbie l’obiettivo è semplice: uscire dall’essenza di un “prototipo” che segue regole prestabilite – o dettate da persone dalla dubbia morale – per lasciar vincere la libertà dell’essere umano in quanto tale, accanto a tutte le idee che si riescono a partorire da qui fino alla fine dell’universo.
VOTO 8.5
Genere: commedia
Publisher: Warner Bros
Regia: Greta Gerwig
Colonna Sonora: Alexandre Desplat
Interpreti: Margot Robbie, Ryan Gosling, America Ferrera, Kate McKinnon, Issa Rae, Will Ferrell
Durata: 114 minuti