Who wants to live forever, cantava Freddie Mercury nel lontano 1986, e e me verrebbe da alzare la mano subito, nello slancio impetuoso di chi ama talmente tanto la vita da volerci restare attaccato per l’eternità. E invece, come tutti, prima o poi mi toccherà tornare alla Madre Terra, che esigerà il suo tributo come controparte per la splendida esistenza che il destino mi sta donando. Insomma… a un certo punto ce ne andremo tutti da qui, e non c’è proprio nulla che si possa fare per evitarlo.
È pur vero – a mio modo di vedere – che non si muore davvero fino a quando il nostro ricordo sopravvive nel cuore o nella mente di chi c’è dopo di noi. Qualcuno con grandi capacità e forza di volontà è riuscito a entrare nella Storia e, da questo punto di vista, vivrà davvero “per sempre”: penso a Leonardo Da Vinci, a Caravaggio, a Winston Churchill, a Elvis Presley o al già citato Mercury, ma l’elenco potrebbe essere talmente lungo da occupare per migliaia di caratteri questo editoriale.
non si muore per davvero fino a quando il nostro ricordo sopravvive nel cuore o nella mente di chi c’è dopo di noi
Tutti noi, da anni, stiamo lasciando tracce in giro per internet. Ogni cosa che facciamo segna un ricordo che potrà essere pescato da qualcuno in futuro, dalla nostra presenza sui social alle foto su cloud, dagli Obiettivi/Trofei che accumuliamo spasmodicamente quando giochiamo, fino alle semplici classifiche a punteggio di un Pac-Man Championship Edition qualsiasi. Fintanto che quei server resteranno vivi, lo sarà anche un pezzetto di noi, che sarà fruibile da chi ci seguirà dopo che saremo morti, in un modo o nell’altro. Certo, non sarà come ritrovarci tutti quanti sulla spiaggia di San Junipero a cantare Heaven is a place on Earth, ma abbiamo comunque modo di “fottere la morte”, almeno per qualche tempo, fino a quando qualcuno staccherà la corrente e i nostri ricordi (sotto forma di bit) saranno definitivamente perduti come lacrime nella pioggia.