Mio figlio ha undici anni e, poco alla volta, lo sto introducendo nell’ambiente dei videogiochi. Quando era più piccolo lasciavo che si divertisse con le cose adatte alla sua età; di recente, tuttavia, ha cominciato a interessarsi a cose più “da grandi”, e ho gli quindi concesso il privilegio – per il suo compleanno – di un account PSN Plus, vista la passione che ha per il mondo di Star Wars e la presenza di una copia PS4 di Battlefront II in casa (il tutto in attesa che io riesca, finalmente, a montargli un PC gaming un minimo decoroso, affinché possa definitivamente consacrarsi alla sua passione, ovvero Overwatch).
Già da piccolino, comunque, il pupetto mostrava una capacità di relazione coi videogiochi fuori dal comune. Per dire, ho smesso di giocare contro di lui a Mario Kart su DS quando mi sono accorto che – già a cinque anni – non solo mi dava mezzo circuito a giro, ma che lo faceva osservando quello che accadeva sulla mia console, e non sulla sua. Da quando, poi, sono usciti Splatoon 2 e Rocket League su Nintendo Switch, non passa settimana nella quale il ragazzetto non si conceda qualche ora a fare cose che un comune mortale come il sottoscritto manco si sognerebbe la notte, nei desideri più bagnati.
Insomma, mio figlio è – ai miei occhi – un vero fenomeno per quanto riguarda i videogiochi: gli vedo produrre manovre che non solo non riuscirei a pensare a freddo, ma che fatico persino a interpretare “in diretta” dal tanto che sono elevati l’istinto e la velocità con cui le mette in pratica. Ciò che vorrei capire, in tutta questa faccenda, se sono così bravi anche gli altri ragazzini della sua stessa età, o se – invece – si tratta di un talento naturale tutto suo. Qualora la verità vivesse nel primo caso (cosa che ritengo altamente plausibile), si porterebbe appresso un corollario importante, ovvero che per alcuni titoli io sia un videogiocatore fuori tempo massimo.
Ho il sospetto che la differenza di prestazioni da un gioco all’altro dipenda dall’età media delle community sottostanti
Il passaggio successivo del ragionamento è che, anche qualora io fossi davvero un videogiocatore fuori tempo massimo, non necessariamente debba sentirmi fuori posto. Così come, nella vita, ogni età ha le sue prerogative, allo stesso modo ci sono titoli che – proprio perché vissuti con la maggior consapevolezza della “vecchiaia” – possono essere forieri di un godimento intenso, per quanto stratificato. I riferimenti artistici, letterari e culturali di un Prey o di un Dishonored 2 (giusto per fare un paio di esempi di casa Arkane Studios) sono necessariamente meno percepibili da un diciottenne, che magari riuscirà a inanellare uccisioni per me stilisticamente impossibili, ma che si perde probabilmente per strada certi spunti di direzioni artistiche che puntano il faro verso lidi a lui sconosciuti.
Ai più adulti di voi vorrei chiedere se, guardando i vostri figli (qualora ne abbiate), vi sentite fuori tempo massimo come me in certe situazioni, e se avete la percezione che sia una questione generazionale, più che di abilità personali. Ai più giovani, invece, mi sento di domandare questo: quando calcate i campi delle competizioni online vi accorgete se state giocando con (o contro) uno palesemente più anziano di voi, o la sensazione di inadeguatezza è solo una fissa di noi vecchietti?