Le dinamiche di mercato sono leggi di cui tutti siamo consapevoli, spesso crudeli e impietose. Ma la questione Titanfall è l’ennesimo caso in cui sarebbe legittimo pretendere di meglio.
Ultimamente, qualcosa di diverso dall’annuncio di una nuova stagione o di un nuovo evento ha portato Apex Legends sulle pagine dei siti web che parlano di videogiochi. Il battle royale di Respawn Entertainment, pubblicato da Electronic Arts, è infatti stato colpito da un attacco da parte di hacker, che ne ha compromesso il funzionamento nel bel mezzo dei festeggiamenti americani per il 4 luglio, in un momento cioè quando i server traboccano di giocatori. Il motivo dietro questo attacco, però, era un po’ particolare: sentendosi forse un po’ novello Robin Hood, l’hacker ha infatti sostituito i messaggi in game con la dicitura “Save Titanfall”, e il rimando a un sito dove viene spiegata l’attuale situazione del primo sparatutto multiplayer di Respawn.
VITA E MORTE DI UN GIOCO ONLINE
Sia Titanfall (2014) che il suo ben più famoso e apprezzato seguito (2016) sono infatti da lungo tempo vittima di attacchi hacker che rendono impossibile usufruire delle loro componenti multiplayer. E se Titanfall 2 ha dalla sua un’ottima campagna singleplayer, lo stesso non si può dire per il predecessore, che invece può essere giocato solo online e dunque diventa inutilizzabile mentre questi attacchi sono in corso.
Titanfall è solo online, e dunque questi attacchi lo colpiscono in particolar modo
Ma andiamo con ordine. Il 6 luglio Ryan Rigney, Director of Communication protesta per i metodi utilizzati da chi dice di voler salvare Titanfall, dicendo che lui stesso ha dovuto abbandonare il suo neonato in fasce per poter essere presente durante l’emergenza che ha colpito Apex Legends. Ora, ovviamente a me dispiace che Rigney abbia dovuto interrompere la sua giornata di ferie per correre al lavoro; ma, più che prendersela coi giocatori, forse sarebbe il caso di domandarsi chi è che a Respawn ha preteso che il Director of Communication dovesse necessariamente essere presente per intervenire su un’emergenza la cui risoluzione è una questione prettamente tecnica. Si potrà obiettare che non c’è solo il lato tecnico, servono anche comunicazioni sia esterne che interne, e forse è vero: ma trovo in ogni caso che questa mossa non sia stata del tutta corretta da parte di Rigney.
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