Negli ultimi anni il videogioco si sta imponendo come medium perfetto per raccontare la Storia, la nostra, quella vera, documentata, ma soprattutto quella inventata dagli sceneggiatori dei team di sviluppo, quella di culture mai esistite che, grazie all’interattività, riescono a vivere e dare lo spunto per capire come la Storia riesca negli anni, nei secoli e nei millenni a stratificarsi. Città costruite sopra città, mito che diventa religione, culture che si sviluppano sulla memoria del proprio passato.Pentiment di Obsidian è solo l’ultimo, splendido esempio di come sia possibile creare un videogame che faccia della Storia il suo elemento cardine, costruendoci poi attorno altri concetti di design e strutture narrative. Tassing, il villaggio della Baviera che accoglie il miniaturista Andreas Maler e diventerà suo malgrado sfondo di efferati omicidi, è un luogo diviso tra due ceti sociali estremamente diversi e spesso incapaci di comunicare: i contadini e gli artigiani da una parte, l’abate, i frati e le suore del monastero di Kiersau dall’altra.
Pentiment è solo l’ultimo, splendido esempio di come sia possibile creare un videogame che faccia della Storia il suo elemento cardine
Quello che Pentiment riesce a descrivere benissimo è come i documenti siano una straordinaria fonte di memoria e possano, in certi casi, minare lo status quo di alcuni, diventando i giudici di chi vuole agire nell’ombra. Non a caso il gioco è ambientato nel XVI secolo, durante l’avvento della stampa a caratteri mobili che diede inizio alla pubblicazione di massa di libri, trattati e manifesti (nel mondo di gioco trovano spazio e creano dibattito le 95 Tesi di Martin Lutero e i moti rivoluzionari dei contadini europei, che appunto cominciano a diffondersi tra la popolazione a macchia d’olio) che sarebbero poi giunti fino a noi.
Da sempre la Storia viene tramandata attraverso ciò che è possibile (o che qualcuno ha voluto) documentare, mentre altri avvenimenti, persone, storie vengono dimenticate, dissolvendosi generazione dopo generazione, senza lasciare traccia. Tassing però è ancora un luogo di strati sovrapposti; le case poggiano su rovine romane, i santi protettori sono ispirati agli déi romani, i rituali pagani si mescolano a quelli cristiani. Una sospensione tra due epoche che offre un preziosissimo spaccato di coesistenza tra passato e presente, con il primo che nutre costantemente il secondo nonostante i secoli di differenza, mentre noi siamo spesso portati a vivere la Storia tagliando con l’accetta il tempo e le civiltà, per comodità e necessità. Da far giocare nelle scuole.
Un’altra opera che racconta benissimo la persistenza del passato nel presente (e la ciclicità di certi eventi) è Heaven’s Vault di Inkle. Qui si va verso un fantasy archeologico molto particolare, in un mondo diviso in isole fluttuanti decisamente fantascientifico, dalle vaghe venature starwarsiane.
Nei panni di una ricercatrice dovremo indagare i resti di una misteriosa civiltà
Questo porterà a svelare un mistero incredibilmente affascinante, occulto e inquietante, capace di influenzare il presente del racconto e di tormentare il giocatore anche al di fuori delle ore di gioco. Per me uno dei capolavori degli ultimi dieci anni, non solo per lo stimolante gameplay puzzle-linguistico/esplorativo (impreziosito dal motore per dialoghi proprietario di Inkle, che porta a infiniti bivi narrativi nel corso dell’avventura), ma proprio per come riesce a raccontare l’importanza dell’indagine, dell’archeologia e dello studio per trovare sempre più risposte a quesiti che possono riverberarsi nel presente e aggiungere nuovi tasselli di conoscenza.
Il lascito di Benoit Sokal ai posteri è invece un gioco capace di mettere a disposizione la memoria di luoghi e persone per ritrovare sé stessi nel presente. Syberia: The World Before, quarto capitolo della saga di Microids, è una vicenda più intima delle altre due ma non per questo meno significativa.
Si rimbalza continuamente tra passato e presente ripercorrendo le persecuzioni raziali dei nazisti
La città di Vaghen che fa da sfondo alla vicenda può essere ammirata in due epoche
Kate Walker si aggrappa a quel passato per dare un senso alla propria vita di girovaga in esilio volontario, dandosi lo scopo, inizialmente flebile, di scoprire che fine abbia fatto Dana Roze, da semplice ragazza bidimensionale ritratta in un dipinto a persona reale che ha lasciato un segno in chi l’ha incontrata e che qualcuno ancora ricorda, con gli anziani nel ruolo di fondamentale collante generazionale. Un’opera capace di usare la Storia per raccontare la vita di persone comuni, ma anche di come quelle persone comuni siano capaci di plasmare i posti in cui vivono (tra case ristrutturate che nascondono importanti segreti e locali simil-Starbucks che sorgono dove prima c’erano importanti edifici pubblici).
Un’opera capace di usare la Storia per raccontare la vita di persone comuni