“To speak a second language is to have a second soul”. L’internet attribuisce questa citazione a Carlo Magno. Non sono uno storico e non saprei verificare, ma sì, mi piace. La prendo. Nel 2025 un buon gamer ha la possibilità di accumulare più anime di Raziel di Soul Reaver.
Ho iniziato a viaggiare relativamente tardi, ma le lingue sono sempre state abbastanza un pallino fisso per me. Parte del motivo è stato sicuramente Final Fantasy VII a cui vedevo giocare il fratellone quando io non avevo né le skill linguistiche per leggere i balloon, né i trascorsi di vita per capire a fondo le tematiche di cui parlava. Ma mi interessava. Volevo saperne di più, volevo capire quel mondo, volevo sapere dove nella realtà potevano esistere posti come il Wall Market e costi quello che costi, lo avrei fatto. Con intuito e casaccio, non sono andato molto lontano.
La mia passione per la lingua originale in videogiochi e film nacque con FFVII, e ho continuato a cercarla dove possibile
Mi bloccai al serpentone, primo caso del gioco dove dovevo capire per davvero quello che mi veniva detto e che richiedeva di eseguire un piano preciso che mischiava dialoghi, combattimenti, ottenimento di oggetti più utili di altri. Va beh, tempo di cambiare approccio. Impugnato il vecchio dizionario italiano-inglese inglese-italiano ormai ingiallito, proveniente da non so quale trascorso scolastico, ricominciai dall’inizio. Gli slot della memory card dal 7 al 10 erano miei, sacri e intoccabili. E stavolta avrei visto il finale. Questo in seconda elementare, quando la maestra pensava potesse interessarmi che il cat fosse on the table, mentre io invece volevo capire which greens I need per crescere un black chocobo.
La mia passione per la lingua originale in videogiochi e film nacque lì e ho continuato a cercarla dove possibile. Scoprii più avanti che per andare fino in fondo con questo principio in FFVII avrei dovuto impararne un’altra un attimino più complessa dell’inglese. Comunque ricercavo l’autenticità, dai. Nei limiti del possibile e del praticabile. Quando arrivò il doppiaggio nei videogiochi la mia scelta cadde sempre sull’inglese anche perché l’italiano non è che fosse proprio ovunque ai tempi di PS1. E mi divertivo. Tanto che mi fece stranissimo il primo Metal Gear Solid. C’era qualcosa di strano, non capivo davvero cosa.
C’era qualcosa di strano nelle voci italiane del primo Metal Gear Solid, al tempo non capivo cosa
Passano gli anni, l’inglese si perfeziona, lavoro all’estero e mi trovo in Austria quando devo improvvisamente comprare un nuovo gaming laptop, causa pensionamento forzato del precedente. Avevo nel backlog questo gioco, Fade to Silence, preso durante chissà quali sconti. Mi ero pure scordato di averlo, era quel tipo di acquisto impulsivo a cui non ho dato bado. Mi sento ispirato e lo installo. Il PC mi geolocalizza giustamente a Innsbruck e il menù introduttivo mi parte in tedesco.
… è stato una rivelazione. Il team di sviluppo, Black Forest Games, è effettivamente tedesco e vabè, dai, proviamo. Si tratta di una lingua che a essere onesti, controllo solo a un livello base. Ma era perfetta per la situazione, con questi personaggi bardati con armature artigianali, asce e spadoni, quel mondo postapocalittico glaciale e demoni molesti a tormentarci. Ho provato in inglese in un secondo tempo e no, non funziona. Non ci sono riuscito, suonava …”sbagliato”. Vi propongo un breve confronto. La stessa sequenza parte a 2:41. Cioè, dai. Il tedesco appartiente a Fade to Silence come il francese appartiene a A Plague Tale.
Non sono riuscito a giocare Fade to Silence senza il tedesco
Però queste sono lingue diffuse. Si possono studiare, imparare, utilizzare là fuori e nei videogiochi vengono spesso proposte nella loro forma più accademica, con gli accenti puliti e dizione impeccabile. E a volte arriva il momento di aumentare la sfida. Dopotutto il Prey di Dan Trachtenberg è stato doppiato interamente in Comanche, lingua del gruppo a cui appartiene la protagonista. Chi sono i videogiochi per fare di meno? Una portata speciale a questo riguardo è un gioco che ha optato per una lingua regionale, limitata a una piccola area di un paese più grande.
Non è Mafia: the old Country, no (ci arriviamo in un momento). È Mundaun. Che si ambienta in una bucolica regione svizzera dove parlano il Romanche. Un po’ tedesco, un po’ italiano, un po’ boh, si tratta di una vecchia lingua regionale probabilmente destinata a una lenta scomparsa man mano che le zone rurali si svuoteranno. Comunque, in Mundaun è l’unica scelta possibile per affrontare il gioco. Vi parlerà così e fine. Una caratteristica strutturale dell’opera, altri doppiaggi non sono previsti.
Tendo a considerarlo un precursore di quello che è stato fatto con Mafia: The Old Country. Il gioco ha ambizioni più ampie e una selezione di voci più inclusiva possibile, ma Hangar13 ha pensato che il mondo potesse essere pronto per un’esperienza più autentica. A essere onesti non ci ho creduto fino all’ultimo che il gioco si sarebbe presentato interamente doppiato in siciliano. L’informazione era nota dagli annunci e dalla scheda di prevendita del gioco, però era ragionevole pensare che quelle voci sarebbero state limitate in qualche modo. Mi aspettavo che le avrei sentite su precisi personaggi mentre il resto sarebbe stato nel più comune italiano e soprattutto, mi aspettavo accenti imitati. Anche professionalmente, non dico che non si possa fare. Però siamo onesti, si nota sempre quando gli attori forzano un accento non proprio.
Hangar13 ha pensato che il mondo fosse pronto per un’esperienza più autentica
E questa è stata la mia sorpresa, che ha messo in ombra ogni altro aspetto del gioco. Benché il lip sync sia tarato sulle voci inglesi è ovvio che l’opera vuole essere vissuta in siciliano. Poi nessuno sta dicendo che questo approccio linguistico sia facile, anzi. Spesso non capisco un accidenti di quello che dicono i personaggi e ho i sottotitoli attivati. Venendo dal lato opposto della penisola sono più vicino a capire “per osmosi” tedesco o sloveno rispetto alle colorate sfumature linguistiche del sud della penisola. Ma questo non mi sta fermando dal vivere l’opera nei suoi termini, ne sta valendo la pena. Dopotutto c’era un solo modo giusto di creare un prequel di Mafia dentro la struttura ludonarrativa pregressa, ma rispettando il differente contesto storico: questo.
Per forza di cose viene fuori un’opera meno giocosa e più esperienziale dei precedenti, che al netto della loro ricerca artistica, sono e rimangono figli del concept di GTA: svolgere attività criminose in una città. Qui invece azzardo che siamo quasi verso il concept realista-riduzionista di Kingdom Come. Non è possibile creare ricorrenti attività di inseguimento perché l’auto era appannaggio di pochi ricchissimi individui. Non si può creare la classica faida a tema stupefacenti perché non c’erano. I conflitti territoriali erano basati sui territori in senso più letterale, dove a essere contese erano cave di estrazione minerali e vigne. E le armi? Ve lo immaginavate istintivamente un Mafia senza il Tommy Gun? Quel mitra è diventato un’icona pop grazie a decadi di produzioni sul tema. Quel coso, lunghi cappotti eleganti e cappello sono stati per molto tempo l’inevitabile template iniziale per chi ha voluto approcciare questo soggetto. Eppure qui siamo limitati a un arsenale che è ancora essenzialmente quello di uno spaghetti western e a un abbigliamento leggero più adatto al soleggiato mediterraneo.
Le sfumature linguistiche fanno parte dell’unicità di un’opera
La collocazione storica si è portata dietro a cascata un sacco di conseguenze che lo hanno fatto diventare un gioco “diverso” (al netto di convenzionalità di gameplay e intelligenza artificiale deficitaria), sia nella media del genere che soprattutto all’interno della propria saga. Un caso che probabilmente rimarrà unico e irripetibile nel franchise. E le sfumature linguistiche fanno parte di questa unicità. Come Kingdom Come in ceco, S.T.A.L.K.E.R. in ucraino, A Plague Tale in francese. E chissà, pure quando il gioco è ambientato in altri mondi forse c’è una traccia linguistica più “propria” di altre con cui giocarlo.