L'ultimo omino

L'ultimo omino

Il meridiano di Greenwich segna le 5.30 del mattino, e sono a letto. La mia ragazza dorme da cinque ore, io scrivo, cercando di non fare troppo rumore e occultando al meglio la luce dello schermo regolata al minimo. Non credo dormirò, visto e considerato che tra un paio d’ore c’è la sveglia, e non ho sonno. Il motivo? Ho fatto tardi (o presto) perché ho finito un titolo di cui vi scriverò nei prossimi giorni, e l’adrenalina scorre ancora forte dentro di me. Non posso dirvi il perché nello specifico, ma siccome parliamo sempre di giochi, forse a volte è bene parlare anche di noi.

horizon zero dawn recensione ps4 immagine

Nelle ultime tre settimane ho sfondato abbondantemente il tetto delle 100 ore in game, e non vivevo un periodo così intenso da tempo. In questo discorso è un dettaglio il fatto che sia parte del mio lavoro, nel senso che, chiaramente, ho la possibilità di dedicare più tempo alla mia passione, ma al di là della metrica puramente quantitativa e del fattore sovraesposizione, è proprio il senso del giocare che nelle ultime settimane ha mosso la maggior parte dei miei passi nei diversi mondi virtuali. A volte, infatti, capita di giocare perché “devo” o semplicemente “per passare il tempo”, mentre invece nell’ultimo periodo, al di là delle scadenze lavorative, la volontà e l’entusiasmo l’hanno fatta da padrone. Il motivo non risiede semplicemente nella qualità delle cose su cui ho messo mano (benché, certo, lavorare su Horizon non è stato proprio male male, fermo restando che questa verve è data da un inizio 2017 notevolissimo sotto il profilo delle uscite), ma anche e soprattutto dal fatto che i videogiochi hanno da sempre alimentato, e continuano a farlo, la mia forza di volontà e, soprattutto, la mia curiosità.

Il passare dal segnare il gol vincente nella finale dei Mondiali al combattere per il destino del mondo soddisfa la mia vorace necessità onnivora di contenuti

In tutto quello che ho fatto, e continuo a fare, ci sono i videogiochi: in terza media uno dei miei temi migliori è stato ispirato agli action adventure; al liceo la mia tesina all’esame di maturità, sui vampiri, era clamorosamente influenzata dai miei consumi culturali transmediali (Vampire Redemption l’ho vissuto a 15 anni ed ero in trepidante attesa di Bloodlines, che sarebbe uscito nel novembre successivo); all’università mi sono iscritto prima a informatica con l’idea di vedere la matrice, poi ho capito che studiarli dal lato critico/teorico mi dava più stimoli, e cambiando indirizzo non è mutato l’obiettivo, per cui ho finito per scriverci due tesi. Parallelamente, per quanto abbia fatto il giro largo prima di iniziare a lavorare nell’industry, durante la mia vita precedente di “creativo”, dalla fotografia al videomaking, passando per la grafica, la fonte di ispirazione principale è sempre stata il mondo videoludico.

Probabilmente qualcuno direbbe che sono una mente deviata, ed è qualcosa che non mi sento di escludere completamente; tuttavia, se non altro per l’alta considerazione che ho di me, tendo a valorizzare un altro tipo di legame tra me e il medium ludico. In primis, sono una persona cineticamente iperattiva, e per quanto adori leggere e vedere i film, l’esplorare mondi virtuali in un certo senso dà tregua alla mia voglia di muovermi e di viaggiare, e tiene in costante attività il cervello, dando in pasto alla mia curiosità una mole sovrabbondante di dati da digerire, collegare, processare. Fra i miei difetti, però, c’è quello di essere tendenzialmente incline alla noia se non stimolato continuamente: per questo motivo il passare dal segnare il gol vincente nella finale dei Mondiali al combattere per il destino del mondo, inframezzando il tutto con l’esplorazione dello spazio profondo o l’indagine di un delitto, soddisfa la mia vorace necessità onnivora di contenuti.

Torment Tides of Numenera: rivelata la data d'uscita

I videogiochi mi hanno insegnato a combattere sempre fino all’ultimo respiro

In questo passaggio continuo da una cosa all’altra, siccome mi piace analizzare e collegare le cose, amo trovare dei nessi, e finisco per passare le ore a discutere con amici, colleghi e – purtroppo per loro – parenti su potenziali legami tra prodotti diversi o ambiti completamente differenti. Se per caso vi siete chiesti il perché per scrivere di Sunset sulla rivista sia partito da Sostiene Pereira di Tabucchi, o del perché Gods Will Be Watching mi abbia fatto scrivere 2K su Campbell, eccovi la risposta. E aggiungo anche che, per me, la ricchezza più preziosa dei videogiochi è proprio quella di farci sperimentare attivamente corti circuiti culturali dalla potenza devastante, perché parlare di qualcosa con cognizione di causa è difficile, ma metterla in scena e renderla disponibile per un uso performativo ha quasi del magico.

Soprattutto, però, i videogiochi e l’amore per questo mondo così schizofrenico mi hanno qualcosa di ancora più importante: combattere fino all’ultimo omino*, fino all’ultima vita, fino all’ultimo respiro. È un insegnamento che mi ha fatto bene, benissimo, e che ha trovato rinforzo nella mia altra passione maniacale, che è lo sport. D’altronde, in ambo i casi, si tratta sempre di giocare, e saperlo fare è una cosa estremamente importante, fondamentale per crescere, imparare e rendere la vita estremamente significativa e divertente. Per questo motivo, stanotte appena ho posato il pad, nonostante i 15° del salotto e la stanchezza fisica, il primo pensiero non è stato quello di dirmi che “è finita”, ma lo sguardo è andato sulla libreria di Steam, per controllare se il download di Torment: Tides of Numenera fosse finito. Perché il senso del gioco è quello di continuare a farlo, e ogni avventura chiama un’altra avventura, perché senza ambizione si è perduti. Perché bisogna mettersi in gioco, sempre, soprattutto quando si tratta di sentimenti. E cosa c’è di più emotivamente poetico nel sapere che nei prossimi mesi ci sarà da trovare il tempo, tanto tempo, per accogliere l’erede di un titolo che ti ha cambiato la vita? Eppure, anche quello sarà solo un viaggio verso un altro punto di partenza. Anche perché – e con questo vi lascio – quando alla gamescom dello scorso anno ho chiesto a Colin McComb se ci fosse spazio per qualcosa di nuovo nel mondo dei CRPG, mi ha risposto candidamente di sì, convintissimo, ma che non mi avrebbe potuto dire nulla più visto e considerato che si tratta di qualcosa che sarà. Che altro dire? Niente, se non che non possiamo far altro che giocarci su.

*La citazione “ultimo omino” è presa in prestito dall’omonima canzone di Claudio Baglioni. Non fate quella faccia, perché è una delle più insospettabili canzoni dedicate davvero ai videogiochi, visto che è la frase che utilizzava il figlio per veicolare il caro concetto di “ultima partita e poi smetto”: giocare fino all’ultimo omino.

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  1. 1.
    Questo articolo e' un grandissimo regalo a chi sostiene che i videogiochi sono un male e ti rovinano la vita.
    E' molto pericoloso mischiare l'evasione con il sostentamento, specie per la persona che ti dorme accanto e spera di poter pagare la luce a fine mese.

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