Ormai ci siamo. La prossima settimana molti di noi partiranno per la galassia di Andromeda, ed è normale (nel mio caso più che mai, e presto saprete perché) ripensare alla lunga avventura della prima trilogia, di cui il Comandante Shepard è stato protagonista, icona e proiezione del giocatore per più di un lustro. Per alcuni la saga è stata un gigantesco fuoco d’artificio, più che un terzetto di bei giochi, per altri ha addirittura assunto il ruolo di alfiere nell’indipendenza culturale dei videogiochi nei confronti del cinema e dei serial televisivi (almeno, nella cultura pop), avendo costruito un universo sci-fi amatissimo e sostanzialmente autonomo rispetto ai miti preesistenti.
Io, che per indole considero tutti i fattori come un androide, mi butto volentieri sul giudizio mediano: potrei dire che l’indipendenza non è stata poi così rivoluzionaria, ad esempio dai tanti modelli di Star Trek, o che al contrario i fuochi d’artificio, se son fatti così bene, hanno lo stesso diritto di esistere dei capolavori; alla fine, però, quello che mi preme ribadire è solo che i tre Mass Effect sono stati giochi notevoli, pur coi loro difetti, e che di sicuro si sono fatti portatori di un respiro diverso negli action adventure fantascientifici. Senza fare proseliti, tra l’altro, ingigantendo il proprio ricordo con l’unicità del progetto.
Perdeva un amico, provocava inavvertitamente il genocidio di una specie, e cinque minuti dopo era lì a chiacchierare con Samara
Alcuni suoi difetti, del mio come di qualsiasi altro Comandante Shepard, sono diventati così mitologici da venire conservati a prescindere, come l’assurda corsetta rilassata che ritroviamo (e non credo per una svista, francamente) anche in Mass Effect Andromeda, intervallando combattimenti furibondi al jogging leggero. D’altra parte, Shepard è diventato tutto quel che gli abbiamo chiesto, cosa per nulla scontata: nel mio caso si è fatto portatore di pensieri progressisti, ha promosso qualsiasi minoranza ed è stato relativamente contento anche del colore del suo finale, il verde, come riconoscimento di una parte dei propri sforzi “politici e culturali”, talvolta governati dall’ormone, ma pazienza. L’impresa era difficile, e vorrei vedere voi a non commettere errori con tutte quelle responsabilità sulla schiena. Al contrario, merita più che mai un ultimo saluto: ciao, Comandante Shepard, insegna agli angeli come si seducono le asari.