I videogiochi dimenticati

I videogiochi dimenticati onimusha

Checché ne dicano i soliti gufi che vedono tutto nero o gli indefessi fautori del “si stava meglio quando si stava peggio”, stiamo chiaramente vivendo un momento che definire aureo è un eufemismo. Nuove e interessanti IP si affacciano prepotentemente sul mercato, alcune serie stanno tirando fuori il meglio dal loro repertorio, la scena indie mette sul piatto tante nuove idee e perfino alcune remastered riescono ad avere un senso compiuto. Insomma… si gioca tanto, si gioca bene e si gioca un po’ a tutto, a prescindere dalla piattaforma.

In questo scenario a metà tra il bucolico e il Nirvana, non posso fare a meno che sognare il ritorno di alcune serie che mi hanno regalato grandi momenti in passato e che vorrei tanto rivedere riprese in qualsiasi forma, reboot, remastered o vero e proprio seguito poco importa. Penso, ad esempio, a quanto sarebbe bello avere tra le mani un nuovo Onimusha, dopo che la serie si è arenata sugli scogli del pur decoroso Dawn of Dreams, ormai più di dieci anni fa: provate a chiudere gli occhi per un momento e immaginate qualcosa à la Nioh, ma un po’ più morbido a livello di combat system e con un po’ di enigmi ben pensati messi qua e là… un videogioco del genere non vi renderebbe felici?

I videogiochi dimenticati soul reaver

Sono convinto che nel cestone delle cose dimenticate ci sarebbe di che pescar bene

Tra i miei desideri nascosti ci sarebbe anche un nuovo Legacy of Kain che attinga dalla dimensione ludica di Soul Reaver: qualcosa che sia un prodotto fatto e finito, e che non faccia la fine di un progetto nato male e proseguito peggio come è stato Nosgoth, lo spin-off della serie i cui vagiti sono durati lo spazio di qualche mese, giusto in tempo per beccarsi sul muso il ceffone della cancellazione definitiva, risalente ormai a un anno fa. Se, poi, Naughty Dog si prendesse una piccola pausa tra un Uncharted e un The Last of Us, non mi dispiacerebbe nemmeno un nuovo Jak and Daxter, per quanto mi renda tristemente conto di come la serie appartenga a un genere ormai in declino e, per certi versi, fuori tempo massimo.

Di esempi potrei tirarne fuori a bizzeffe, e comunque legati ai miei gusti personali; sono altrettanto convinto che se foste stati voi a vergare questo editoriale al posto mio, avreste estratto dal cilindro altri esempi parimenti validi. Mi sono sempre chiesto perché certe serie muoiano così, senza un vero motivo. Quando qualcosa va storto – e succede spesso, ahimè – capita che il publisher di turno decida di chiudere il rubinetto e spostare gli investimenti su altri progetti: è un processo legittimo e comprensibile, che fa parte di un ciclo vitale legato per lo più alla profittabilità di chi mette i soldi. Tuttavia, è innegabile come esistano nella storia dei videogiochi esempi di ottime serie che si sono ritrovate parcheggiate in un binario morto senza una ragione evidente. Perché questo accada – ripeto – sfugge alla mia comprensione. Sono convinto che nel cestone delle cose dimenticate ci sarebbe di che pescar bene: il periodo prolifico come quello che stiamo vivendo potrebbe rappresentare il volano capace di spingere qualcuno a infilare le mani lì dentro.

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