Dovremmo spoilerare di più i videogiochi

Quasi trent’anni dall’uscita di Final Fantasy 7 e c’è ancora gente che non tollera si parli di cosa succede ad Aerith alla fine del Disco 1. Se non è un problema questo…

Ad un certo punto le aziende ci hanno fatto credere che potenzialmente potevamo fruire tutto, prima o poi. L’ultimo film del Marvel Cinematic Universe prima o poi sarebbe uscito su Disney+. La serie tv di cui parlano tutti dove Bryan Cranston inizia a produrre meth è lì su Netflix che aspetta solo che pigi play. Quel Clair Obscur di cui fino all’altro ieri stavano parlando con insistenza tutti è su Game Pass, e magari prima o poi lo giocherai davvero. Quindi chi Clair Obscur lo sta giocando adesso e vorrebbe parlare delle cose che Clair Obscur fa davvero bene non deve farlo, perché altrimenti rischia di rovinarti la sorpresa.

Perché concepiamo lo spoiler solo come narrativo?

La beffa è che percepiamo lo spoiler solo per quanto riguarda la narrativa. Non vogliamo sapere cosa succederà nella storia che stiamo vivendo, ma se ci dicono che dopo qualche ora di gameplay si sblocca il doppio salto non c’è nessun problema. Spesso anzi è lo stesso gioco che stiamo giocando a dircelo. E non sempre in modo intelligente suggerendo attraverso il game design che per arrivare su quella piattaforma ti manca qualcosa e quindi probabilmente tra un po’ la sblocchi (che in realtà ormai è una cosa che si vede fare quasi solo nei metroidvania): spesso succede perché sono i menu a tradirsi, bloccando opzioni che invece sarebbe stato più giusto nascondere o mostrando nella lista dei comandi anche quelli relativi alle meccaniche che il gioco non ci ha ancora spiegato. È sbagliato perché riduce il videogioco solo a quello che vuole raccontare e non al come, che invece è la cosa che fa tutta la differenza con gli altri media.

Nei videogiochi il punto non è la storia, ma come la raccontano

Sapere che alla fine del Disco 1 di Final Fantasy 7 Aerith muore è una cosa molto diversa dalle conseguenze sul gameplay degli altri due dischi. Giocando il gioco con questa conoscenza pregressa indubbiamente viene meno lo shock, e forse quella cutscene – complici pure i 28 anni e le quattro generazioni di console passate nel mezzo – senza quel risvolto emotivo ci risulta meno forte. Però poi Final Fantasy 7 va avanti per altre 20 o 30 ore, e in tutto quel tempo l’assenza di Aerith diventa una dinamica di gioco.

square enix Final Fantasy VII Rebirth uscita

l’aspetto cruciale non è cosa succede ad Aerith, ma che conseguenze ha sul giocato

Non c’è un vero e proprio job system in Final Fantasy 7, e il party non ha dei ruoli fissi. Però per quanto si possa finire il gioco scegliendo Barret come healer quella responsabilità sta meglio sulle spalle di Aerith, vuoi perché – soprattutto negli anni ’90 – sembrava normale a livello di character design, vuoi perché le sue Limit Break sono praticamente tutte improntate alla cura. Final Fantasy 7 per gli ultimi due terzi della sua durata ti lascia senza healer. Sono queste le conseguenze che la narrativa ha sul giocato, è questa una delle cose che Final Fantasy 7 fa davvero bene: trasformare il lutto in gameplay, toglierti Aerith e stravolgerti la partita esattamente come farebbe la morte di qualcuno nella vita vera.

Non poter parlare della morte di Aerith implica non poter fare questa riflessione

Vale la stessa cosa per Clair Obscure. Lo stiamo raccontando come un gioco ben scritto, quando in realtà da una parte alla fine ci sono alcuni elementi che non collimano perfettamente, ma soprattutto dall’altra la cosa che lo consacra davvero come un gran videogioco nonostante i tantissimi problemi che ha sono le conseguenze della scrittura in-game. C’è un motivo per cui Maelle ha delle abilità legate al fuoco, ci sono delle boss fight dove il boss si racconta attraverso il suo moveset, in modo non poi troppo diverso da come Dancing Mad, la colonna sonora dell’ultima boss fight di Final Fantasy VI, racconta Kefka Palazzo senza usare nessuna parola.

È per questo che, forse, dovremmo spoilerare di più i videogiochi

Perché alla fine quello che perdiamo è davvero poca cosa, rispetto alle analisi e alle considerazioni che al momento scegliamo di non scrivere mai per non offendere qualcuno che in 28 anni ancora non ha giocato Final Fantasy VII.

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