Go anti-woke, go broke – L'Opinione

Facce da TGM – L’Opinione è lo spazio dedicato alle “columns” di The Games Machine: articoli e visioni su argomenti caldi o fortemente dibattuti che animano le discussioni, anche molto dure, all’interno della redazione di TGM, talvolta con posizioni – davvero o solo in apparenza – antitetiche. L’obiettivo è dar voce ai nostri redattori come specchio del quadro complesso e articolato, talvolta persino controverso, che circonda il mondo dei videogiochi, all’interno di confini dettati da etica e buon gusto ma senza depotenziare il messaggio e, così, la ricerca di confronto su temi sensibili e delicati. Buona lettura!

È notizia di qualche giorno fa che a quasi due anni di distanza dal lancio il reboot di Lords of the Fallen non ha ancora iniziato a generare profitti; il che significa che i ricavi ottenuti dalle vendite e dagli accordi commerciali (ricordo che il gioco fa parte del catalogo Xbox Game Pass) non hanno ancora superato i costi di sviluppo e di marketing. Certo, evidentemente per CI Games non è questa l’unica misura del successo dato che sono già al lavoro su un seguito; ma penso sia innegabile per chiunque che un gioco che non va almeno in pari con i costi di produzione, beh, non sia esattamente una bella notizia.

lords of the fallen anti-woke

Normalmente accoglierei la cosa con un po’ di tristezza. Come ricorderà chi all’epoca aveva letto la mia recensione, Lords of the Fallen non mi aveva particolarmente entusiasmato – in particolare, il confronto con i contemporanei Lies of P e Remnant 2 non gli faceva certo favori – e dunque non sono particolarmente sorpreso che la ricezione ottenuta da questo soulslike non sia stata esattamente stellare. Detto questo, è cosa nota che l’unico modo per non sbagliare è non fare nulla, e sarei stato genuinamente curioso di vedere cosa sarebbe riuscita a fare CI Games se avesse messo la testa a posto e si fosse concentrata per migliorare i punti deboli di Lords of the Fallen (per dire i principali: ottimizzazione inesistente, design dei livelli caotico e confusionario, scarsissima varietà di nemici). Credo che non ci sia nulla di meglio di una bella storia di riscatto.

normalmente sarei dispiaciuto. Ma non siamo in periodi normali

Purtroppo, però, non siamo in un periodo normale. Come accennavo nel mio ultimo editoriale, siamo in periodo di piena guerra culturale, in cui tutto viene interpretato nel paradossale vortice del “woke vs. non woke”. E la cosa c’entra con Lords of the Fallen perché nelle trincee virtuali di questo conflitto il CEO di CI Games, Marek Tyminski, ha deciso di scenderci con gli stivali di cartone e l’elmetto troppo largo schierandosi dalla parte degli “anti-woke”, dicendo che assolutamente i loro giochi non includeranno elementi “DEI”, acronimo che sta per Diversity, Equity and Inclusion. In un altro post, chiese agli utenti di Twitter se preferisse che la creazione del personaggio riportasse la differenziazione fra maschio e femmina, invece che Tipo di corporatura A e B. Del perché dovrebbe fregare a qualcuno che un soulslike faccia questa scelta non è ben chiaro – l’editor di Elden Ring ci chiede di scegliere fra corporatura Tipo A e Tipo B e non fra maschio e femmina, ma questo non gli ha impedito di vendere più copie in due settimane di quante ne abbia vendute Lords of the Fallen in due anni – ma il punto è che DEI è diventato uno di quei termini che in certi angoli è bello odiare, un po’ come “deckbuilder roguelite” o “juventino”.

WHAT GOES AROUND

Quindi spero che il lettore mi perdonerà, ma quando ho letto che Lords of the Fallen non era ancora andato in pari una certa soddisfazione e senso di rivalsa l’ho provato.

Alcune considerazioni intorno ad Assassin’s Creed Shadows e Ghost of Yotei sul tema Woke sono deliranti

Non è bello, me ne rendo conto: ma dopo aver passato due-tre anni a leggere deliranti osservazioni su cosa fosse woke o no (scopriamo, per esempio, che Yosuke di Assassin’s Creed Shadows è “woke” perché secondo alcuni non è storicamente accurato, mentre Atsu, la protagonista di Ghost of Yotei che vive nel Giappone del XVII secolo, è “woke” perché non ha l’aspetto di una supermodella dei giorni nostri), e soprattutto a vedere tutta una sfilza di giochi andati non benissimo sul mercato derisi per le loro caratteristiche “woke” (a quanto pare Tales of Kenzera: ZAU, un gioco in cui il creative director di origine kenyota vuole ricordare il padre scomparso a causa del cancro utilizzando la religione centro-africana come punto focale della storia, è woke), ecco, dicevo, dopo aver passato mesi a leggere cialabardoni convinti che bastasse dire “Concord!” per aver ragione (anche Hyper Scape è fallito per il woke? Destruction AllStars? XDefiant? Lawbreakers? Hyenas?), non sono riuscito a fare a meno di pensare “Ha! E adesso chi è che ride?”.

Realisticamente, essere woke o anti-woke conta in misura molto minore nel decretare quanto è bello un gioco o (e non è necessariamente la stessa cosa) quanto bene riesce a vendere. Il fatto che Lords of the Fallen non sia rientrato dai costi non ha nulla a che vedere con quello che posso pensare io di Marek Tyminski; gli errori che ha compiuto lo studio polacco potrebbero tranquillamente essere stati fatti anche da un collettivo transfemminista californiano con le foto di Frida Kahlo e Amedeo Bordiga appese al muro. Di contro, Call of Duty è uno dei giochi più reazionari in circolazione – perché non basta piazzare tatticamente un protagonista di colore e un paio di bandiere LGBTQ+ per essere progressisti – eppure vende ogni anno milionate di copie.

La vera minaccia non sono gli sviluppatori, ma qualcuno che i vestiti li compra in sartoria, che ha un ufficio grande come un piccolo appartamento

E, insomma, la verità è che sono un po’ stanco. Intorno ai videogiochi si è sempre litigato per i motivi più stupidi. Ma in un periodo come questo, dove è ogni giorno più evidente che la vera minaccia per i videogiochi non è chi si siede a programmare o a scrivere la storia o a tratteggiare i character design, indipendentemente dal fatto che abbia i capelli biondi, neri o blu, ma qualcuno che i vestiti da lavoro li compra in sartoria, che ha un ufficio grande come un piccolo appartamento e che passa una parte sostanziosa del suo tempo su un sito d’aste a scegliere quale Porsche comprare, è successo qualcosa che non avrei mai creduto possibile: e cioè che mi sono trovato a rimpiangere le console war sui forum dei primi anno 2000.

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