NEL 2013 LA SVOLTA: TRARRE VANTAGGIO DALLA POSIZIONE
L’IFAB cambia ancora l’interpretazione nel 2013. Un calciatore in posizione di fuorigioco deve essere punito solo se, a giudizio dell’arbitro, nel momento in cui un suo compagno gioca il pallone o è da questo toccato, egli prende parte attiva al gioco:
– intervenendo nel gioco;
oppure
– influenzando un avversario;
oppure
– traendo vantaggio da tale posizione.
La soggettività sul “trarre vantaggio” ha ovviamente scatenato vespai, polemiche e tantissimi casi diversi di applicazione del regolamento.
Regia e comunicazione tra Var e Avar, Serie A TIM
COSA È CAMBIATO CON L’AVVENTO DELLA TECNOLOGIA
Dal 2017, l’avvento della VAR (Video Assistant Referee) ha di fatto rimescolato ogni tipo di certezza sull’applicazione della regola del fuorigioco. Lo ha sicuramente reso più sicuro, stringente e più oggettivo, probabilmente forzando un pelo troppo la rigidità del giudizio. Ora infatti la tecnologia permette, grazie alla proiezione di righe sul campo dopo aver visionato l’instantanea al momento del lancio del pallone, di verificare anche il centimetro di fuorigioco, cancellando qualsiasi soggettività nel giudizio.
Il guardalinee è tenuto ad aspettare la fine dell’azione prima di alzare la bandierina, per permettere a chi siede in sala VAR di rivedere le esatte posizioni e verificare se l’attaccante è o meno in fuorigioco. In parte le polemiche si sono placate, pur con qualche dubbio riguardante la reale coerenza della regola:
il fuorigioco storicamente era stato pensato per non dare un vantaggio all’attaccante che partiva prima, ma se la questione riguarda uno o due centimetri, questo vantaggio di fatto non esiste. E quindi il rischio rimane lo stesso: penalizzare chi attacca, senza che questi abbia ottenuto un reale vantaggio dalla sua posizione.