La tortura e l’omicidio di Sylvia Likens
Sylvia Likens era una ragazza di 16 che venne torturata e uccisa da Gertrude Baniszewski, presso la quale viveva. Ad aiutarla nelle torture c’erano anche alcuni dei suoi sette figli e due ragazzi del vicinato.
Sylvia era figlia di due giostrai, spesso in giro per il Paese. Era nata fra due coppie di gemelli e spesso, a causa del lavoro dei genitori, lei e la sorella minore Jenny, malata di poliomielite, venivano date in custodia a dei parenti per non far loro perdere la scuola.
Il matrimonio fra i suoi genitori non funziona e i due si lasciano. Poco dopo la separazione la madre di Sylvia viene arrestata per furto e il padre decide di mandare lei e Jenny a vivere con Gertrude Baniszewski, madre di una loro amica conosciuta da poco, pagandole 20$ la settimana.
La famiglia di Gertrude, con sette figli, è povera ma il padre di Sylvia dirà di non averlo saputo perchè non aveva voluto ficcanasare nella loro vita.
Incoraggiò inoltre Gertrude a “raddrizzare” le due bambine.
Gertrude, descritta come una donna emaciata, sottopeso, asmatica e depressa a causa dei molti matrimoni falliti, cominciò a picchiare le due bambinea causa del ritardo nel pagamento del loro mantenimento.
Ben presto però concentrò la sua rabbia solo su Sylvia dopo averla accusata di avere rubato delle caramelle.
Anche una delle figlie di Gertrude, Paula che in quel momento era incinta, picchiava Sylvia e un giorno la prese a calci nei genitali accusandola ingiustamente di essere incinta.
La ragazza venne anche accusata, sempre ingiustamente, di avere messo in giro delle voci su Paula e sua sorella Stephanie. Secondo le accuse avrebbe sparso la voce a scuola che le due sorelle erano delle prostitute.
Questo provocò la rabbia del fidanzato di Stephanie, Coy Hubbard, che cominciò a picchiarla.
Gertrude non solo non lo fermò ma anzi incoraggiò lui, gli altri suoi figli e alcuni ragazzi del vicinato a picchiare e torturare Sylvia.
Alcune delle torture consistevano in spegnerle sigarette sulla pelle, picchiarla mentre era appesa con delle corde al soffitto, scottarla con acqua bollente, farle mangiare cose che la facevano vomitare e obbligarla a togliersi i vestirti.
In almeno due occasioni le inserirono nella vagina una bottiglia di vetro di Coca-Cola. Paula una volta la colpì in faccia con tanta violenza da rompersi un polso.
Le due sorelle cercarono allora di mettersi in contatto con la loro famiglia e riuscirono a mandare delle lettere alla loro sorella maggiore, Diana, che al tempo aveva 18 anni. Diana si recò alla casa dei Baniszewski ma non allertò la polizia e lasciò lì le sue sorelle. Neanche i genitori fecero nulla.
Presto Gertrude impedì a Sylvia di andare a scuola e di uscire di casa, tenendola legata al letto. Dopo che Sylvia, impossibilitata a muoversi, bagnò il letto Gertrude la rinchiuse in cantina.
Veniva privata di cibo e acqua, tanto che Jenny disse che la sorella non produceva più lacrime a causa della disidratazione.
Veniva inoltre obbligata a mangiare le proprie feci e quelle del figlio minore di Gertrude, di un anno, e a bere urina.
Poco prima della morte della ragazza Gertrude cominciò a marchiarle a fuoco sullo stomaco, con uno spillone incandescente, le parole
“sono una prostituta e sono fiera di esserlo!”
ma il lavoro venne finito da Richard Hobbs, uno dei ragazzi del vicinato. Richard, insieme alla figlia undicenne di Gertrude, cercò anche di marchiare a fuoco la lettera S sul petto di Sylvia (anche se poi risultò sembrare un 3).
Il 25 ottobre 1965, il giorno prima della sua morte, Sylvia tenta di scappare dopo aver sentito Gertrude parlare di un piano per liberarsi di lei ma viene catturata proprio mentre sta per raggiungere la porta principale.
Viene quindi relegata di nuovo in cantina e il giorno seguente, dopo botte, bruciature e scottature con acqua bollente, Sylvia muore di emorragia cerebrale, shock e malnutrizione.
Gertrude chiama la polizia e consegna loro una lettera che aveva fatto scrivere a Sylvia qualche giorno prima.
Nella lettera, indirizzata ai genitori, Sylvia raccontava di come aveva accettato delle prestazioni sessuali di alcuni ragazzi in cambio di denaro e di come poi questi l’avessero sequestrata e torturata.
Jenny però si avvicinò ad un poliziotto e gli sussurrò:
“Portatemi via di qui e vi dirò tutto.”
Durante il processo, che ebbe molta attenzione mediatica, Gertrude disse di non essere responsabile perchè mentalmente inferma. Aveva troppo da fare con la sua malattia per poter controllare i suoi figli.
Gli avvocati dei suoi figli, tutti minorenni, insistevano invece sul fatto che erano stati spinti proprio da Gertrude a commettere le torture.
Quando fu chiamata a testimoniare la figlia undicenne di Gertrude, confessò che la madre l’aveva obbligata a scaldare l’ago con cui erano state incise le frasi su Sylvia e che aveva visto la madre picchiare la ragazza e spingerla in cantina.
Nel 1966 Gertrude venne condannata per omicidio di primo grado salvandosi però dalla pena capitale e venendo condannata all’ergastolo.
Anche sua figlia Paula venne condannata all’ergastolo mentre Richard Hobbs, Coy Hubbard e John Baniszewski vennero condannati a pene dai 2 ai 21 anni.
I due ragazzi scontarono solo due anni, Paula dopo essere stata sottoposto ad un altro processo ed essersi dichiarata colpevole, fece due anni di galera e poi venne rilasciata. Gertrude venne di nuovo condannata all’ergastolo ma dopo 19 anni venne messa in liberà condizionata.
Cinque anni dopo la sua liberazione Gertrude morì di cancro ai polmoni. Stessa sorte toccò a Richard, di soli 21 anni, 4 anni dopo essere uscito di prigione.
John morì nel 2005 a 52 anni dopo avere a lungo sofferto di diabete. Coy entrò e uscì di prigione varie volte e morì di attaco cardiaco nel 2007.
Paula cambiò nome e lavorò come consulente scolastico per 14 anni prima di essere scoperta e licenziata nel 2012.
Sulla vicenda sono stati scritti libri e girati due film: “An American crime” e “La ragazza della porta accanto”entrambi del 2007.
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Ultima modifica di Kronos The Mad; 21-06-17 alle 22:46
Old.
Carino ma old.
Vero, sta stronza
La storia di Nsala e Boali
La foto che vedete qui sopra risale al 1904 e ritrae Nsala, un uomo congolese. Ma cosa sta guardando con aria così afflitta? La risposta vi lascerà di stucco. Nsala sta guardando il piede e la mano mozzati della sua figlioletta di 5 anni. Questa foto storica ha reso Nsala e Boali due nomi chiave nella triste storia del Congo, ma la cosa triste è che questo scatto è molto peggio di quello che sembra.
Come, peggio di uomo che guarda gli arti mozzati di sua figlia?
Sì.
Per capire come e perché, però, facciamo un passo indietro.
Lo Stato Libero del Congo
Lo Stato Libero del Congo corrisponde all’attuale Repubblica Democratica del Congo ed era un regno privato del re Leopoldo II del Belgio.
Il re lo governò dal 1885 al 1908 con un regime dittatoriale e indicibili atrocità furono commesse in suo nome.
Il Congo era costituito per la maggior parte da territori inesplorati e non aveva una grande economia. Leopoldo II decise quindi di sfruttare al massimo il paese per generare un ritorno economico.
Divise il paese in diverse sezioni e mise a capo di ognuna del personale europeo costituito perlopiù da mercenari. Una di queste sezioni era chiamata Domaine Privé (proprietà privata) e tutti i guadagni prodotti andavano direttamente nelle tasche di Leopoldo II.
Il sovrano riusci ben presto a trarre profitto dallo Stato Libero del Congo, ma per lui, uno fra gli uomini più ricchi dell’epoca, non era sufficiente.
Decise allora di tagliare lo stipendio agli ufficiali e di rimpiazzarlo con delle commissioni che variavano in base a quanto la zona di loro competenza riusciva a produrre.
Il 35% della popolazione venne usato come forza lavoro, diventando di fatto schiavo.
Il caucciù
Una fra le più grandi risorse del Congo era il caucciù, che gli indigeni dovevano raccogliere. Per estrarlo incidevano le piante da cui era prodotto e poi vi si rotolavano sopra per farlo appiccicare alla propria pelle.
Una volta seccato veniva strappato via dal corpo, con molto dolore. Un chilo di caucciù che era costato 1.35 franchi produrre, veniva rivenduto in Europa a 10 franchi.
Dopo qualche tempo le riserve di caucciù iniziarono ad assottigliarsi e non riuscivano più a coprire le quote richieste da Leopoldo II. Ed è qui che entra in gioco la violenza (più di quella già usata).
L’amputazione delle mani
Per fare rispettare le quote venne istituita la Force Publique, capitanata da europei ma con la truppa costituita da indigeni.
Questa specie di forza dell’ordine terrorizzava la popolazione, compiendo diverse atrocità e arrivando a bruciare interi villaggi. Quando qualcuno non riusciva a produrre una quantità sufficiente di caucciù veniva ucciso con un colpo di arma da fuoco.
Gli ufficiali però temevano che le pallottole venissero usate, invece che per uccidere i locali, per cacciare e così imposero alle truppe di portare una mano mozzata del cadavere per ogni pallottola mancante.
Le mani si convertirono ben presto in trofei da mostrare e più mani si portavano più si era lodati.
Quando non si raggiungeva la quota di caucciù stabilita bastava integrarla con un po’ di mani mozzate e tutto si sistemava. Le mani mozzate erano talmente apprezzate dagli ufficiali, che i soldati iniziarono ad amputare le mani a persone vive, lasciandole poi a morire dissanguate.
Alcuni, durante gli attacchi di violenza della Force Publique, si fingevano morti e rimanevano immobili anche quando venivano tagliate loro le mani, per poi cercare aiuto in un secondo momento.
Nsala e Boali
Ed eccoci finalmente a parlare di Nsala e Boali.
Nsala era un uomo la cui unica colpa era stata quella di non avere raccolto abbastanza caucciù per arricchire le tasche di un re straniero che si era imposto con la forza nella sua terra.
Come punizione, le truppe amputarono la mano e il piede di sua figlia Boali, di soli 5 anni, solo dopo la uccisero.
Ma, non contenti, uccisero anche la moglie di Nsala.
Forse però nemmeno questo sembrava una punizione appropriata, quindi cannibalizzarono i corpi della moglie e della figlia di Nsala, portando all’uomo i resti della figlioletta.
La foto storica è stata scattata da Alice Seeley Harris, una missionaria che ha fotografato e denunciato gli abusi in Congo.
Nel 1908, finalmente, grazie alla pressione dell’opinione pubblica, e alla scoperta delle atrocità, il Congo venne annesso al Belgio, prendendo il nome di Congo Belga e mettendo fine alle torture.
Fonte: Emadion
:O
Grazie fantastico :prosto:
Minchia
Emadion, dopo aver guardato nell'abisso, cosa provi quando l'abisso guarda dentro di te ?
Per la serie a volte ritornano, rotfl
Canada, uccise e mangiò il compagno: assassino cannibale sposa in carcere un rapinatore seriale
Nessuno pensava, nel giugno 2015, che quell'annuncio matrimoniale pubblicato su un sito di incontri sarebbe mai stato raccolto da qualcuno. Chi mai avrebbe voluto sposare uno come Luka Magnotta, il 34enne killer "cannibale" canadese condannato all'ergastolo per aver ucciso nel 2012 il suo fidanzato, lo studente cinese Jun Li, averlo smembrato, aver mangiato parti del cadavere e averne spedite altre per posta in giro per il Canada a scuole e uomini politici? A due anni di distanza, invece, quella che sembrava una facile previsione è stata smentita in pieno: Luka, che ha anche un passato da pornodivo, ha trovato l'anima gemella, il 36enne rapinatore seriale Anthony Jolin, anche lui condannato all'ergastolo nel 2003 per aver ucciso a coltellate un detenuto in carcere.*
Come riporta il Montreal Gazette, i due, che si sono conosciuti sul sito d'incontri per detenuti Canadian Inmates Connect Inc., si sposeranno il 26 giugno nella prigione di Port-Cartier: la madre di Luka, Anna Yourkin, farà da testimone. Le nozze non finiranno con una torta o un piccolo party, né tantomeno con un bacio celebrativo: come hanno ricordato le autorità, i detenuti possono sposarsi, ma non consumare l'unione, visto che non è consentita loro alcuna forma di attività sessuale.*
Luka spera comunque di poter uscire dal penitenziario di Archambault nel 2037: la sua condanna all'ergastolo, infatti, prevede la possibilità di una libertà condizionale dopo 25 anni. Nell'annuncio pubblicato due anni fa si dichiarava interessato a trovare un partner maschio bianco e in forma tra i 23 e i 38 anni. «Cerco un uomo fedele - scriveva - preferibilmente educato, finanziariamente ed emotivamente stabile per un rapporto a lungo termine. Chi pensa di poter essere il mio principe azzurro mandi una lettera dettagliata con almeno due foto. Risponderò solo a chi riterrò compatibile».
Il messaggero