Quale è il grado di cross-immunità tra omicron e le altre varianti?
Questa è un'ottima domanda, dalla cui risposta dipenderanno molti aspetti del futuro della pandemia. Sappiamo infatti che omicron, oltre ad essere in grado di infettare senza troppi problemi persone vaccinate con due dosi, è certamente in grado di provocare reinfezioni in soggetti che erano già state contagiate in precedenza. Il tipo di variante responsabile dell'infezione pregressa non sembra fare grande differenza, come evidenziato dalla elevata frequenza di reinfezioni osservate in soggetti positive a SARS-CoV-2 sia nella prima ondata sudafricana (trainata dalle prime varianti virali, molto simili al virus wild-type), sia nella seconda (trainata da beta), sia nella terza (trainata da delta) (
https://doi.org/10.1101/2021.11.11.21266068).
Ma è vero anche il contrario?
In altre parole, chi viene contagiato oggi da omicron sarà protetto un domani da infezioni legate a delta o ad altre varianti simili a quelle che avevamo imparato a conoscere prima dell'arrivo di omicron?
Sebbene omicron mostri in questo momento una fitness decisamente superiore a quella di delta, bisogna ricordarsi che la fitness, pur essendo influenzata da caratteristiche intrinseche del virus (ad esempio la capacità di replicarsi efficientemente in un tessuto, di interagire con il recettore dell'ospite, ecc.) è sempre contesto-dipendente. Se il contesto cambia, la fitness può cambiare di conseguenza. In questo caso uno dei fattori più importanti che definiscono il contesto "ambientale" di diffusione di omicron è dato dalla suscettibilità della popolazione dell'ospite all'infezione, che sarà destinata a calare drasticamente in tempi molto rapidi come effetto delle numerosissime infezioni (registrate e non). E' proprio la riduzione dei soggetti suscettibili a spiegare, con ogni probabilità, il crollo nel numero di casi di omicron registrato in Sud Africa ed ora anche in alcuni paesi limitrofi come Eswatini e Zimbabwe, così come quello altrettanto evidente visto in passato per delta in India. Esistono possibili scenari futuri in cui delta potrebbe tornare ad avere un vantaggio competitivo rispetto ad omicron, altri in cui omicron potrebbe portare all'estinzione di tutte le altre varianti, ed altri ancora in cui omicron e delta potrebbero continuare a co-circolare per un lungo periodo. Molto dipenderà dall'R0 di omicron stessa (che resta ancora poco chiaro e di difficile stima) e soprattutto dal grado di cross-immunità tra le due varianti.
Questo interessante lavoro olandese (attualmente in preprint) investiga proprio la cross-immunità tra le principali varianti virali che si sono alternate sullo scenario pandemico in questi 2 anni: il virus ancestrale (o meglio, la sua versione che aveva già acquisito D614G e che si era diffusa in Europa ad inizio 2020), alfa, beta, gamma, delta ed omicron:
https://www.medrxiv.org/content/10.1....03.21268582v1
L'approccio utilizzato dagli autori è molto semplice: degli pseudovirus esprimenti la proteina spike di queste varianti sono stati utilizzati per valutare quale fosse il titolo neutralizzante nei loro confronti di una serie di sieri prelevati da:
a) pazienti guariti da precedenti infezioni nelle quali il virus era stato genotipizzato (D614G, alfa, beta, gamma o delta) -> immagine a sinistra
b) persone vaccinate con due dosi di vaccino Moderna (mRNA-1273), Pfizer (BNT162b2) o AZ (AZD1222) -> immagine a destra
I dati sono stati poi analizzati con un approccio di multidimensional scaling, creando le due rappresentazioni grafiche mostrate sotto, che gli autori chiamano "cartografie antigeniche" e che danno un ottimo colpo d'occhio, molto intuitivo, sulle similarità tra le proprietà antigeniche delle differenti varianti, inferite dalla cross-reattività dei sieri (ogni quadratino corrisponde ad un siero, che ha proprietà leggermente diverse sia a causa di differenze inter-individuali nella risposta immunitaria, sia per la presenza di alcune mutazioni puntiformi che generano un certo grado di diversità nelle spike delle singole varianti). Questo approccio viene spesso utilizzato anche per valutare la differenza tra le proprietà antigeniche dei vari strain dell'influenza, al fine di valutare la necessità di procedere con un aggiornamento dei vaccini. Pur in presenza di una certa dominanza di "neutralizzazione omologa" (cioè i sieri di pazienti infettati da una determinata variante tendono a neutralizzare meglio lo pseudovirus corrispondente), tutte le varianti precedenti ad omicron vengono raggruppate in un singolo cluster antigenico. D614G, alfa, beta, gamma e delta sono separate complessivamente da circa 2 "unità antigeniche" (ovvero dimezzamenti del titolo neutralizzante); per confronto, due strain influenzali sono considerate antigenicamente "diverse" quando questa distanza supera le 3 unità antigeniche, ed è in questo caso che si procede solitamente ad un aggiornamento del vaccino. Come ormai largamente dimostrato da molti studi, la distanza di omicron dalle altre varianti supera le 5 unità antigeniche, osservazione che porta gli autori a suggerire la necessità di un aggiornamento del vaccino.
Ricordo in ogni caso che:
(i) il booster basato sulla spike wild type porta ad un processo di maturazione di affinità che migliora molto la qualità degli anticorpi prodotti, portando a titoli neutralizzanti discreti anche contro ad omicron; altro lavoro interessante in merito uscito ieri è
https://www.biorxiv.org/content/10.1...01.03.474825v1).
(ii) l'immunità non è data dai soli anticorpi, ma c'è anche l'immunità cellulare, che pur non consentendo di evitare l'infezione ci protegge dalla malattia nelle sue forme più gravi e resta molto robusta anche contro omicron, come spiegato molto bene da Enrico Bucci ieri (
https://www.ilfoglio.it/salute/2022/...mesi--3513016/)
Un'altra considerazione importante per quanto riguarda la decisione che era stata ventilata, ma mai presa, di distribuire un booster per i vaccini ad mRNA delta-specifico, è che sono proprio il virus wild type ed alfa a determinare una più ampia risposta, in grado quindi di fornire una migliore neutralizzazione di tutte le VOC.
Guardando il grafico di sinistra, questo è reso evidente dal fatto che i due circoli relativi alle due varianti siano centrali e più o meno equidistanti da beta, gamma e delta. Si tratta di un concetto forse poco intuitivo, che avevo già tentato di spiegare altre volte: non è detto che un booster specifico disegnato su una variante emersa recentemente non si riveli poi essere meno efficace del vaccino originale nel contrastare le infezioni legate ad altre varianti ancora circolanti (
https://www.facebook.com/photo/?fbid...173013699234): prendere la decisione di cambiare completamente la sequenza della spike codificata dai vaccini ad mRNA in una fase in cui altre varianti stavano ancora circolando avrebbe dunque rischiato di essere un'arma a doppio taglio. Sotto questo punto di vista il grafico di destra è ancora più esplicativo: dal momento che tutti e 3 i vaccini presi in considerazione sono basati sulla stessa sequenza della spike (quella ancestrale), la nuvola dei sieri ricavati dai vaccinati, pur non coprendo perfettamente (come atteso) l'area di delta, mostra una distribuzione "ottimale" per massimizzare l'efficienza contro tutte le varianti virali pre-omicron.