Un modo di pensare i videogiochi e un tipo di protagonista a cui non siamo abituati. Andiamo a conoscere insieme Ice-Pick Lodge e una delle loro opere più particolari, The Void.
Il viaggio dell’Eroe, conosciuto anche come il monomito, è il template comune che riassume molte delle storie che sono state prodotte nelle varie culture. Il saggista statunitense Joseph Campbell identifica nel 1949 nella sua opera The Hero of a Thousand Faces le fasi che contraddistinguono questo modello, dalle quali sono poi state fatte numerose rielaborazioni per contesti simili, ma diversi. Letteratura, cinema, ogni tipo di storytelling ha potuto beneficiare da questa struttura. L’interpretazione più vicina a noi è quella dello sceneggiatore Christopher Vogler e del suo scritto The Writer’s Journey: Mythic Structure For Writers. Le fasi sono fondamentalmente queste:
- Atto 1: mondo ordinario, chiamata all’avventura, rifiuto della chiamata, incontro con il mentore, superamento della prima soglia.
- Atto 2: prove, nemici, alleati, avvicinamento alla caverna più recondita, prova centrale, ricompensa
- Atto 3: via del ritorno, resurrezione, ritorno con l’elisir.
Vi ricorda qualcosa? Forse non si usano tutte le fasi, forse non in questo esatto ordine, ma di certo possiamo collocare in questa griglia numerose avventure nate in ogni formato, sia esso letterario, cinematografico, videoludico, teatrale. Cos’è quindi un eroe? In una storia è quella figura che emerge al di sopra delle altre, dalla moralità più alta, dotata di una maggiore forza di volontà, di un “di più”. Un riferimento a cui guardare, una figura salvifica, quella che a un certo punto porta a casa la giornata per tutti. Il personaggio che progressivamente acquisisce nuove abilità fino a ottenere l’impossibile, o comunque il risultato più nobile disponibile nella storia. Svelare un mistero, sopraffare un nemico invincibile, salvare gli alleati da un situazione disperata. Sicuramente fonte di ispirazione, ma osservabile anche con una punta di invidia. Perché per come ci viene raccontato di solito essere un eroe è figo. Fama, stima, ricchezza, potere, il gusto di essere il protagonista, almeno una di queste cose c’é. Si lavora duro, però alla fine della storia ci sono la meritata vittoria e il successo. Forse ne é anche valsa la pena di fare tutti quegli sforzi. Forse in fondo vorremmo tutti essere quella persona, o aver quantomeno contribuito al suo viaggio. Per male che inizi il suo percorso, il finale è molto spesso glorioso in qualche aspetto.
Se con libri e film possiamo sfiorare l’eroe, parliamo comunque di figure distanti. Sono altre persone. I videogiochi hanno cambiato il paradigma facendoci diventare virtualmente l’eroe. Ci fanno assaggiare quelle fasi nella fittizia realtà del mondo di gioco, creando un palcoscenico tutto per noi giocatori. Nella maggior parte dei videogiochi non possiamo veramente fallire. Veniamo sconfitti? No problem, ricarichiamo e riproviamo, forti dell’esperienza precedente. Persino il genere Soulslike, famoso per la crudeltà del mondo di gioco, non fa altro che rendere più gustoso il momento della vittoria quando finalmente conosciamo ogni mossa dell’avversario e ribattiamo nel modo più scaltro possibile.
L’AVVENTO DEI GDR DIEDE MAGGIORE SPAZIO ALLA GESTIONE DELLA MORALITÀ DEL NOSTRO PERSONAGGIO
The Void, pubblicato nel 2009, non è un gioco semplice di cui parlare. No, non è che non trovo le parole, anzi, se inizio a parlarne non finisco più ed è solo grazie al limite dei caratteri che questo articolo rimane entro le 3 facciate. “No Odd, sono già 4…” Va bene, mi sbrigo. È difficile parlarne perché trovo pochissime persone che lo abbiano giocato. È un’esperienza scoraggiante come poche, calibrata appositamente per essere sfiancante. E ora è il momento di accendere la musica appropriata e di spiegarla un po’.
Prodotto dal team indipendente russo Ice-Pick Lodge, The Void propone un approccio diverso all’essere protagonista. In questo gioco si diventa più potenti, sì. Ma si rimane poco rilevanti nel grande schema di quel mondo. Uno schema in cui l’entità più importante è il colore. Il colore è tutto. È linfa vitale, la barra della salute, l’energia necessaria per evocare i costrutti, la fonte della vita. Tutti vogliono colore ed è ovviamente scarsissimo. Così scarso che morire prima della fine della “quest principale” non ci regalerà un lapidario game over o varianti, bensì una cutscene dedicata. Per rispetto dei nostri sforzi, come se fosse un finale a sua volta. È una situazione tosta, non ce l’abbiamo fatta, ci abbiamo provato finché abbiamo potuto. Pace. Siamo fallibili.
L’esperienza comincia di botto, senza spiegazioni. Ci ritroviamo nei panni, o meglio, nella traslucida pelle eterea di un’anima fluttuante. Non ha attributi sessuali, non ha personalità, per quanto ne sappiamo è nata nel momento in cui abbiamo dato il via alla partita. Una voce femminile ci invita ad avvicinarci e di fare presto, perché senza cuori non si può sopravvivere nel vuoto. Raccogliamo il “cuore” ed ecco che un vivo, pulsante organo compare dentro la nostra anima dalle forme umanoidi. La voce si rilassa un po’ ed ecco che si presenta: è una ragazza che vive nel tronco di un enorme albero situato nei resti di quello che sembra una serra che a sua volta si trova in un isolotto con forme rocciose impossibili. All’orizzonte la notte ci presenta solo un’infinita oscurità.
La ragazza senza nome ci spiega come raccogliere il colore, sottoforma di piccole piantine che contrastano con la scala di grigi con il quale il resto del vuoto si presenta. Dopodiché ci manda ad esplorare le altre stanze ed ecco che vengono introdotti due fattori fondamentali: il tempo e lo spazio sono preziosi. Dobbiamo pianificare in anticipo. La mentalità che The Void ci chiede di adottare è quella di un coltivatore: metodica e pianificatrice a lungo termine. Donando colore agli alberi rinsecchiti questi rifioriranno e ce lo restituiranno triplicato fino a esaurirsi nuovamente. Prima che ciò avvenga dovremo aver trovato un altro territorio fertile da rinverdire. E nel mentre il colore ci servirà per sopravvivere nei viaggi, per donarlo alle sorelle, combattere i nemici, creare costrutti e un po’ deve restare nei cuori (la “barra d’energia”) perché se il colore dovesse dissiparsi completamente nel corso di un viaggio l’anima seguirà la stessa sorte.
THE VOID NON È UN GIOCO CHE FA SCONTI: LA SODDISFAZIONE SI PUÒ TROVARE, MA SENZA SCORCIATOIE O BONUS SPECIALI SOLO PERCHÈ SIETE IL PROTAGONISTA
Fin qui, carestia a parte, sarebbe tutto relativamente tranquillo. Però ogni sorella ha anche la protezione e controllo di un fratello. Mostruose creature in stile body horror, questi personaggi sono a loro volta semi-divini, ma in tutt’altro modo. Sono altezzosi, grossi, intimidatori. Ma non vogliono farci la pelle. O almeno non subito e non necessariamente. Anzi, il primo approccio con loro è di convivenza. Anche in questo caso il gruppo ha un’agenda generale in comune, ma ciascuno ha la propria personalità e il proprio parere nei confronti di noi inattesi intrusi. Alcuni sono incuriositi, altri ci disprezzano, un paio di loro si imporranno come mentori. Non potremo realmente fidarci di nessuno perché tutti ci racconteranno la loro verità. Come se non bastasse, il protagonista è muto e questo aspetto è integrato nella narrativa. Gli altri personaggi ci faranno caso e se alcuni altezzosi mentori apprezzeranno che non si parli in loro presenza, altri vorrebbero anche sapere cosa frulla in testa al protagonista.
L’unico strumento di comunicazione e azione è di nuovo il colore. In un atto che ricorda Okami o Arx Fatalis potremo dipingere simboli a schermo. Qualcuno servirà per attivare poteri come uno scudo o una momentanea super velocità. Qualcuno sarà attivamente aggressivo, come lance, ragnatele velenose, golem che si dirigeranno inesorabilmente verso il bersaglio. Qualcuno servirà per comunicare. Sopravvivendo nel vuoto il nostro protagonista diventerà inquietante a sua volta, più potente, più autosufficiente, coincidendo con il percorso tipico del viaggio dell’eroe o dell’antieroe. Questo potere sarà risolutivo? Eh… snì. La storia si dipana entro un numero limitato di cicli e ci saranno dei limiti di tempo entro i quali ci verrà chiesto di svolgere alcune azioni. Al soddisfare di determinate circostanze nella fase finale potremo scegliere di usare il colore per fare talune cose non alla portata di tutti.
Oppure no. Al netto delle regole del vuoto che non ascoltano nessuno, possiamo scegliere di non seguire gli ordini dei fratelli, di seguirne solo una parte, di ignorare completamente qualche sorella a favore di altre. Dentro i confini del mondo di gioco si può fare tutto e la storia rispetterà le nostre decisioni, proponendoci le conseguenze. Ci sono delle vibrazioni da gioco di ruolo che non vengono urlate, non viene mai detto che possiamo disobbedire alle direttive o che ci conviene farlo. Ma non ci viene mai detto nemmeno che non possiamo.
SCELTE STRATEGICHE DI VARIO TIPO, E POSSIBILI ERRORI, SONO UNA COSTANTE DI THE VOID
Immagino che tutto ciò collochi The Void in un punto tra il walking sim horror con elementi GDR e gestionali, ma ho evitato queste etichette perché stavolta non sono affatto chiarificanti. Ice-Pick Lodge vuole farci vivere un mondo immaginario e per farlo prende gli ingredienti che gli servono nella misura in cui gli servono. Punto. Complessivamente si tratta di una delle esperienze videoludiche più frustranti che mi sia capitato di giocare, ma una volta superate un paio di situazioni in cui il vuoto ci mette alla prova si entra in un coinvolgente loop che non ha paragoni. Acquisiamo più libertà e possiamo farne quello che vogliamo in un mondo che però ha un funzionamento molto preciso e che non farà sconti a nessuno. Il potere che acquisiremo non servirà a nulla se non lo dirigeremo nel modo più scaltro possibile e anche in quel caso ci saranno dei limiti.
IN THE VOID NON SIAMO DEI PRESCELTI: SIAMO LETTERALMENTE POVERE ANIME CAPITATE LÌ, IN UN MONDO SCONOSCIUTO