C’è un momento ben preciso, poco dopo metà film, in cui ci si rende facilmente conto che nell’amalgamare azione, romanticismo, dramma e comicità, James Wan ha seri, serissimi problemi che emergono proprio in fase di continuità narrativa. Ed è allora che si capisce perché. da quando inizia il film ai successivi 143 minuti, Aquaman diventi tutto tranne che un cinecomics, toccando vette di intrattenimento mai viste sino ad oggi in un film di questo genere. Il tutto con un unico e semplice trucco che non riesce a tutti, ovvero aggiungere sempre più contenuti su schermo fino ad arrivare a un epilogo stile Il Signore Degli Anelli, affrontare un vero tour de force di azione serrata e martellante, aiutata da personaggi sopra le righe e dalla battuta sempre pronta: due nemici con forte struttura morale che desiderano la morte del loro nemico, Ocean Master che pretende il trono di Atlantide e Black Manta che vuole la pura e intima vendetta, affiancati da una regia virtuosa, mai banale e tendente alla ricerca creativa di immagini patinate e pop.
Questo è, per sommi capi Aquaman, film distante anni luce dai precedenti progetti DC, da quelli meno riusciti ma anche dai grandi successi stile Wonder Woman.
Aquaman si palesa sin da subito come uno dei modi di fare cinecomics più inediti, fracassoni, boriosi mai visti al cinema, reinventando le stesse origini dell’eroe e ponendo il film come una vera e propria estensione dell’ego misurato su viso, corpo e muscoli di Jason Momoa, con quella sensazione di “coolness “che permea l’opera in tutta la sua durata. Non mancano difetti dovuti alla paura di osare nella storia sulle origini, che si stanzia su direzioni già battute altrove: scoprire i propri poteri, accettarli, sconfiggere le nemesi che si verranno a creare per via delle proprie azioni, fino a diventare finalmente l’eroe; come accennato in apertura, gli stacchi di ritmo che alternano scazzottate epiche a momenti romantici rovinano gran parte dell’atmosfera, che viene così a disintegrarsi con un bacio o una gag becera.
Aquaman pone un certo tipo di cinema muscolare come cardine intorno a cui far girare tutto il film, fino a risultare uno spettacolo stupefacente nel suo misurato eccesso di steroidi
Aquaman è la glorificazione del cinema muscolare, della gioia d’azione nelle pazzesche coreografie degli scontri, con esplorazione in terra e in mare, esplosioni e battaglie epocali sul fondo degli oceani. Come prassi per il genere, non mancheranno i detrattori che leggeranno tracotanza nella voglia di fare qualcosa di più, ma Aquaman è un film consapevole dei suoi punti di forza come dei suoi fianchi scoperti, che riempie goffamente aggiungendo l’ennesima scazzottata ipercinetica tra Aquaman e Black Manta. Alla fine dello spettacolo, tuttavia, ci si rende conto di quanto 143 minuti siano stati addirittura pochi per uno spettacolo (visivo) del genere, al punto che sarà davvero difficile togliersi dalla testa gli ultimi dieci che compongono lo scontro finale.
VOTO 8
Genere: azione, fantastico
Publisher: Warner Bros. Italia
Regia: James Wan
Colonna Sonora: Rupert Gregson-Williams
Interpreti: Jason Momoa, Patrick Wilson, Amber Heard, Nicole Kidman, Willem Dafoe, Dolph Lundgren
Durata: 143 minuti