Eccoci anche noi, che siamo arrivati con voluto ritardo a quella festa iniziata un paio di settimane fa su qualche sperduto pianeta ai limiti della galassia. C’è ancora chi balla, c’è chi se ne è andato a casa deluso, c’è persino qualcuno già ubriaco fradicio, steso in giardino con la faccia pericolosamente infossata nel prato. Il DJ, che aveva promesso a tutti ore e ore di delirio con le più importanti hit anni ’90, si è presentato con un pacco di CD masterizzati contenenti qualche traccia elettronica composta da qualche suo amico, causando non pochi imbarazzi nel pubblico inferocito. Molti, lamentandosi di aver acquistato il biglietto proprio per sentire i Da Blitz e Ice MC, hanno chiesto il risarcimento agli organizzatori, senza nemmeno provare a dare una chance al povero DJ, che viene comunque difeso a spada tratta da una folta schiera di festaioli. Molti sono già in piazza, a lamentarsi di come la serata abbia fatto schifo o a elogiare l’organizzazione che, nonostante tutto, ha offerto musica originale, decisamente orecchiabile e soprattutto introvabile in altri lidi. E noi? Noi siamo ancora in pista, quasi in overdose da bevande energetiche e con fin troppi acciacchi all’anca, ma poco ci importa: la vecchiaia ci costringe ad affrontare le cose con calma, a passare un paio di serate osservando la luna alta in cielo mentre meditiamo sul significato della vita e, infine, a pronunciarci su quello che, a conti fatti, è il titolo più discusso dell’anno. Benvenuti quindi alla recensione di TGM di No Man’s Sky.
IL PRIMO SORSO
Dobbiamo un’introduzione così metaforica, oltre a una demenza senile precoce, al fatto che, a mio avviso, No Man’s Sky somiglia tantissimo a un’ottima birra. Non una birra qualsiasi: probabilmente la birra migliore che abbiate mai assaggiato, magari rossa, dall’aroma intenso e fruttato. Il primo sorso è e rimarrà indimenticabile: le papille gustative impazzite, gli occhi sgranati mentre vi guardate attorno in cerca di qualcuno con cui condividere la goduria, la virile pulita del baffo con il dorso della mano. Tutto è perfetto.
No Man’s Sky somiglia tantissimo a un’ottima birra
VESTIZIONE
Il curioso fatto che, dopo tutti questi caratteri, non ho ancora parlato effettivamente di No Man’s Sky lascia presagire che siamo davanti, volenti o nolenti, a un titolo speciale e importante. Prima di continuare con quella che probabilmente sarà una recensione più “canonica”, voglio sottolineare un paio di importantissimi concetti: il primo è che per il momento ho giocato solo con la versione PS4, e che di conseguenza questa recensione riguarda il titolo nella sua incarnazione per console (parleremo della versione PC tra qualche giorno, magari con l’intervento degli altri figuri redazionali che lo stanno testando lì); il secondo è che, per abitudine personale, evito di guardare troppi trailer e presentazioni per non rovinarmi la sorpresa, quindi la mia avventura a zonzo per la galassia è stata pura e senza false aspettative. Non ripeterò nuovamente ciò di cui ho già parlato pochi giorni addietro in questo speciale in cui narravo i miei pensieri da viaggiatore interstellare: se volete quindi approfondire l’argomento vi invito a cliccare senza indugio.
CIELI NUVOLOSI
Arriviamo finalmente al sodo: cosa è, come è e cosa penso di No Man’s Sky? Rispondere alla prima domanda è difficilissimo, semplicemente perché non esiste nulla, al momento, che possa essere comparato con l’opera di Murray. Per abitudine, comodità e immediatezza siamo abituati a riassumere un determinato tipo di meccanica evocando qualche titolo del passato: se dico “questo è un gioco a là Civilization” in sette parole ho riassunto un lunghissimo concetto, dando modo al lettore di comprendere al volo le caratteristiche fondamentali di un’opera. Ebbene, con il titolo di Hello Games ciò non è affatto possibile: No Man’s Sky è stato certamente influenzato da diverse opere videoludiche, letterarie e magari cinematografiche, ma non è assolutamente possibile uscirsene con un semplicistico “somiglia al cugino brutto di Minecraft”, perché tale frase non sarebbe altro che una menzogna. Anzi, secondo il sottoscritto la vera forza di questo discusso sogno di Murray è proprio l’uragano di novità che ha portato sui nostri schermi, pescando qualche caratteristica già esistente e mischiandola con una indescrivibile sensazione di smarrimento e curiosità. Forse è proprio per questo che le prime ore risultano indimenticabili: ci troviamo di fronte al capostipite di un nuovo genere, proprio a uno di quei videogiochi il cui titolo verrà utilizzato per spiegare al volo meccaniche e gameplay nei prossimi anni.
Cosa si intenderà quindi, in futuro, con un “titolo a là No Man’s Sky”? Un universo immenso, con talmente tanti pianeti che non basterebbe un’intera vita per visitarli tutti e creati casualmente, ma seguendo ferree regole, grazie a un codice partorito dai programmatori. Il viaggio attraverso gli astri è lungo ma mai veramente irto di pericoli, tanto da riuscire a far rilassare il giocatore mentre esplora qualche isola o le profondità di una grotta, e comunque necessita di qualche accortezza come equipaggiamenti da migliorare e tecnologie da scoprire e costruire. Tutto risulta mostruosamente enorme, e tenere il pad in mano è un’esperienza che inizialmente consiglierete a tutti.
Un universo immenso, con talmente tanti pianeti che non basterebbe un’intera vita per visitarli tutti e creati casualmente, ma seguendo ferree regole, grazie a un codice partorito dai programmatori
Esplorare per la prima volta un pianeta che, di fatto, nessuna anima viva ha mai visto prima d’ora (dubito fortemente che Murray abbia controllato la magia della proceduralità su ogni singolo corpo celeste) rende il nostro viaggio più che speciale, e lo stesso vale per la possibilità di scoprire e catalogare le diverse forme di vita presenti nella galassia. Chi non ha mai sognato di donare il proprio nome a una stella? Ebbene, Hello Games ce lo permette, e sapere che rimarrà una traccia indelebile del nostro passaggio ci fa sentire veramente speciali.
AGITATO NON MESCOLATO
La magia di No Man’s Sky finisce decisamente troppo presto, ma nonostante tutto quella voce che ci spinge a continuare l’avventura non ne vuole sapere di zittirsi. Ciò che inizialmente appare come un meraviglioso spettacolo di magia lascia poi intravedere i fili che fanno lievitare l’assistente del mago, il pollice finto del prestigiatore e il cassetto segreto sotto il baule incantato, distruggendo in fretta l’idea di perfezione poco prima costruita.
Le peripezie tra un pianeta e l’altro si trasformano in una serie di luoghi uguali tra loro, che siano avamposti o colonie, in cui sappiamo perfettamente chi troveremo ed eventuali premi ricevuti, fino a quando arriveremo al punto che, risorse permettendo, nemmeno ci fermeremo a visitare qualche pianeta tra un salto interstellare e l’altro. La mappa del cosmo e l’elenco dei pianeti non aiutano: il viaggio attraverso la galassia risulta essere una lunga camminata che non prevede il tornare sui propri passi, in barba a chi considera l’opera Hello Games una specie di Elite riuscito male. Senza un vero e proprio sistema di commercio, senza pianeti con risorse uniche e, anzi, con la stessa identica abbondanza di risorse primarie in ogni corpo celeste, appare sin da subito insensato voltarsi per visitare una seconda volta una Terra aliena.
Il viaggio attraverso la galassia è una lunga camminata che non prevede il tornare sui propri passi
MAGO ORONZO
Pochi giorni fa mi stavo appunto chiedendo quando questa “magia” che trascinava l’intera carrozza sarebbe venuta a mancare. È appena successo. Dopo aver trovato un pianeta incredibilmente ricco di artefatti alieni ho deciso di dedicare qualche ora al commercio selvaggio, fino a permettermi un mezzo spaziale nuovo di zecca e con il doppio di spazio nell’inventario. Le mie azioni erano diventate fin troppo meccaniche: aspettando qualche mercante su una stazione spaziale ero arrivato al punto che potevo riconoscere i vari NPC dalla forma dell’astronave che guidavano; sapevo i beni che avrebbero comprato a caro prezzo e sapevo le caratteristiche e il costo delle varie astronavi. Un titolo del genere, che fa della proceduralità e della scoperta il proprio punto forte, non può permettersi di lasciare così scoperti i fili che manovrano il tutto, pena togliere l’ultimo spiraglio di curiosità nel giocatore.
La voglia di far tutto in grande è palese, e nel bene o nel male No Man’s Sky è già entrato a far parte della storia dei videogiochi, tanto che a mio avviso ci ricorderemo dell’opera Hello Games ancora per molto, moltissimo tempo; solo, il team di sviluppo ha semplicemente pagato caro la propria inesperienza. Non entro nel merito di promesse non mantenute, di pubblicità ingannevoli e di mille problemi insorti nelle prime ore di lancio: valuto il titolo di Murray tenendo in considerazione solo ciò che ho potuto vedere, ignorando volutamente ciò che avrebbe potuto essere e ciò che – teoricamente – diverrà, grazie alle future patch.
Con queste premesse No Man’s Sky riesce a guadagnarsi un’abbondante sufficienza: ha provato a osare, per poi ripensarci e tornare sui suoi passi. Le idee c’erano, ma probabilmente mancavano le capacità per metterle in atto. Ora come ora non riuscirei a consigliare a cuor leggero il titolo in questione, sia per il prezzo tutt’altro che accessibile, sia per la velocità con cui la “magia” si trasforma in mera abitudine. Ciò che però mi porterò stretto nei prossimi anni sono le primissime ore passate su un pianeta alieno, inospitale e pieno di segreti: Hello Games merita un applauso anche solo per aver permesso che ciò accadesse.
Davanti a un titolo come No Man’s Sky rimane tanto amaro in bocca, perché sarebbe veramente potuto essere un affresco talmente immenso da far girar la testa, e invece ci dobbiamo “accontentare” di tanti piccoli quadri, alcuni magnificamente dipinti, che messi assieme non riescono a soddisfare il mecenate che si nasconde dentro di noi. Comunque sia, No Man’s Sky è, a conti fatti, un pioniere alla scoperta di nuovi metodi d’intrattenimento, e merita quindi il nostro rispetto, anche qualora non rispecchiasse i nostri gusti personali.
No Man’s Sky riesce a vincere contemporaneamente il premio come miglior esperienza videoludica provata negli ultimi anni e maggior disappunto verso un titolo di questo calibro: le prime ore, ripeto nuovamente, sono ormai indelebili nella mia memoria, e nello stesso modo quello che doveva essere un universo vivo e “casuale” si è trasformato in una fredda sequenza di immagini e concetti ripetitivi. Murray aveva un grande sogno, ma non è riuscito a trasportare le proprie idee sui nostri schermi. Dobbiamo comunque toglierci il cappello: la software house inglese ha creato qualcosa di nuovo e fresco, pieno sì di difetti ma al contempo carico di speranze. I videogiochi hanno ancora moltissimo da dire, e questo forse è l’incerto passo che ci serviva per capirlo.