Lo Shrine Auditorium, con il suo stile eccentrico e la sua architettura evidentemente frutto di paradossi temporali, non poteva essere posto più adatto per la conferenza di Sony, che ha puntato molto sul colpo di teatro, la messa in scena e la capacità di scuotere profondamente l’animo dei presenti. Zero spiegoni, comunicazione verbale ridotta al minimo e 70 minuti di pura esplorazione dell’immaginario, grazie a un sistema di proiezione che sfrutta attivamente le quinte del teatro per dare profondità alla visione e un’orchestra dal vivo, con coro annesso, che ha accompagnato gran parte del trailer e dei filmati di gameplay. Uno spettacolo che lascia senza parole e, sicuramente, l’unica conferenza di quest’anno che dal vivo acquistava spessore e magia. Sony si è permessa diversi atti di coraggio, giusti e doverosi per chi, di fatto, è leader del mercato, ma non ha neanche lesinato la giusta dose di completezza e varietà. Certo, l’espressione complessiva del colosso giapponese è quello di una visione del medium leggermente diversa dalla concorrenza, che punta, almeno sulla carta a un intrattenimento che fa molta più leva sull’empatia, sulle storie e sulla sensazione di immersione.
UMANITÀ ED EMPATIA
Sony ha puntato a far sentire i giochi a pelle, a volte anche a scapito della completezza di informazione, e ci è senza dubbio riuscita. Prendiamo per esempio il ritorno di Kratos con God of War: la mitologia greca sembra oramai reinterpretata, rivista e interiorizzata dalla sola figura del fantasma di Sparta, che è quasi immerso in un contesto che strizza l’occhio all’universo norreno. La rivisitazione mitologica accompagna quella di un gameplay che abbandona l’azione frenetica in favore di un’esperienza open world molto più compassata. D’altronde, Kratos è un uomo oramai maturo, ha un figlio, ed è proprio il racconto della connessione tra i due, la sua severità e l’evidente soggezione del figlio a restare impressi nella mente dei giocatori.
Il filo sottile del senso dell’umanità e della ricerca del proprio posto del mondo è stato anche il trait d’union di diverse presentazioni, quasi come se Sony avesse voluto dare un taglio trasversale alla sua line up: se Days Gone, nuova IP di Sony Bend dal look apocalittico e dall’estetica rock, sembra forse un po’ troppo imbrigliata nel senso di già visto, tra The Last of Us, World War Z e The Walking Dead, Horizon: Zero Dawn appare come un’opera monumentale sul senso di sopravvivenza ed è, a oggi, forse il titolo più bello che abbiamo visto qui a Los Angeles, con una protagonista che si candida a essere un’icona femminile di spessore e attualità.
Horizon: Zero Dawn appare come un’opera monumentale sul senso di sopravvivenza ed è, a oggi, forse il titolo più bello che abbiamo visto qui a Los Angeles
È chiaro, però, che il concetto di umanità nella sua più intima identità l’ha scosso Hideo Kojima, con un reveal più di se stesso – “I’m back” (cit.) – e della neonata collaborazione con Sony che di Death Stranding, di cui al momento resta un’immagine quasi cristologica di Norman Reedus che è uomo, “mammo” e ultimo baluardo nei confronti di qualcosa di più grande. Ecco, nel trailer del primo titolo di Kojima Productions c’è la summa della vision di Sony: spingere tutto oltre i confini, anche a costo di sembrare un pizzico arrogante e fin troppo ambiziosa.
GOLDEN CLASSICS
La notizia, però, non è solo una visione particolarmente ispirata che guarda al futuro con occhio sprezzante, ma anche la conferma di progetti in essere, desiderati dai fan e ovviamente, su cui c’era stata tanta speculazione. The Last Guardian ha finalmente una data d’uscita, e se da un lato è sorprendentemente vicina, dall’altra viene da dire… era ora! Il gioco di Ueda è tutto quello che ci aspettava: non meraviglioso da vedere, ma al solito poetico nel suo suggerire un qualcosa di più di una semplice avventura. Il cambio dell’atteggiamento nei confronti della fanbase, però, è quello che mi sembra più evidente e, se vogliamo, il passo avanti rispetto all’anno scorso: il ritorno di Resident Evil, in una versione alla P.T. che strizza l’occhio alla VR, e di Crash Bandicoot, dopo il tanto atteso accordo con Activision, non sono stati buttati in pasto al delirio della massa con facile populismo, ma rivelati secondo una logica di comunicazione molto più efficace, diretta e ben incastrata con il discorso generale. In questo, secondo me, sono da apprezzare anche i reveal delle esclusive di Call of Duty e il trailer esteso Final Fantasy XV: tanto gameplay, montaggi serrati, e la capacità di incuriosire i fan.
PLAYSTATION NEO? NO, VR
L’annuncio di Playstation Neo, High End, o 4K non c’è stato, come previsto. Dopo aver visto i trailer dei giochi verrebbe da dire che Sony non ne ha bisogno, che ha bluffato per costringere Microsoft alla corsa e gestire le cose con calma. Una mossa da pokerista interessante, che potrebbe anche essere quasi subdola, visto che data la solita ombra grigia sulle date di diversi progetti non esclude, di fatto, che alcuni di essi saranno i portabandiera della prossima console. Se, dunque, la mano di Sony si è rivelata a dir poco sorprendente, lo è stata ancora di più se pensiamo alla VR. Poche ore prima della conferenza del colosso nipponico c’è stato il momento abbastanza difficile di Ubiosft, con i suoi due progetti VR non esattamente allo stato dell’arte. Ecco, al contrario, la VR di Sony sembra quella con i giochi più pronti, quella che ti fa venir voglia di giocare, quella che promette esperienze concrete e divertenti e non solo cose potenziali. Nel presentare la VR Sony rinuncia anche alla sua poetica dell’indefinito e della suggestione, e diventa concreta, tagliente, aggressiva, come il prezzo “contenuto” del visore, 399$. A giudicare dalle VR Mission di Star Wars e da Farpoint verrebbe quasi da chiedersi com’è possibile tutto ciò a livello hardware, eppure ci siamo, perché il 13 ottobre è vicino, e di qui a fine anno sono ben 50 i progetti VR che verranno pubblicati.
LA CONFERENZA PERFETTA?
Messa così, sembrerebbe che Sony abbia di nuovo sbancato Los Angeles. Usciti dallo Shrine si è un po’ tutti presi bene, circolano commenti entusiastici ed è naturale essere genuinamente impressionati. In termini di spettacolo è vero, Sony ha realizzato una delle conferenze migliori della storia dell’E3 ed è splendido uscire da un evento del genere e farsi domande sulla natura dei giochi, sui temi proposti, sul significato delle immagini. A pelle, dunque, Sony ha sbancato, ed è indubbio che la sua conferenza E3 possa far scuola. Ma occhio a prendere come oro colato tutto quello mostrato dall’azienda nipponica.
per l’ennesimo anno il colosso nipponico basa tutto sulle promesse più che sulle certezze
Insomma, comunicativamente Sony è riuscita nell’intento di sorprendere e ribadire la sua forza produttiva e la sua capacità di confezionare emozioni. Tutto bellissimo e complimenti dovuti, ma, ironie del momento a parte, per l’ennesimo anno il colosso nipponico basa tutto sulle promesse più che sulle certezze. Da questo punto di vista, nel diretto confronto con Microsoft, la sfida eterna mi sembra più viva che mai: da un lato la visione e la suggestione, dall’altro la concretezza dell’hic et nunc, meno spettacolare, ma forse più immediato. Quello che è certo, però, è che dopo un avvio in sordina, l’E3 2016 può iniziare alla grandissima.