Dopo aver lasciato spazio alla VR Machine e alla Time Machine Online, rieccoci all’appuntamento con la nuova versione, leggera e veloce, della Mobile Machine. Al secondo appuntamento è finalmente arrivato il momento di parlare di Fire Emblem Heroes, ma per farlo ho chiamato uno che ne sa più di me, dato che – ammetto il mio difetto – il titolo di Nintendo è durato sul mio smartphone il tempo del tutorial, per questo motivo, vi lascio per un duemila caratteri nelle mani paciose del buon Danilo Dellafrana.
Fire Emblem Heroes
A cura di Danilo Dellafrana
Fire Emblem Heroes è un gioco che si basa su equilibri non sempre stabili. Intelligent System ha svolto un egregio lavoro nel ridurre a misura di smartphone le battaglie campali della serie principale senza snaturarne eccessivamente i punti di forza, ma i compromessi potrebbero indispettire i fan più duri e puri. Fire Emblem, quello vero, richiede una dedizione di ben altro tipo per scongiurare il permadeath delle truppe amorevolmente sviluppate, uno spauracchio qui assente. Non solo le unità sconfitte saranno nuovamente disponibili tra una battaglia e l’altra, ma il livello di difficoltà è tarato verso il basso in un’avventura dalla trama banale, messa assieme per giustificare il crossover tra gli eroi della serie, vera ragione d’esistere della produzione. La grande reunion passa però attraverso le sfere, vera e propria valuta con cui ottenere guerrieri e ricaricare l’energia, indispensabile per affrontare gli scontri e continuare a giocare. Se inizialmente le sfere riempiranno le nostre tasche, completando la storia tenderanno a scarseggiare, costringendoci ad affrontare i livelli di difficoltà avanzati che, per chiudere il cerchio, richiederanno più energia tra una missione e l’altra. Questo rende Fire Emblem Heroes discretamente interessante sulle prime, grazie al fattore fan service, ma il desiderio di andare avanti precipita considerevolmente al termine dell’avventura, quando sfere e altre risorse scarseggeranno e il negozio in-game lancerà occhiate languide all’indirizzo del nostro portafogli. La vera seccatura è però la modalità per ottenere i guerrieri, estratti a caso in cambio di cinque sfere e soggetti ai capricci della sorte. Quelli a cinque stelle passeranno come un bulldozer sulle altre unità, mandando definitivamente in malora la già bassa difficoltà, mentre giocatori meno fortunati si inalbereranno non poco a furia di pescare brocchi, destinati a prendere sonore sberle nella modalità multigiocatore da unità che amerete odiare come Takumi. Fire Emblem Heroes non è male per ammazzare qualche minuto facendo la fila alle Poste, ma avrei preferito pagare un’ipotetica versione “tutto compreso”, senza il bisogno di attendere la rigenerazione dell’energia e con un sistema di sblocco dei personaggi più tradizionale, magari legato all’esperienza acquisita. Se desiderate giocare a Fire Emblem per strada, insomma, farei spazio nella borsa per il buon vecchio 3DS.
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After the End: Forsaken Destiny
After the End è il primo titolo della “doppietta” targata Nexon Mobile di questo appuntamento. Il puzzle game della software house californiana ha inizialmente il difetto di sembrare estremamente derivativo: il colpo d’occhio è quello inconfondibile di Journey di thatgamecompany, ed è chiaro da subito che in termini di gameplay la fonte di ispirazione principale sia Monument Valley di Ustwo, a mio avviso uno dei migliori titoli mobile di tutti i tempi. La dipendenza formale ed estetica, però, non impedisce ad After the End di ritagliarsi il suo spazio nel cuore dei videogiocatori con la sua personalità: intanto, il muoversi liberamente in uno spazio tridimensionale sdogana un po’ il ruolo della rotazione della visuale dalle dinamiche già viste non solo nel titolo di Ustwo, ma anche in Echochrome, e tutto sommato l’aggiunta di leve da attivare ed enigmi ambientali gustosi rendono comunque l’esperienza ricca e piacevole. Allo stesso modo, l’impostazione narrativa leggera, ma basata sul rapporto padre-figlio, oltre a mantenere alta la motivazione del giocatore riesce a introdurre la meccanica più peculiare, ovvero la necessità, in alcuni passaggi del gioco, di “sdoppiarsi” per permettere la risoluzione di alcuni enigmi. All’inizio è straniante e capire bene come cavarsela nelle diverse situazioni non è sempre facilissimo, ma livello dopo livello After the End diventa uno di quei giochi che, pur frustranti e infami nel loro farti sentire un po’ scemo per non trovare la soluzione a un enigma, spingono ad andare sempre avanti. Il merito è anche di una cornice tecnica abbastanza ispirata, che necessita però di un dispositivo di fascia medio-alta per girare al meglio. Per questo motivo, ma anche per evitare di gravare enormemente sul consumo batteria, è possibile impostare la qualità grafica dal menu delle impostazioni. Molto gradita, infine, anche la regolazione dell’area sensibile del pad virtuale, che può risultare un po’ ruvido coi settaggi standard. D’altronde sono anche questi dettagli a far fare il salto di qualità a un titolo per smartphone, e After the End si dimostra una manciata di step sopra la massa di shovelware presenti negli store digitali.
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Evil Factory
Il secondo gioco di Nexon Mobile di questa settimana è di tutt’altra natura, e anche in questo caso in quel di Emeryville si dimostrano dei fini conoscitori del mercato. In termini di look e presentazione, infatti, siamo dalle parti dei prodotti Revolver Digital, con un revanscismo 8-bit stilosissimo e graffiante, che coinvolge sia il comparto visivo che sonoro della produzione, la quale si fregia delle musiche originali di Kuabee, artista finlandese. Al di là dell’aspetto estetico, anche in termini di sostanza ci troviamo davanti a un titolo old school che potrebbe essere uscito dall’etichetta punk del gaming: nei panni di Leo, un agente speciale dell’Alleanza Internazionale, dobbiamo fermare il gruppo terroristico Kraken che vuole dominare il mondo. Da soli, ovviamente, e armati inizialmente solo di qualche candelotto di dinamite e un lanciafiamme che dura qualche secondo a livello, perché sapete, i tagli al budget… Insomma, avrete capito che Evil Factory è fuori di testa, e i dialoghi tra un livello e l’altro con la nostra operatrice non fanno altro che confermarlo. Anche in termini di gameplay il titolo Nexon non è poi tanto usuale e si configura come una serie di boss battle di varia natura, in cui dobbiamo muoverci in un unico ambiente relativamente piccolo, schivando come gli ossessi ogni colpo dei cattivissimi nemici, che sono tutti in grado di one-shottarci brutalmente. A nostro vantaggio abbiamo la possibilità di rallentare il tempo staccando il pollice dallo schermo, ma nonostante ciò, Evil Factory è un titolo che mette a durissima prova riflessi e nervi, e purtroppo, nonostante sia gratuito, gioca sulla sua difficoltà e sul fatto di essere estremamente incline al creare dipendenza per proporci diversi acquisti in-app, tra cui quello della benzina, che sostanzialmente ci dà “crediti” extra per tentativi supplementari. Certo, la benzina si carica anche da sola e, dopo averla esaurita, basterà semplicemente tenere in tasca il cellulare per un po’, però è chiaro che per comprendere il ritmo di attacco di alcuni boss c’è bisogno di un discreto trial and error, se non altro per grindare gli upgrade necessari, e dunque preparatevi a soffrire per aver finito la benzina proprio quella volta che al pollo gigante assassino (ehm… sì) gli è rimasto un pixel di vita. Certo, l’esborso da pagare per il carburante illimitato è di 1,99 €, che potrebbe essere dunque considerato il vero prezzo del gioco, tra l’altro più che giusto per la mole di divertimento in grado di offrire.
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Hardway
Eccola qua la droga del mese, arrivata negli store l’altro ieri e subito prepotentemente installata sul mio smartphone. Ideale per i giocatori che si scimmiano facilmente (Ciao keiser, dico a te!), Hardway è l’ennesima variazione sul tema degli endless-qualcosa. Nel senso che qui non si corre, o meglio, a farlo non è un personaggio ma una semplice macchinina e noi, per una volta, invece di evitare ostacoli, dobbiamo costruire strade in tempo di record per permettere alla vettura di passare da un’isola all’altra di un percorso senza fine. Per piazzare le strade basta tenere premuto lo schermo in una delle due metà longitudinali, in maniera da far ruotare in quella direzione un pezzo di asfalto da costruire, rilasciando il pollice al momento giusto. Facile a dirsi, un po’ meno a farsi man mano che le isole si fanno sempre più piccole e vicine tra loro, e ancora più difficile avere il sangue freddo per accorgersi se ci sono ostacoli nel mare che impediscono di far ruotare il pezzo da uno dei due lati, dinamica fondamentale visto e considerato che non si ha possibilità di errore e si condanna la povera vettura a una drammatica fine al primo sbaglio. Hardway è un titolo immediato ma non banale, e il mix di sfida e accessibilità lo rende il passatempo perfetto per brevi partite alla ricerca del record. Poi, chiaramente, in pieno stile Crossy Road e affini è possibile sbloccare elementi di personalizzazione come macchinine più simpatiche, oppure investire 0,99 € per rimuovere le (neanche troppo) fastidiose pubblicità in giro, ma a dire il vero non se ne sente proprio il bisogno.
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MUL.MASH.TAB.BA.GAL.GAL
Dai creatori di The Executive (ovvero Riverman Media), uno dei titoli più originali del gaming mobile, arriva un altro gioco destinato a diventare un classico. Già il nome impronunciabile e clamorosamente anti ricerca e anti-SEO dovrebbe suggerirvi quanto non stiano bene in quel di Tucson, ma il fatto che per giocare a MUL.MASH. dovrete imparare a dissociare completamente i pollici e anche il cervello ve ne dà un’ulteriore conferma. L’idea alla base è quella di una fusione di Pong e Arkanoid in chiave oceano primordiale, dove si controllano due palette respingenti e si provano ad abbattere minacciosi organismi biomeccanici facendogli delicatamente rimbalzare una o più palline contro. Concettualmente semplice, il fatto che però i bersagli siano in movimento, seguendo in base alla tipologia un passo diverso e che una volta raggiunto il bordo superiore dello schermo infliggano dei danni, rende la faccenda più complessa. La possibilità, nonché la necessità, di velocizzare e moltiplicare le palline per abbattere i nemici più velocemente e salvare il nostro oceano primordiale dall’invasione trasforma definitivamente il gioco in un difficilissimo puzzle game fatto di tempismo, riflessi e colpo d’occhio. Per fortuna, morendo sempre più drammaticamente si riescono a sbloccare bonus interessanti come palette supplementari dai poteri speciali, e c’è anche da dire che producendosi in spettacolari ricochet combo (no, non si chiamano così, ma mi piaceva dirlo) si guadagnano preziosissimi power-up in grado di incrementare la potenza devastatrice delle palline. Tra un livello e l’altro, infine, è possibile comprare con i gettoni raccolti durante la partita anche miglioramenti di varia natura. Il sistema di controllo è facile e preciso, e d’altronde richiede “solo” di muovere con i pollici le due palette, ma come qualunque giocatore di Pong o Arkanoid sa bene, non è tanto riuscire a seguire il movimento di una piccola sfera il problema, quanto essere sufficientemente bravi ad anticipare il rimbalzo per farsi trovare pronti a mirare esattamente dove ci serve colpire. Per fortuna un minimo di aiuto il gioco lo offre, ma in ogni caso resistere più di una manciata livelli non è cosa da poco, e va benissimo così.
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