The Drifter – Recensione

PC Switch

Apri porta. Usa computer. “Non posso giocare al computer prima di aver sistemato il garage con mia moglie”. Usa mazza da baseball elettrificata irta di chiodi avvelenati con moglie. Usa computer. “Giocherò a The Drifter”. Da quando l’ho provato, ragiono come in un adventure.

Sviluppatore / Publisher: Powerhoof, Dave Lloyd / Powerhoof Prezzo: ND Localizzazione: Assente Multiplayer: Assente PEGI: ND Disponibile su: PC (Steam) Data di uscita: già disponibile

Se escludiamo le produzioni semi-amatoriali per retrocomputer, scodellate a buon ritmo su itch.io, non giocavo a un’Avventura con la A maiuscola dai tempi di Return to Monkey Island. Il che, tutto sommato, è comprensibile: parliamo di un genere oramai di nicchia, tecnicamente abbordabile ma che esige storytelling di livello, puzzle intelligenti, direzione artistica curata e spalle larghe per incassare i confronti dei nostalgici con i Giochi di Una Volta. Ingredienti che solo un mezzo matto come Ron Gilbert sembrava ancora in grado di mescolare senza far esplodere il laboratorio. O almeno, così pensavo. Perché, come spesso accade nei migliori thriller, la minaccia – o in questo caso, la sorpresa – arriva da dove meno te l’aspetti.

E così, nell’assolata Melbourne, un duo altrettanto fuori di testa stava segretamente lavorando a The Drifter, thriller pulp adventure che potrebbe rilanciare il genere, o quantomeno dimostrare che è in grado di appassionare il pubblico anche nel 2025, a quasi quarant’anni dalla creazione dello SCUMM. E già che siamo in tema di strumenti di sviluppo, sappiate che Dave e Barney, gli autori del gioco, hanno realizzato anche PowerQuest, potente estensione di Unity per creare avventure 2D punta e clicca. Quanto potente? Abbastanza da portare sugli scaffali almeno ottanta giochi oltre a The Drifter stesso, dunque decisamente interessante. Potete scaricarla gratuitamente dalla loro pagina itch.io e chissà, magari un giorno finire sotto le mie grinfie con le vostre creazioni. Ora, però, concentriamoci sulla vittima di questa recensione.

THE DRIFTER, QUANDO IL FUNERALE DI MAMMA È L’EVENTO PIÙ PIACEVOLE DELLA GIORNATA

In The Drifter vestiamo i cenci esausti di Mick Carter, uomo dal passato travagliato e di poche parole, che non vede il sapone da quando l’Italia ha vinto i mondiali di calcio. In occasione della perdita della madre, deve far ritorno nella sua città natale per incontrare la sorella al funerale, e così eccolo fare il portoghese nel vagone di un treno merci assieme a un altro sventurato come lui.

The Drifter

E io che volevo solo andare al funerale di mia madre.

Il piano è semplice: rendersi in qualche modo presentabile, abbracciare parenti random e tagliare la corda il più rapidamente possibile. Invece, prima ancora di metter piede sulla banchina, assiste al brutale omicidio del suo compagno di viaggio da parte di una misteriosa milizia. In qualità di scomodo testimone, viene catturato, affogato in un bacino idrico e dato – giustamente – per morto.

The Drifter offre enigmi logici, ben integrati e mai frustranti. il gameplay scorre naturale

Pare però che nemmeno gli inferi vogliano Mick, dato che ogni volta che il nostro eroe ci lascia le penne, torna in vita riavvolgendo il tempo a pochi istanti prima della tragedia, consapevole di ciò che gli è accaduto e che sta per ripetersi. Un elegante stratagemma narrativo che evita ai giocatori il caricamento dell’ultimo salvataggio, e al contempo alimenta trama e gameplay: il redivivo Mick, dopo vari decessi nella medesima situazione, inizierà a elargire velati suggerimenti per evitare di schiattare nuovamente.

The Drifter

Le icone in basso indicano i vari argomenti di discussione.

Tornati in qualche modo all’asciutto, verremo a conoscenza di una cospirazione per rapire i senzatetto, finiremo in prima pagina di tutti i quotidiani accusati ingiustamente di omicidio, incontreremo nostro figlio venuto a mancare molti anni addietro e vivremo in un crescendo di follia degno dalla mente del miglior John Carpenter, con atmosfere che oscillano tra l’incubo esistenziale e il thriller fantascientifico. Il tutto, possibilmente, senza far tardi al funerale di mamma.

MICK CARTER È UN PO’ COME DEXTER MORGAN

Sapete cosa ho sempre apprezzato della serie TV Dexter? La contrapposizione tra ciò che il protagonista dice e ciò che pensa. È proprio quella dissonanza tra facciata pubblica e voce interiore a renderlo più inquietante dei serial killer che insegue. The Drifter utilizza una tecnica simile: Mick Carter è sia voce narrante, che colora gli eventi con tono stanco e cinico, sia attore principale, coinvolto direttamente nell’azione.

The Drifter

Con le opzioni di accessibilità, è possibile evidenziare tutti gli hot spot. Vietato abusare!

Il sistema di dialogo si allontana dalle risposte multiple, sostituite con icone che rappresentano gli argomenti da affrontare. Sta a noi decidere in quale ordine trattarli per portare l’interlocutore a rivelare l’informazione giusta e sbloccare nuove opzioni.

Pixel art dall’eccellente palette e doppiaggio di alto livello rendono il gioco una meraviglia per i sensi

Nonostante le ambientazioni siano numerose e vaste, gli enigmi non disorientano mai: The Drifter ha l’intelligenza di mantenere le situazioni ben circoscritte, così da evitare soluzioni di brute force “vai dappertutto e clicca tutto con tutto” che hanno afflitto tante avventure classiche. Ogni problema ha la sua logica e il suo contesto, non corriamo il rischio di rimanere bloccati perché manca un oggetto che avremmo dovuto raccogliere un’ora prima, e nelle sequenze più concitate tutto si svolge all’interno di un’unica schermata, in stile escape room. Vi sono varie piste false, le famose Red Herring che ogni avventuriero ha imparato a evitare, e spesso pare proprio che gli sviluppatori abbiano previsto le nostre mosse proprio per spedirci in un vicolo cieco, costringendoci a cambiare approccio.

PIXEL ART E DOPPIAGGIO SUPER

Quale miglior tecnica per illustrare la storia di The Drifter, se non la pixel art? Lungi da me fomentare nuovamente la polemica per lo stile di Return to Monkey Island, ma Powerhoof ha creato un capolavoro grafico con palette cupa e desaturata senza rinunciare al dettaglio.

The Drifter

Un Mick Carter veneto l’avrebbe detto in un altro modo, ma il senso rimane quello.

C’è un minimo di pixel hunting, ma è sufficiente scandagliare velocemente la zona con il mouse per veder cambiare il puntatore individuando subito gli hot spot e le azioni consentite. Per finire, il doppiaggio è di estrema qualità, con la voce roca e quasi gutturale di Mick che ricorda quella di Ben, protagonista di Full Throttle; ora che ci penso, anche il look non si discosta molto. Questo tuttavia è l’unico accostamento che voglio fare con i Giochi di Una Volta: The Drifter è un capolavoro moderno che merita un posto tutto per sé, senza bisogno di tirare in ballo vecchie glorie.

In Breve: The Drifter è un’avventura punta e clicca in pixel art che segna un ritorno convincente del genere, con uno stile narrativo moderno e incalzante. Creato in Unity con l’estensione PowerQuest, realizzata dallo stesso team di sviluppo, offre ambienti cupi e dettagliati, dialoghi gestiti tramite icone tematiche e ritmo narrativo serrato, senza momenti morti. Gli enigmi sono logici, mai dispersivi, spesso racchiusi in singole schermate in stile escape room. Doppiaggio eccellente e voce narrante cinica completano un’esperienza che dimostra come le avventure possano ancora dire molto, se realizzate da mani sapienti.

Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: AMD Ryzen 9 6900HS, 16GB RAM, GeForce RTX 3080, SSD
Com’è, Come Gira: Nessuna incertezza tecnica. Configurando le opzioni per l’accessibilità, è possibile giocare con gli hot spot evidenziati.

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Pro

  • Il ritorno degli adventure! / Comparto artistico di ottimo livello / Enigmi sempre logici

Contro

  • Un po’ troppo facile (aspetta, è un difetto?)
8.7

Più che buono

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