Pixel Ripped 1978 – Recensione

PC PS5 VR

Il cinquantenario di Atari pare non finire mai con Pixel Ripped 1978. Tempo di tornare indietro nel tempo, anche nel 2023.

Sviluppatore / Publisher: ARVORE / Atari Prezzo: ND Localizzazione: Assente Multiplayer: Assente PEGI: 16 Disponibile su: PSVR2, Meta Quest 2, Steam Data di uscita: 15 giugno

Pixel Ripped 1978 ha un pessimo tempismo, presentandosi sul mercato qualche mese dopo la grande festa per i cinquant’anni di Atari, trovando solo gli inservienti che puliscono il pavimento e l’aranciata sgasata ad attenderlo. Fosse uscito l’anno scorso sarebbe stato accolto in un tripudio di hype, ma questo non dovrebbe dissuadervi dal dargli una possibilità, perché si tratta di un’esperienza davvero originale. Anche per gli standard della serie Pixel Ripped, solitamente da giocare con il visore VR impostato in modalità nostalgia.

L’eroina digitale Dot, infatti, non è nuova a viaggi nel tempo in cui il giocatore viene immerso nell’ovattata cornice temporale che rende tanto cari i ricordi legati ai bei vecchi giochi di una volta. Mettere la nostra abilità da videogiocatori al servizio di una sosia di Samus Aran per sventare le macchinazioni di un bizzarro goblin, da giovani e durante le vacanze estive: una prospettiva in cui c’è tutto quello che mi piace. Pixel Ripped 1978 alza però la posta, dato che l’alleato in carne e ossa designato da Dot non sarà un ragazzino smanettone di passaggio, bensì la sua stessa creatrice, una brillante game designer in erba al servizio della leggendaria Atari. Si dà il caso che il verde Cyblin Lord abbia concepito il piano perfetto: tornare indietro nel momento della genesi della sua arcinemica e soffiarle il ruolo di protagonista, risolvendo in questo modo tutti i futuri problemi. Dot non è d’accordo e sfugge dal suo idilliaco mondo blocchettoso nel momento in cui le azioni del cattivo iniziano a far collassare la realtà, viaggiando nel tempo per conoscere la sua creatrice attraverso diverse epoche e aiutarla a riscrivere correttamente la storia.

MA COSA SI FA, IN PIXEL RIPPED 1978?

Convincere un appassionato di realtà virtuale del potenziale di Pixel Ripped 1978 non è semplicissimo: lui magari si aspetta visionari mondi da esplorare liberamente, mentre Bug resterà sempre nel suo cubicolo a lavorare su una serie di cartucce liberamente ispirata a vecchi successi Atari, collaudando la creazione di turno dopo aver afferrato il fido joystick per seguire l’azione su un vecchio CRT da prendere ovviamente a ceffoni in caso di interferenze, un po’ come faceva mio nonno.

Convincere un appassionato di realtà virtuale del potenziale di Pixel Ripped 1978 non è semplicissimo

La cosa onestamente non migliora più di tanto quando i limiti dei giochi testati la porteranno a sostare su appositi portali e dare il cambio a Dot, entrando letteralmente nel titolo su cui sta lavorando: nei suoi panni binari potremo muoverci più o meno liberamente in uno scenario ben più colorato a metà strada tra Minecraft e il misconosciuto 3D Dot Games Heroes, per dare una mano direttamente a personaggi come Fast Freddie (che tecnicamente non è farina del sacco di Atari, ma va bene lo stesso) e il Bentley Bear di Crystal Castles.

Pixel Ripped 1978

Il buon vecchio Bentley Bear.

Un drago è volato via afferrando un pezzo di ponte mentre eravate intenti a fondere il joystick sul VCS? Basta entrare nel codice, fare secco il lucertolone e tornare alla scrivania di Bug per continuare a giocare, sicuri che una nuova strada sarà stata aperta. Solo che anche qui l’azione non appare particolarmente stimolante, con i combattimenti contro i cubettosi nemici destinati a divenire sin dalle prime battute poco più che trascurabili seccature, mentre l’esplorazione assolutamente lineare viene solo raramente ravvivata da una limitata serie di poteri con cui rivelare l’accesso a nuove aree in cui intascare collezionabili.

ATARI RENDE TUTTO PIÙ BELLO!

Quello che eleva Pixel Ripped 1978 è però l’efficace atmosfera, che filtra le leggende che circolano attorno alla mitica sede di Sunnyvale attraverso massicce dosi di umorismo, una dote che la serie ha mostrato di maneggiare in passato con grande dovizia. Bug verrà costantemente infastidita da colleghi esuberanti o dal telefono, una serie di grattacapi con cui convivere se vorrà evitare che – ad esempio – il lancio sbadato di un pallone da football colpisca il fido VCS interrompendo la partita in corso, costringendola a inserire nuovamente la cartuccia e accendere la console.

Pixel Ripped 1978 va giudicato per l’atmosfera riuscita, a metà tra satira e testimonianza storica

A volte la sua migliore amica le sottoporrà classici come Centipede o Food Fight, corrotti da una serie di problemi che andranno eliminati dentro e fuori il gioco, letteralmente prendendo a sberle i bug che fuoriescono dallo schermo per ottenere come ricompensa innovative meraviglie tecnologiche quali joystick a doppio pulsante (per il VCS? Eresia!) o funzioni inedite, da riversare all’occorrenza nella cartuccia di sviluppo inserendo i floppy disk contenenti le nuove routine nel drive del fido Atari 400.

Una normale sessione di debug alla corte di Atari.

Funziona tutto molto bene, creando un esilarante senso di cameratismo dove parodia e genuina emozione lavorano in tandem: in una delle “epoche” prese di mira da Cyblin Lord ci troveremo addirittura a scoprire l’infanzia della futura sviluppatrice, a tu per tu con un fratello sconsolato e il papà orgoglioso della creatività della piccola, il tutto sullo sfondo della più epica partita a Breakout di sempre!

Funziona tutto molto bene, creando un esilarante senso di cameratismo dove parodia e genuina emozione lavorano in tandem

È l’affascinante contesto a donare sapore a un’avventura altrimenti piuttosto piatta, giacché i titoli giocati da Bug rispecchiano la semplicità della produzione di quegli anni: quelli con cui ha a che fare al lavoro sono prevalentemente giochi di piattaforme immediati ma allo stesso tempo dozzinali, mentre – come già detto – le incursioni nel codice sono parentesi troppo banali e piatte per risultare interessanti, al netto del fan service. Un gioco che va giudicato per l’atmosfera riuscita, a metà tra satira e testimonianza storica, mentre l’aspetto ludico inizialmente basilare viene costantemente arricchito da una buona varietà di situazioni e trovate.

In Breve: Pixel Ripped 1978 dura meno di dieci ore e non è particolarmente memorabile da giocare, tuttavia l’umorismo azzeccatissimo, l’abbondanza di esilaranti trovate e la sensazione di trovarsi a Sunnyvale durante quegli anni tanto pionieristici riescono a confezionare un contesto tale da rendere il gioco appetibile a chiunque sia interessato alla storia di Atari e abbia voglia di farsi qualche sana risata di gusto. Complessivamente è un gioco superiore alla somma delle sue parti.

Piattaforma di Prova: PSVR2
Com’è, Come Gira: Non è certo questo il gioco che metterà sotto torchio la nuova generazione di visori VR SONY e, anzi, credo che la sua semplicità lo renda un candidato ideale anche per il non più giovane Meta Quest 2.

 

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Pro

  • Una piacevole lettera d'amore nei confronti di quegli anni / umorismo sempre presente e piacevole / una marea di trovate che mantengono costantemente alto l'interesse

Contro

  • Le sequenze nei panni di Dot sono dimenticabili / ludicamente parlando non brilla particolarmente
8

Più che buono

Il retrogamer della redazione, capace di balzare da un Game & Watch a un Neo Geo in un batter di ciglio, come se fosse una cosa del tutto normale. Questo non significa che non ami trastullarsi anche con giochi più moderni, ma è innegabile come le sue mani pacioccose vibrino più gaudenti toccando una croce digitale che una levetta analogica.

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