Giocare nuovamente a Splinter Cell ha riportato alla memoria ricordi assai piacevoli, legati alla fantapolitica di Tom Clancy, alle goliardiche news in breve degli onnipresenti telegiornali trasmessi tra una missione e l’altra e, ovviamente, al sempre favorito gameplay stealth, quantunque non purissimo, considerate le frequenti sparatorie a cui siamo chiamati in spazi ristretti o alla luce del giorno. Soprattutto, è un piacere assistere alle movenze dell’agente speciale che ha il volto ruvido e la voce profonda dell’attore Michael Ironside.
Sam Fisher, nomen non omen (vedremo dopo il perché), già nel 2002, vantava animazioni scheletriche d’eccellenza: in grado di accucciarsi, ripiegarsi su se stesso se appeso a una fune tesa, saltare e accompagnare la caduta, issarsi a gambe divaricate tra due pareti ravvicinate, strisciare tra le medesime, capace di fare rappeling lungo un muro agganciato ad un comignolo, di penzolare dai cornicioni, di scivolare lungo una tubatura o aggrappato ai montanti di una scala, Sam è sicuramente uno degli avatar dotati di maggior scioltezza mai comparsi nei videogiochi.
mi fanno “pena” e “schifo” quegli avatar che non riescono a staccarsi dalla mappa di gioco a causa della mancata implementazione del salto
Ecco, quasi paradossalmente, Sam Fisher (fisher = pescatore) non sa nuotare: l’ho sperimentato nella mappa della piattaforma petrolifera, poiché la “strada” delle acque, per un momento, mi era sembrata la migliore via d’approccio, salvo il veder comparire, in seguito al contatto con il letale fluido, la scritta cremisi “mission failed”. Una mancanza di poco conto se paragonata a tutte le altre mosse a disposizione del nostro, perché credo che un avatar sano aiuti ad appagare completamente il raffinatissimo desiderio di fruire al meglio il mondo di gioco.