Ciao, io ci gioco su Netflix, e tu?

Storie interattive su Netlix

Come sempre più spesso accade, le notizie più chiacchierate non fai in tempo a leggerle che ti arrivano, in una qualche forma più o meno deformata, sulla bacheca di Facebook, anche quando si tratta di roba che, nel bene o nel male, fa parte della cerchia delle news in cui dovresti imbatterti per lavoro. Il fatto in questione è l’arrivo, su Netflix, di alcune serie interattive. Si tratta di prodotti dedicati ai più piccoli (il primo esperimento vedrà come protagonista il gatto con gli stivali di Shrek) e sostanzialmente saranno la versione animata dei libri “choose your own story”, le favole ad albero dove attraverso una serie di snodi alternativi si va da una pagina all’altra, fino a raggiungere uno dei possibili finali. Ne ricordo distintamente tanti di Disney nella mia infanzia, ed erano il preludio in forma di storie della buonanotte a quelli che sarebbe stato poi il periodo meraviglioso dei libri game.

Che Netflix stesse lavorando a una soluzione del genere lo si sospettava da mesi. Sarà qualcosa che inizialmente potrà essere provato solo tramite mobile e smart TV; Reed Hastings, il CEO della piattaforma di streaming, ha dichiarato che al momento non sono neanche in programma esperimenti in live action, comprensibilmente, tra l’altro, visto che i costi di produzione di una soluzione del genere sulle serie TV sarebbero un tantino alti da sostenere al buio. Certo, questo non vuol dire che in futuro non possa essere un’opzione, e capisco anche che sia un’idea suggestiva. Eppure, è divertente il fatto che io sia venuto a sapere della notizia proprio tramite la speculazione sugli scenari futuri: in pratica il mio flusso social, per buona parte, si divideva tra chi “Netflix crea le serie TV interattive sullo stile di Telltale Games” e chi “non chiamateli videogiochi”, nel solito processo di semplificazione e polarizzazione delle notizie che funziona un po’ da telefono senza filo. Al netto di qualche amico che ha tirato fuori il sempre bellissimo Sensualità a Corte, che aveva ironizzato sull’interattività delle serie un bel po’ di anni fa con le sgangherate avventure di Jean Claude, mi è sembrata una discussione abbastanza utopica, per quanto anche interessante per certi versi.

narrazione interattiva su Netlix

L’idea che l’interattività possa essere la cifra attuale dei prodotti di intrattenimento per le nuove generazioni è segno di un cambio radicale

È chiaro, l’idea dell’interazione nei prodotti televisivi è affascinante, e semplicisticamente l’associazione interattività-videogioco è abbastanza immediata, per cui è ovviamente utilizzabile per fare buzz. Peraltro, tutto sommato, vedo che l’operazione è riuscita, dato che la discussione è partita inevitabilmente, e pure io ci sto scrivendo su. Non mi scandalizzo del paragone, eppure è chiaro che no, non c’è nessun ragionamento di game design alla base di un prodotto televisivo a scelta multipla: c’è qualcosa del game show a là Lion Trophy Show, semmai, ma di base è la versione su schermo dei libri di cui parlavo in apertura del pezzo, né più né meno. Neanche i libri game sono da tirare in ballo, perché ciò che rendeva i game book dei veri e propri giochi non era tanto la branching narrative in sé per sé, quanto il sistema di regole e simil-RPG che reggeva l’impalcatura della storia. Insomma, si giocava più nei combattimenti che non nel scegliere se entrare nel dungeon o aggirarlo per la strada più lunga e, idealmente, più sicura. Questo, però, non vuol dire neanche che l’arrivo di un prodotto interattivo su una piattaforma come Netflix sia trascurabile, più per un fatto di linguaggio che di formula.

L’idea che l’interattività possa essere la cifra attuale dei prodotti di intrattenimento, soprattutto associati alle nuove generazioni, vuol dire intanto che il cambio di prospettiva sta avvenendo su scala mondiale, e che laddove questa tipologia di prodotti prendesse piede, sempre più scrittori dovranno cimentarsi con l’idea di strutture narrative ad albero, più complesse e in grado comunque di raggiungere un pubblico vasto. Il punto dove voglio arrivare è che se davvero si arrivasse a serie TV interattive o anche serie animate per adulti interattive, i videogiochi potrebbero giovarne di riflesso: intanto per un allargamento ulteriore della fascia di pubblico che si abitua all’interattività con un prodotto di intrattenimento, ma soprattutto perché sarebbe una palestra ottima per scrittori e sceneggiatori, e il rischio sarebbe addirittura di avere storie migliori sulla media e lunga distanza. Certo, si tratta di scenari futuri, e nel dubbio, comunque, non chiamiamo “videogiochi” le serie interattive di Netflix.

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