È capitato, uno dei giorni della scorsa, fredda primavera, che riuscissi a raggiungere la redazione per un dì di duro lavoro, recando meco un’arma segreta in grado di colmare quel gap canonico del dopopranzo quando il Gran Capo cade addormentato – le gambe allungate sulla scrivania, le calze arancione con finiture nere in primo piano – e in cui il Conte impugna l’elegantissimo Switch – anch’esso con finiture nere e arancione (si noti il curioso pendant) – per una partita a The Legend of Zelda: Breath of the Wild… E aveste visto come giocava di gran gusto, il Kikko nostro! In quel momento “mio”, trassi furtivo dalla ventiquattrore una chiavetta su cui avevo preventivamente copiato i file necessari per installare The Witcher 2: Assassins of Kings. In due ore e mezza tiratissime riuscii a godermi il prologo, con tanto di wow factor (per le nudità di Triss, per la grafica stellare, per la potenza del narrato e l’atmosfera del gioco tutto) e imprecazioni esplose inevitabili sui coronamenti di merli, “bagnati” dalla pioggia di fuoco scaturita dalle fauci di un nocivo drago. Improperi che – incauto me! – svegliarono il proverbiale “can che dorme”… ma sono qui a raccontarvelo!
Orbene, per arrivare all’argomento in oggetto, la sospensione dell’incredulità si era già incrinata durante l’incontro col rettile alato (vincolato alle esigenze di una telecamera fissa), in primo luogo per via di quei perniciosi quick time event che non dovrebbero avere dominio in un gioco di ruolo basato sulla crescita del personaggio, e pertanto subito messi in modalità “easy” (ovvero, “Vade retro Satana!”); e poi perché quelle fiamme arancioni, eruttate da un drago nero (!), avevano consumato già tre volte la mia preziosa vita riportandomi alla schermata del menu.
Lo sfregio più grande alla SDI, tuttavia, arrivò allorché riuscii a sbarazzarmi dei primi soldati di La Valette: fu già “divertente” vedere i cadaveri degli uomini d’arme sublimare dopo pochi istanti dal loro trapasso, ma incredibile e inaccettabile – e alquanto ridicolo – fu l’apparire di una scarsella di monete in vece delle loro spoglie! Forse esagero, ma possibile che un titolo tanto evoluto incespichi in maniera così plateale, rivelandosi – drammaticamente – come nulla più che un “semplice” videogioco? Ricordandoci così bruscamente che l’eliminazione dei nemici è soprattutto fonte di preziosissimo loot, croce e delizia dell’avventuriero sempre alla ricerca dell’artefatto +5, The Witcher 2 (quasi) rinnega gli sforzi fatti per mostrarsi come un’opera matura – con una trama degna di tal nome, una presentazione audiovisiva paragonabile ad un blockbuster e un re che parla come fosse un vero re e una compagna-maga saggia e bellissima.
Ricordandoci che l’eliminazione dei nemici è soprattutto fonte di preziosissimo loot, The Witcher 2 (quasi) rinnega gli sforzi fatti per mostrarsi come un’opera matura
Insomma, non sarebbe poi così difficile prendere dei semplici accorgimenti per preservare la SDI, ma sovente i videogiochi non resistono alla tentazione di mostrarsi per ciò che in realtà sono, magari suggerendoci con fastidiosa frequenza che per scalare un dislivello occorre premere la X sul pad. Per tornare a The Witcher 2, vi confesso che mi basta pensare ai bei capelli arancioni di Triss sparsi sull’armatura di pelle nera del mio Geralt per essere disposto a perdonargli tutto!