Saints Row – Provato

Hey amigo, a Santo Ileso funziona così: la Marshall non ti paga abbastanza per mantenere l’ordine, l’affitto ha raggiunto cifre da strozzinaggio pure per una topaia, il carovita, l’inflazione? Diciamo che allora è socialmente accettato arrotondare con qualche attività criminale, che poi, suvvia, “criminale”, diciamo che non si fa altro che assecondare la natura un po’ anarchica di questa provincia arida e assolata nel sud-ovest degli States.

È l’equilibrio naturale dell’habitat di questo Saints Row, dove ormai nessuno ha più freni inibitori, dove la polizia è affiancata (e denigrata) da un esercito paramilitare privato (la Marshall, appunto) e dove le bande criminali, in particolare i Panteros (un mix tra i narcos e le bande di Mad Max) e gli Idols (neo-hippie terroristi usciti da un festival EDM), fanno il bello, il cattivo ma soprattutto l’esplosivo tempo; e nel mezzo di tutto questo casino quattro ragazzi che faticano ad arrivare a fine mese decidono che, perché no, un’altra gang è proprio quello che serve a questa città!

Sviluppatore/Publisher: Deep Silver Volition / Deep Silver Prezzo: 59,99‎€ Localizzazione: Testi Multiplayer: Cooperativo Disponibile Su: PC (Epic Games Store) Xbox One, Xbox Series X/S, PlayStation 4, PlayStation 5, Google Stadia Data di lancio: 23 agosto

9 anni dopo il quarto capitolo della serie e 5 anni dopo il buon Agents of Mayhem (ludicamente più che commercialmente), Deep Silver Volition ha deciso che era ora di tornare a pregare i santi sgranando pallottole piuttosto che rosari, ripartendo senza numerazioni per celebrare quella che vuole essere una vera e propria rinascita (per loro e per la saga) dopo un periodo di crisi. Le prime ore del nuovo Saints Row sono ignoranti come ci si aspetta, grezze, un treno merci carico di tritolo lanciato contro il videogioco d’autore e l’open world moderno, riportando indietro il gameplay a un “cazzeggio” d’altri tempi (ricordato solo da Just Cause e pochi altri).

Dopo un’introduzione che fa capire che le cose, ad un certo punto dell’avventura, si metteranno molto male, eccoci ributtati indietro con un flashback alla prima missione del nostro protagonista (ampiamente personalizzabile nel sesso come nello stile ma con una personalità ben delineata) come matricola della Marshall in un conflitto a fuoco tiratissimo che mette subito in mostra un gunplay “pane e salame”, senza fronzoli, coperture o altre robe che gli sviluppatori ritengono assolutamente inutili: si spara a tutto quello che si muove, si corre, si schiva in rotolata, si salta, si fanno saltare pile di immancabili barili infiammabili e, se qualcuno si avvicina troppo, gli si rifila un calcio in pancia per poi fargli saltare il cervello con un sanguinoso headshot, integrando anche una sorta di “finisher” melee alla Doom 2016, da attivare quanto l’apposita barra è carica, per far partire una sequenza un po’ alla The Raid/John Wick.

nel combattimento non mancano azioni coreografiche dall’indubbia efficacia

Il nostro (anti)eroe si esibirà così in un balletto marziale che culminerà con la spettacolare eliminazione del nemico e una ricarica di energia che aggiunge così un sottilissimo intento strategico agli scontri a fuoco, con altre abilità da sbloccare ad ogni level up che andranno ad arricchire le devastanti possibilità coreografiche nel corso del gioco. Ad esempio durante la prova ho sbloccato una mossa che consiste nel prendere un nemico, agganciargli una granata addosso e rilanciarlo addosso ai suoi compari: vi lascio immaginare il risultato. Pad alla mano è tutto estremamente immediato ma un po’ sporco, con animazioni abbastanza legnose, collisioni non sempre precise e una generale sensazione di “ritorno al passato” contesa tra vecchi piaceri che riaffiorano e nuovi standard qualitativi che si sono imposti in questi anni, con il bisogno di qualche minuto d’ambientamento per entrare nello spirito ludico del gioco. Sembra quasi di tornare ai GTA per PS2.

BENTORNATI SU SAINTS ROW

Ma tornando invece all’introduzione: tanto ritmo, belle gag che sembrano mantenere intatto lo spirito della serie anche a livello di sceneggiatura, ma il vero “effetto Saints Row” arriva di lì a poco, quando ci troveremo aggrappati ad un caccia da combattimento pilotato dal boss dei Nauhalli, ancorato al suolo da un blindato della Marshall sapientemente agganciato dal nostro avatar per rallentarne la fuga. Lì, a mezz’aria, bersagliati dai suoi sgherri, mentre i sussulti dell’aereo ci costringono a cambiare posizione (in modo scriptato), si percepisce che magari non sarà il gioco più raffinato sul mercato (e sicuramente non lo vorrebbe mai essere) ma Volition sa cosa dare in pasto a chi vuole del sano divertimento, magari accompagnato da junk food e birra ghiacciata. Per carità, non sono situazioni inedite, a memoria le ho già vissute nei Pursuit Force per PSP o nei vari Uncharted (c’è proprio una sequenza di shooting/platform tra le prime missioni, dove saltare di auto in auto, che ricorda parecchio il finale de L’Eredità Perduta), ma non sono certo all’ordine del giorno e, soprattutto, qui hanno una vena comica abbastanza spiccata da farli apprezzare come si apprezza un buon B-movie, senza pretese ma spassandosela alla grande, accompagnati da personaggi che da questa prova escono tutti abbastanza scemi, adorabili e caciaroni com’è sacrosanto che sia.

Si potrebbe riassumere Saints Row con quest’immagine, ma le cose sono destinate a diventare molto più folli di così.

Ecco, Saints Row dà proprio l’impressione di essere un B-game per scelta di design, rifiutando certe finezze più per indole che per budget (al netto dei veri e propri inestetismi tecnici di cui sopra) e dando vita ad un sandbox estremamente arcade (con ogni azione che dà punti esperienza come fosse uno score) e denso, pieno di missioni secondarie da mangiare in un sol boccone, tra corse in auto, voli in tuta alare (l’influenza degli ultimi Just Cause si sente), rapine e mille altre attività, sempre con la scusa di fare soldi e crearsi una reputazione per le strade di Santo Ileso.

SANTO ILESO È ABBASTANZA OLD-GEN, MA HA UNA SUA PERSONALITÀ E BUON GUSTO SCENOGRAFICO

Una città di stampo “losangelino” abbastanza old-gen, non particolarmente vivace come quantità di NPC e traffico ma con una sua personalità e un certo gusto scenografico, pronta a diventare la Paradise City ideale per i suoi santi delinquenti; uno spaccato d’America che esalta esponenzialmente e trasforma in gameplay tutti quei problemi atavici della società statunitense, cercando anche di far affiorare la satira dal macello che zampilla fuori dallo schermo. Una metropoli da esplorare soprattutto alla guida di auto e moto, facendo affidamento su un sistema di controllo abbastanza semplice, derapando ad ogni curva e tirando sportellate ad eventuali inseguitori, nella speranza di vederli trasformati in palle di fuoco e rottami contro un muro. Bene le auto, un po’ meno le moto, non particolarmente consistenti.

Quello che più mi ha colpito però è proprio il rapporto ritmo/varietà, con un sacco di situazioni diverse o variazioni sul tema che stimolano la progressione anche solo per vedere cosa si sono inventati di nuovo. A parte le situazioni già descritte mi sono ritrovato a rubare un container dagli Idols agganciandolo all’auto col verricello, usandolo poi per speronare gli inseguitori nella fuga che ne è seguita (una scena decisamente comica), oppure ho visto un tranquillo vernissage trasformarsi in una carneficina quanto i Panteros hanno sfondato l’entrata del museo per rubare degli antichi manufatti (che, come insegna un noto amaro, vanno a tutti i costi portati in salvo); ma questo è nulla rispetto a quando ci si impegna in una frode assicurativa, facendosi investire ripetutamente e inanellando combo in base all’entità delle ferite, praticamente la versione truffaldina della modalità Crash dei Burnout. È proprio questo il potenziale punto di forza dell’intera produzione che andrà poi approfondito in sede di recensione, perché una volta fatta la tara alle mancanze tecniche quello che resta è un gioco esuberante, pieno di roba folle, trovate esilaranti e puro intrattenimento trash-action. Menzione d’onore per la selezione musicale, che al primo tuffo nell’open world accoglie i giocatori con I Left My Wallet in El Segundo degli A Tribe Called Quest e al primo inseguimento con gli sbirri fa partite Sound of da Police di KRS-One, così, per non farsi mancare niente.

Saints Row Provato

Dall’alto Santo Ileso è sicuramente un bel vedere, con alcune architetture assolutamente non banali.

Insomma, questa prova è stata come uno di quei drink da baretto di quartiere, bicchiere di plastica, poco ghiaccio, tanto alcool: una botta strizzabudella che mi ha sinceramente riportato indietro a un modo di fare open world genuino (e a un’epoca in cui andavo ancora in discoteca), dritto al punto, sicuramente imperfetto ma che se ne frega e fa le cose come gli piace fare, puntando tutto sul ritmo e su situazioni che non si vedono spesso in opere più pettinate e patinate. Questo è il regno dei tamarri, degli zanza e degli anarchici compulsivi, questo è Saints Row. Quest’anno ferie a Santo Ileso, dal 23 agosto.

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