Abbiamo avuto modo di provare in anteprima 7th Guest VR, l’adattamento (o forse sarebbe meglio dire il remake) della celebre avventura degli anni ’90. Ci sta lavorando Vertigo Games, veterani del settore con alle spalle titoli come Arizona Sunshine e After the Fall. Non proprio noccioline.
Sviluppatore / Publisher: Vertigo Games / Vertigo Games Prezzo: ND Localizzazione: Testi Multiplayer: Assente PEGI: ND Disponibile su: PSVR2, Meta Quest, Steam VR Data d’uscita: 2023
7th Guest. Lo ricordate, no? Certo, che ve lo ricordate. L’avete spolpato dall’inizio alla fine, giusto? Ma ovvio, lo abbiamo fatto tutti quanti: altrimenti che razza di PC gamer hardcore ormai giunti ai quarant’anni saremmo? Vero?
Be’, sapete che c’è? Vi svelo un segreto, ma tenetevelo per voi altrimenti mi rovinate. Io a 7th Guest non c’ho giocato. E dire che nel 1993 stavo già sotto con la master race, però si vede che in quel periodo giocavo ad altro. Di sicuro, mi ricordo dozzine d’ore passate a robette tipo Doom e Syndicate.
7TH GUEST VR: ADESSO E ALLORA
La premessa è quindi d’obbligo per tutti gli smemorati e per i baldi giovini all’ascolto. Con un flashback torniamo a trent’anni fa, un’epoca in cui dalle autoradio Blaupunkt di tutta Italia rimbombavano DJ come Fargetta e Molella, ma anche gruppi come i Datura e gli Haddaway. Sulla scena PC, si stava consolidando il passaggio da floppy disk al CD-ROM. Nota per i millennial: il floppy disk è l’oggetto fisico che prende la forma dall’icona “save as…”. O forse è il contrario, che dite? A ogni modo, il repentino passaggio da 1.44 MB a 650 MB pone un’inevitabile domanda agli sviluppatori: che ci facciamo con tutto questo spazio? In assenza di hardware capace di gestire modelli poligonali e animazioni fluide, la risposta non può che essere una: il Full Motion Video! Ecco allora che nasce un vero e proprio genere, di cui, appunto, 7th Guest è tra i rappresentanti più celebri, con i suoi personaggi interpretati da attori in carne e ossa e calati nel mondo di gioco senza alcun tipo di esitazione.
Con la lezioncina di storia direi che possiamo fermarci qui, e quindi è il caso che io la smetta di gigioneggiare e inizi piuttosto a raccontarvi la mia esperienza con 7th Guest VR. Iniziamo dicendo che non vuole essere una trasposizione il più fedele possibile, ma piuttosto un adattamento e, per quanto possibile, un ammodernamento del vecchio classico. Con tutto il dovuto rispetto, molto meglio così. L’avventura inizia senza spiegazioni di sorta: siamo su una piccola scialuppa, calata da chissà quale nave, e ci stiamo dirigendo verso il piccolo molo di un’isola del tutto priva di qualsiasi collegamento logistico alla terra ferma. Che poi, dove sia questa terra ferma, neanche si sa. Subito, la sensazione è quella di ritrovarsi isolati, mentre il silenzio e la notte che ci circondano cominciano a mettere il tarlo nel nostro cervello: cosa siamo venuti a fare?
Cosa siamo venuti a fare? Ci siamo ficcati in un guaio a arrivare fin qui? Quali misteri nasconde quest’isola?
UNA LAMPADA PER ILLUMINARLI
La lampada è il primo elemento di gameplay di grande peso con cui avremo a che fare, e oltre a questo posso aggiungere che è semplicemente divertente utilizzarla alla ricerca di elementi intriganti, per esempio per vedere se e come cambiano i dipinti sparsi per la casa, che magari rivelano un aspetto molto più sinistro di quello visibile in maniera superficiale. Curiosità a parte, la lampada permette di comprendere indizi fondamentali per risolvere gli enigmi che affrontiamo, vero cuore dell’esperienza di 7th Guest VR. I ragazzi di Vertigo Games non hanno voluto ricreare i puzzle originali, e a mio modo di vedere è stata una decisione più che saggia: quelli di trent’anni fa erano rompicapo adatti all’epoca, mentre adesso stiamo parlando di una trasposizione alla realtà virtuale, piattaforma che offre opportunità molto diverse. Mi riferisco, fondamentalmente, alla possibilità di calare il giocatore, e di conseguenza gli enigmi, in uno spazio realmente tridimensionale in cui possiamo muoverci.
Farò un esempio: nella versione provata, ho dovuto completare una delle stanze, quella in cui era ospite un mago. Lì, tra le altre cose, c’era una coppia di cappelli magici, uno dei quali era in una gabbia chiusa dall’interno. Grazie al movimento delle mie mani tracciato dai controller, è stato molto semplice fare quello che sarebbe stato pressoché impossibile replicare senza i visori VR: ho preso il cappello libero con una mano, ho infilato l’altra mano dentro al cappello, e così ho visto la mia mano uscire dal cappello nella gabbia, della quale ho potuto con un gesto aprire la chiusura interna. Senza la VR, questo è il tipo di cose che al massimo diventano “premi A” per eseguire l’azione, e poi stiamo a guardare quello che succede. La prova di 7th Guest VR mi ha ricordato con nitidezza la sensazione di essere stato in una escape room, con enigmi sparsi nella stanza, ognuno con la propria risoluzione, ma collegati tra di loro, per esempio perché una chiave per iniziare un rompicapo è proprio quello che si ottiene risolvendo il puzzle precedente.
La build a nostra disposizione era piuttosto breve, quindi è molto presto per capire quanto fosse rappresentativa dell’intero gioco, ma ho trovato interessante il concetto progettuale, che si distacca dai classici puzzle per avvicinarsi, come detto, a una sorta di escape room in realtà virtuale.
La prova di 7th Guest VR mi ha ricordato con nitidezza la sensazione di essere stato in una escape room