Il mio E3 è cominciato nell’ottimo booth di 2K, vestito a guisa di quartiere anni ’50 per celebrare l’arrivo di Mafia 3. Nel cuore della zona interna dello stand, quello, intendiamoci, riservato ai media, non si parla solo della famiglia, ma anche di una delle saghe più importanti della storia dei videogiochi: Civilization di Sid Meier. Quest’anno corre il venticinquesimo avversario della saga e cosa c’è di meglio per celebrarlo se non un capitolo tutto nuovo?
CLASSICO MA MODERNO
Il 21 ottobre arriva su Steam Civilization VI, in tutto il suo fulgido splendore di un’interfaccia più chiara ed elegante e con una grafica che, immediatamente, appare più morbida, fluida e dettagliata. A prima vista è impossibile non pensare di trovarsi davanti a una versione più bella e ricercata di Civ V, una sorta di capitolo 5.5 un po’ rischioso. Eppure, pur non avendo avuto modo di provare il gioco in prima persona, c’è qualcosa di diverso nel modo in cui si porta la propria civiltà alla gloria: mi riferisco soprattutto alla dinamica delle città, che acquistano un’importanza molto più marcata e offrono un controllo più diretto. In pratica, è possibile dotare ogni città di distretti specifici per sviluppare alcuni aspetti della propria cultura e dare un’impronta più marcata ad alcune funzioni. Le città, dunque, diventano uno strumento primario per forgiare il destino della propria civilità e la gestione di ogni singola tile diventa davvero fondamentale. Analogamente, difendere i propri possedimenti rappresenta qualcosa di ugualmente importante, anche e soprattutto perché le nuove città non dispongono nativamente di strumenti difensivi: questo vuol dire che bisogna costruire le mura, altrimenti anche i “semplici” barbari potrebbero trarne vantaggio.
Civilization VI mi sembra un gioco che guarda al futuro con più ambizione che in passato
SENSO DELLA SCOPERTA
Se la presentazione in sé non era foriera di chissà quale dettaglio rivelatorio sul ritmo di gioco e l’efficienza di alcune dinamiche, leggendo la press e ricostruendo gli annunci di Firaxis, Civilization VI sembra un gioco molto più veloce del predecessore, dove per veloce non si intende superficiale, ma semplicemente più rapido nei rapporti causa ed effetto. Il risultato parrebbe un titolo dove accadono molte cose diverse e dove bisogna decidere in fretta in che aspetto specializzarsi e che tipologia di partita si vuole impostare. Ricerca, unità e fazioni, infatti, sembrano suggerire che è meglio sfruttare le caratteristiche delle propria civiltà sin da subito e decidere quale strada intraprendere per massimizzare le proprie possibilità di gioco.
Civilization VI sembra un gioco molto più veloce del predecessore, dove per veloce non si intende superficiale, ma semplicemente più rapido nei rapporti causa ed effetto
L’altro aspetto che mi è sembrato molto preponderante è il concetto di scoperta che, sia dal punto di vista politico che territoriale, è comunicato in una maniera più “avventurosa”: dalla mappa di gioco che si trasforma da pergamena a viva, alla scelta combinata di più politiche, Civilization VI mi sembra un gioco che guarda al futuro con più ambizione che in passato, e questo non può che essere una buona notizia. Un classico moderno che prova a rinnovarsi pur offrendo un’esperienza familiare: possibile? Ce lo dirà il Tassani il 21 ottobre, ma le premesse sembrano interessanti.