Temperature africane in Europa, tormente di neve e temperature siderali negli Stati Uniti, tornado e uragani come se non ci fosse un domani: ciò che è successo l’anno scorso potrebbe sembrare un enorme spot di cosa significhi il cambiamento climatico, che però sembra non essere arrivato, o forse non essere piaciuto, ad alcuni dei potenti della Terra. Per fortuna però, la maggioranza della leadership mondiale l’ha capito perfettamente, come testimonia il seppur tardivo Accordo di Parigi del 2015. In questo scenario, Firaxis se ne esce con Gathering Storm, la tradizionale seconda espansione di Civilization VI, le cui principali novità riguardano proprio la tematica ambientale e come, attraverso l’uso della diplomazia internazionale, i grandi della Terra possano ridurre gli effetti dell’inquinamento. Ma lo vorranno?
UN DISASTRO PER TUTTE LE STAGIONI
Proprio perché non si tratta della versione vanilla del gioco, per le basi vi rimandiamo qui e qua (Quo invece non si è fatto vivo) e passo a parlarvi di come le novità si sono integrate nell’esistente. Parlavamo del cambiamento climatico, ma quest’espansione pone un forte accento sui disastri naturali fin dalle prime fasi di ciascuna partita. Capita infatti di incappare con frequenza in ambienti naturali che nascondono un certo rischio: un fiume può esondare, oppure una steppa può essere soggetta a siccità, o magari un vulcano può… beh, questo lo potete immaginare. In ogni caso si tratta di una situazione che ci impone di valutare il compromessa tra rischio e ricompensa, perché se è vero che a nessuno fa piacere un’eruzione alle porte di casa, bisogna anche riconoscere che questo fenomeno arricchisce il terreno di sostanze fertili; inoltre, civiltà intere come quella egiziana hanno fondato per secoli la propria prosperità su fenomeni naturali come le regolari esondazioni del Nilo.
Nell’early game, tali eventi disastrosi sono un piacevole diversivo da gestire, non troppo frequente e soprattutto sul quale non abbiamo alcun controllo. La situazione cambia a partire dall’era industriale, quando fa capolino il concetto di energia, necessaria per il funzionamento a piena efficienza della maggior parte degli edifici del late game. Per mantenere le nostre città efficienti e produttive al cento per cento dobbiamo alimentarle con la necessaria energia derivante dal consumo di risorse come il carbone e il petrolio, con la diretta conseguenza di aumentare le emissioni di anidride carbonica a livello mondiale. Le conseguenze, all’inizio, sono pressoché impercettibili; poco importa avere un menù appositamente dedicato a mostrarci con chiarezza gli effetti della CO2 attualmente in circolazione e le ripercussioni in assenza di un cambio di rotta, la verità è che a noi quell’energia serve, serve maledettamente per mantenere quel labile vantaggio competitivo che con tanta fatica abbiamo guadagnato nel corso dei sulle altre civiltà. In Civilization, da sempre, ogni era rappresenta un momento cruciale in cui gli equilibri mondiali possono essere ribaltati, per cui non approfittare appieno di ogni risorsa potrebbe sembrare una follia. È quindi in parte comprensibile la tentazione di ignorare l’inquinamento rampante nel nome del progresso, ma è anche sorprendente perché è impossibile far finta di non sapere quale sia l’esito di tali politiche. Almeno su questo, Giorgio III d’Inghilterra aveva la scusa nel 1760 di un’interfaccia utente non intuitiva quanto quella ideata da Firaxis.
poco importa avere un menù dedicato agli effetti della CO2, la verità è che a noi quell’energia serve maledettamente per mantenere il labile vantaggio competitivo conquistato
IDEE E IDEOLOGIE
Un altro modo di affrontare il riscaldamento globale è il Congresso Mondiale, che fa il suo gradito ritorno dopo la sua introduzione in Brave New World, seconda espansione di Civ V. Insieme ad esso, fa la sua prima apparizione una nuova sorta di moneta diplomatica, il “favore”, che si accumula tramite determinati edifici o specifiche caratteristiche delle civiltà. Detto per inciso, alcuni dei nuovi sovrani sono infatti pensati per sfruttare al massimo il potenziamento della infrastruttura diplomatica, mentre altri sono più votati all’ambientalismo. Tornando però al Congresso mondiale, esso vede la gestione di classiche mozioni come l’abolizione di una specifica risorsa di lusso, insieme alla gestione delle emergenze, rinnovate ed ampliate rispetto all’espansione precedente, Rise and Fall. Se contiamo anche l’aggiunta delle Competizioni internazionali, che prevedono premi per chi raggiunge il migliore risultato in una sfida che non prevede l’uso delle armi ma della cultura e della scienza, Gathering Storm si palesa come la scelta definitiva per quei giocatori (come me) che ricorrono alle armi solo quando indispensabile. Il congresso, infatti, viene introdotto fin dall’era medievale, e garantisce una profondità di opzioni e strategie diplomatiche finora assente, garantendo inedita varietà a chi preferisce questo approccio alla sfida tra civiltà. Va detto che la vittoria diplomatica risulta priva di una giustificazione narrativa: bisogna banalmente spendere più favore degli altri quando il congresso propone di assegnare dei punti vittoria. Un po’ la versione bruta dell’etichetta internazionale.
Entrambe le espansioni ci mettono di fronte a una componente oscura e pericolosa dell’umanità che prende il sopravvento quando abbandoniamo i nostri principi morali più alti
Gathering Storm introduce meccaniche e nuove caratteristiche all’interno di un gioco già completo di suo. E lo fa con estrema eleganza, senza cioè snaturare alcunché dell’essenza di Civilization, ma anzi arricchendola con opzioni che garantiscono ancora più divertimento a una certa fetta di giocatori, in questo casi quelli propensi a risoluzioni pacifiche, ma comunque competitive, delle varie crisi internazionali. Inoltre la tematica ambientalista è presentata in maniera quanto più trasparente possibile e, per quanto possiamo inquinare il pianeta, ci viene sempre offerta una soluzione per salvarlo. La decisione sta a noi.