Un sacco di videogiochi si presentano agli occhi del mondo con fuochi artificiali e luci stroboscopiche, salvo perdere di appeal durante l’impervio viaggio che porta allo scaffale. Ogni tanto, però, accade che l’hype giri al contrario, come nel qui presente World of Final Fantasy, uno spin-off che all’annuncio causò ben più di un sopracciglio inarcato in molti appassionati, ma che sta virando decisamente la rotta man mano che si fa prossima la data di pubblicazione, prevista al momento per il 28 ottobre prossimo. Il perché lo potete evincere dalle prossime parole che scriverò, frutto di una prova sul campo di un’oretta o poco più, grazie a una sessione organizzata da Koch Media presso la sua sede milanese.
L’ABITO NON FA IL MONACO, MA AIUTA
DI base World of Final Fantasy getta nel mixer una porzione dei prodromi della serie storica e la shakera violentemente con la struttura di un Pokémon a caso (o di un Ni No Kuni, o di un qualsiasi altro videogioco che preveda la cattura di mostriciattoli e il loro uso in battaglia). Tuttavia, dipingere il prossimo J-RPG di Square Enix come un mischione rischia di non rendere giustizia al lavoro dei sviluppatori, visto che gli elementi che coglie qua e là vengono messi al servizio di un sistema di combattimento assai profondo, forse persino troppo rispetto all’idea malsana che i videogiocatori si sono fatti di World of Final Fantasy, ingiustamente percepito come una sorta di fratellino povero di Final Fantasy XV, e che punta tutte le sue fiches sul suo essere puccettoso e spiccatamente “eye candy”.
World of Final Fantasy sbatte in faccia al giocatore una direzione artistica ammiccante e seducente
NON CHIAMATELO POKÉMON
Sorvolo sui pretesti narrativi che danno il via alle vicende di World of Final Fantasy, un po’ perché la sede non è delle migliori (ne parleremo diffusamente nella recensione, semmai) e poi perché il dipanarsi di una trama coerente, uno dei fondamenti su cui si deve basare un J-RPG che funzioni, non può prescindere da svariate ore di gioco prima di essere inquadrata. L’unica ora che avevo a disposizione ho quindi preferito spenderla approfondendo il battle system, che appare a prima vista come uno dei più completi e complessi tra quelli che mi sono capitati nelle mani negli ultimi tempi (e non solo).
Il mondo di gioco pullula di mirage, ovvero i mostriciattoli che devono essere prima indeboliti in battaglia e poi catturati. Alcuni di questi, tipicamente i più grossi e cattivi (come le summon), sono ospitati all’interno di prismi chiamati Murkrift e vanno affrontati solo dopo essersi equipaggiati a dovere. Una volta aggiunti al roster, i mirage vanno cresciuti a suon di esperienza, grazie a punti da spendere per sbloccarne proprietà e abilità. Il processo di maturazione avviene in un pannello che incarna una sorta di mini sferografia, il cui percorso contempla l’evoluzione in un forma nuova e più potente. Pokémon, insomma.
Il mondo di gioco pullula di mirage, ovvero mostriciattoli che devono essere prima indeboliti in battaglia e poi catturati
L’insieme di tutte le possibilità di personalizzazione di cui vi ho scritto nelle ultime righe trasforma i combattimenti di World of Final Fantasy in un esercizio tattico tutt’altro che banale, che deve tenere conto di tantissimi fattori. È proprio qui che risiede il rischio più grande del titolo di Square Enix: le possibilità sono talmente tante e tali che in assenza di un ENORME lavoro di raffinamento c’è il rischio di trovarsi in situazioni di palese vantaggio o svantaggio, col senso di progresso che finisce nel cestone delle cose da mettere in lavatrice. Chiaramente, tutto ciò potrà essere valutato solo dopo aver messo in cascina tonnellate di ore gioco, il che accadrà presumibilmente solo dopo che Koch Media ci avrà fornito un codice abile e arruolato alla stesura della recensione. Nel frattempo, vi lascio con una mia personalissima provocazione: che sia questo il Final Fantasy da attendere, anziché quell’altro là?