Diciamoci la verità, dopo il lancio e relativo caos attorno a No Man’s Sky, ogni qual volta ci troviamo dinanzi un prodotto che presenta dei mondi generati proceduralmente sentiamo subito la necessità di girare al largo, ancor di più quando un titolo come Astroneer – che si presenta proprio come uno space simulator – sembra voler essere un diretto competitor della creatura di Hello Games, e allora sì, la paura di una seconda grossa delusione è dietro l’angolo.
Pubblicato in Accesso Anticipato nel 2016, appena pochi mesi dopo No Man’s Sky, la creatura di System Era Softworks sin dal menù principale dimostra subito di voler essere un gioco con una forte personalità, liberandosi da vincoli di paragoni e giocando subito tutte le sue carte.
ODISSEA NELLO SPAZIO
Dopo aver dato il via alla partita, una capsula si staccherà dall’astronave fuori dall’orbita di un pianeta ostile alieno. Dentro c’è il nostro prode astronauta che dovrà cercare di sopravvivere partendo da un kit iniziale costituito da un habitat e dalle prime strutture basilari per non morire dopo pochi passi. Da qui prenderà piede il gioco vero e proprio che non presenta un obiettivo, ma semplicemente prevede la solita struttura di creazione della propria base, raccogliendo le tante e diverse risorse presenti sul pianeta. Con uno zaino sullo spalle, vero e proprio inventario che possiamo richiamare su schermo per una visione più chiara e organizzare gli oggetti da portare, possiamo muoverci liberamente lungo tutto il pianeta, ma appena spostati di un paio di metri dall’habitat cominceranno i primi problemi, in primis la mancanza di ossigeno. Il nostro valoroso astronauta si collegherà automaticamente con dei cavi d’ossigeno nelle sue strutture più vicine (a patto che abbiano un generatore installato), ma allontanatosi a una debita distanza, rimarrà solo con la riserva della tuta, segnata da un relativo indicatore dietro il casco. La ricerca di materiali e risorse comincerà subito a essere di vitale importanza, perché con i giusti materiali (composti organici e resina i primi e più facili da trovare) potremmo costruire dei paletti che fungeranno da prolunghe, così da poter costruire delle linee di approvvigionamento e poter così girare liberamente: in circa tre ore di gioco, se sarete fortunati nella ricerca dei materiali, infiocchetterete il pianeta di simpatici tubi azzurri.
Il senso di progressione riesce a giustificare un’eccessiva ripetitività nelle fasi iniziali
TOPI DA BIBLIOTECA
Non sarà tutto un costruire e raccogliere. Il pianeta presenterà piccole minacce disseminate nei posti più improbabili, con una fauna pronta a ucciderci. La morte non sarà eccessivamente punitiva, difatti verremo rigenerati nel primo habitat, ma senza le risorse in nostro possesso nel momento della morte, tuttavia ci basterà tornare in quel luogo e raccogliere il nostro zaino per riprendere tutti gli oggetti. Un elemento di gioco che devo dire ho trovato davvero affascinante e mai banale, è la gestione dell’energia per il perfetto funzionamento del campo base e di ogni altra piattaforma che costruiremo. Partendo dall’habitat che fornirà la prima fonte di energia, dovremo collegare ad essa ogni altra costruzione, macchina o dispositivo che prevederà un consumo di energia per funzionare. Inutile dire che più apparecchiature collegheremo all’habitat, meno saranno efficienti perché da un consumo base di 100 unità di energia generato dall’habitat, nel momento in cui collegheremo una struttura, questa energia si dividerà in due unità da 50 così da alimentare habitat e struttura, quindi collegando quattro strutture all’habitat, l’energia si suddividerà in cinque unità di 20, rendendo ogni tipo di operazione sempre più lenta. Sarà quindi nostro compito costruire pannelli solari, strutture ausiliarie o bruciatori di risorse così da alimentare e creare nuova energia. Insomma, come scritto poco prima, le primissime fasi del gioco potranno scoraggiare facilmente, dato che risulterà sempre più difficile far funzionare lo stesso generatore dell’ossigeno e ci vorrà molto per capire tutte le dinamiche di gioco, questo perché verremo lanciati in questo pianeta ostile senza avere le conoscenze necessarie per capire tutte le meccaniche survival del gioco. C’è sì un piccolo tutorial introduttivo, ma fungerà più per capire i comandi di movimento, richiamare l’inventario o raccogliere le risorse con il cannone aspiratore, mentre per tutto il resto dovrete sporcarvi le mani, cadere, sbagliare, morire, ricominciare e sprecare fin troppe risorse prima di padroneggiare al meglio le diverse sfaccettature di Astroneer.
Astroneer è un prodotto genuinamente piccolo, ma incredibilmente ricco e affascinante
Astroneer è stata una vera e propria sorpresa. Nato seguendo la scia di No Man’s Sky, senza troppi proclami arriva nella sua forma completa presentando un’offerta ricca, colorata e forte nelle sue meccaniche di gioco, capaci di regalare una longevità davvero interessante e ritagliarsi una fetta che conta, in quello spazietto tra i survival e gli space simulator. Se avete amato o odiato No Man’s Sky, l’unico consiglio che mi viene dal cuore è quello di provare assolutamente Astroneer con la certezza che non ne rimarrete delusi.