Il rumore metallico della pioggia sul tetto del taxi, il mantra metropolitano di una Parigi by night, gocce di sangue desaturate al 100%, sintomo di un’emorragia di umanità dalle sue arterie stradali. La gente della notte, quella cantata e decantata da un Jovanotti anni ’90, il taxi come confessionale laico soggetto solo alle leggi del tassametro, oasi di pace a pagamento dove il tempo è denaro ben speso. Il turno di notte misurato per persone, accogliendone il più possibile per non ascoltare i propri demoni, pronti a presentarsi senza chiedere il permesso sui sedili posteriori, per poi andarsene senza lasciare neanche un Euro di mancia. Night Call come l’omonima traccia di Kavinsky, sintetico e romantico. Finita l’ultima corsa una rassicurante sigaretta, qualcosa si insinua nel fondo della retina, pesta la coda dell’occhio bloccandola sul posto, costringendolo a uscire dal suo habitat; una sagoma riversa sull’asfalto umido di morte, l’occhio impegnato nella messa a fuoco, incredulo, per poi essere interrotto da un lampo di dolore, il buio che lo sputa fuori all’accecante bagliore dei neon di una stanza d’ospedale.
CHE DIO TASSISTA!
Houssein è l’unico a poter raccontare cosa si prova ad essere assaliti dal giudice, serial killer che sta terrorizzando la Ville Lumière. La detective Busset ci mette poco a scavare nel suo passato torbido, la fedina penale indelebilmente macchiata da una condanna per omicidio, i documenti falsi per rientrare nella società dalla porta di servizio, cercando una seconda possibilità. Da sopravvissuto a informatore, così a contatto col tessuto sociale della città, tenuto per i testicoli con la minaccia di veder rivelata la sua vera identità, la seconda chance di vita in equilibrio su un baratro. Qui ha inizio una serie di nottate, raccontate più che giocate, vissute per conversazioni da un investigatore improvvisato, improvvisando un’investigazione. La scelta dei clienti è istintiva, un occhio al guadagno per rimanere sempre in attivo, uno al serbatoio e la lingua pronta ad interagire con una fauna bizzarra, attori fenomenali di un noir sociale più che criminale, estremamente contemporaneo, tanto da poter diventare una piccola capsula del tempo virtuale da rigiocare tra vent’anni. I fatti raccontati sono tutt’altro che casuali: terrorismo islamico, gilet gialli, razzismo, immigrazione, social network, omosessualità.
L’investigazione è più mentale che ludica, un turbine di speculazioni nate da una bacheca allestita nel nostro studio
L’indagine è solo il centro di una galassia attorno a cui ruotano pianeti formati da quotidianità, paure, sogni.
Ne esce fuori una narrativa realisticamente scostante, casuale come fosse un roguelike verbale, il nostro secondo lavoro di informatore portato avanti più che altro per pettegolezzi, l’icona di un nuovo indizio guadagnato semplicemente ascoltando, leggendo, preceduto da una frase preconfezionata di un narratore onniscente. Casuale almeno finché tra i possibili clienti non vedremo uno dei sospetti indicati dalla Busset. Il via ad una danza di sguardi nello specchietto retrovisore, alla ricerca di un particolare nelle loro semplici ma perfette animazioni, estremamente caratterizzanti, limpido esempio di comunicazione non verbale. L’investigazione è più mentale che ludica, una visual novel classica piuttosto che Return of the Obra Dinn, un turbine di speculazioni nate da una bacheca allestita nel nostro studio, sistemata automaticamente dall’algoritmo, purgatorio alla fine di ogni turno di lavoro
. Ogni polaroid collegata con lo spago a un’informazione pronta a sbocciare in prova a tempo debito, liberandoci da ogni sforzo fisico da puzzle game, gestendo il tempo libero per consultare dossier minimali, dove pagine e pagine redatte da solerti poliziotti si trasformeranno in un nuovo stringato indizio, semplicemente con un clic del mouse. Minimale è proprio l’essenza di
Night Call, spogliato del gameplay per concentrarsi sull’empatia tra tassista e clienti (con un Passidex che fa il verso al Pokédex e svela la vera natura dell’opera Monkey Moon e Black Muffin, raccoglitore dei circa 70 personaggi che incontreremo nei tre diversi casi disponibili), chiacchierando per puro piacere, navigando placidamente a pelo dei fiumi d’asfalto dominati dalla Tour Eiffel, godendo di una scrittura eccellente tra estremo realismo emotivo, attualità e momenti di spinto surrealismo, quasi in debito con Midnight in Paris di Allen.
Si crea una dipendenza dai racconti dei passeggeri, una salumeria di vita vissuta dove ogni confidenza è pagata un tanto al chilometro
Si crea subito una dipendenza dai racconti dei passeggeri, una salumeria di vita vissuta dove ogni confidenza è pagata un tanto al chilometro.
Un’atmosfera onirica, sospesa, il ritmo lento, un Pantone di sonorità sintetiche capaci di descrivere per note ogni stato d’animo, ogni situazione e sfumatura narrativa; composizioni talmente belle che meritano cuffie dai bassi esaltanti, e addirittura l’acquisto della soundtrack su Steam.
Tra un cliente e l’altro una sosta al self-service, la benzina cara come il fuoco, un gratta e vinci al bar per tentare di arrotondare, per poi sbirciare quel che resta di una scena del crimine o fare quattro chiacchiere con una vecchia conoscenza. Una routine seducente, come inevitabilmente affascinante ed eterna rimane una Parigi liquida che scorre dal lunotto posteriore, fotografata per frame e parole; un bistrot, una farmacia aperta 24/7, un aereo in fase di atterraggio verso Charles de Gaulle, il consiglio di visitare Versailles.
Lo splendore di una caratterizzazione elegante, morbida, fumettistica che gioca con poche luci e tante ombre, indistinte come macchie di Rorschach, liberamente interpretabili. Fino alla settima notte, quella che ci vedrà dedurre l’assassino, scoprendo quanto fondamentali siano state certe casualità, quanto abbiano influito sui nostri ragionamenti. È un titolo che va respirato come l’aria invernale in cui è immerso, abbassando il proprio bioritmo, accettando un modo non convenzionale di raccontarsi.
Night Call è un’opera estremamente particolare, dal carattere forte, che usa il thriller per esaltare l’importanza del confronto verbale, dell’adattarsi al proprio interlocutore creando dialoghi fluidi senza essere per forza accondiscendenti su ogni loro pensiero. Si gioca poco con le mani, districandosi tra una semplicistica gestione economica e temporale, ma tanto con la testa. Le sue presunte mancanze ludiche liberano il posto al giocatore, come gli spaziosi sedili posteriori di una berlina, mettendolo perfettamente a proprio agio in una visual novel tanto classica, addirittura prevedibile nella sua sfumatura poliziesca, quanto brillante nelle micro-situazioni che vivremo ad ogni corsa. Elegante.