La prassi per gli eventi stampa che riguardano i grandi blockbuster è la solita: imbustamento di smartphone e altri apparecchi elettronici, body scanning per chi tenta di nascondere qualcosa e controlli rigidi in sala, con vigilanza dotata di visori notturni. Una situazione da film di fantascienza e, per l’occasione in oggetto, l’esempio calza a pennello. Su Blade Runner 2049 c’è un livello di segretezza assoluto. La mattina del 19 settembre ho assistito a circa 25 minuti di scene del film su cui, assolutamente, non mi posso pronunciare in attesa della vera e propria proiezione stampa, questo perché, da ciò che si è potuto evincere, il film avrà riferimenti vicinissimi all’originale del 1982 ed è assolutamente un diretto sequel. C’è da chiedersi cosa sia successo nel mezzo, in tutti questi anni: a rispondere a queste e altre domande, sono arrivati il regista del film Denis Villeneuve e una delle protagoniste femminili, Sylvia Hoeks.
TGM: Come sarà il mondo di Blade Runner 2049?
Denis Villeneuve: “Sarà necessariamente diverso da quello visto nel film di Scott. Un luogo più suggestivo ma non per questo idilliaco per i suoi abitanti. Molte cose non sono andate per il meglio, giacché ci sono stati dei cataclismi naturali che hanno alterato l’atmosfera: Los Angeles, per evitare di essere sommersa dall’innalzamento delle acque dell’oceano, ha dovuto costruire un muro per difendersi. Nelle scene che avete visto si fa riferimento ad un blackout che ha distrutto molte delle apparecchiature digitali, e quindi si è dovuto ritornare a usare i metodi pratici e analogici. Su questo non posso dire altro, perché sarà parte fondamentale dello sviluppo della trama, ma l’ho trovata un’idea affascinante. Blade Runner è pur sempre un film di investigazione: oggi basta cercare qualcosa su Google per avere tutto, e io volevo che i miei personaggi avessero un minimo di difficoltà nelle loro indagini; volevo insomma farli scendere per strada, invece di metterli dietro una scrivania”.
TGM: Molti spettatori hanno paura di un uso eccessivo della CGI, ma c’è da dire che in Arrival hai cercato di usarla sapientemente. Blade Runner 2049 sarà tutto girato in green screen?
Denis Villeneuve: “Assolutamente no, anzi odio il verde come colore. Questa domanda mi è stata posta già durante i primi giorni dagli stessi attori, che avevano paura di recitare in un ambiente totalmente privo di oggetti. Sono sincero: ho avuto a disposizione un budget consistente e ho chiesto appositamente di avere delle location e veicoli fisici, così da poterli toccare e… distruggere!”.
TGM: Sylvia, da quello che abbiamo visto, il tuo sembra un personaggio enigmatico e al contempo affascinante. Ce ne puoi parlare?
Sylvia Hoeks: “Vorrei, ma purtroppo parlarvi del mio personaggio equivale a spoiler pesanti, quindi mi limiterò a dire che Luv, lavora per Wallace (Jared Leto), che sta portando avanti la creazione di nuovi replicanti. Il loro sarà un rapporto complesso e complice. Ho cercato, come possibile, di ricreare l’appeal che mi aveva suscitato Daryl Hannah quando vidi la sua performance nel primo Blade Runner”.
Denis Villeneuve: “Intervengo un secondo sulla questione degli spoiler. Noi volevamo farvi vedere il film già oggi, ma purtroppo abbiamo avuto dei problemi proprio di natura spoiler poco tempo fa e, sulla soglia dei 50 anni mi chiedo, perché c’è questo bisogno incessante di raccontare trama, dettagli o peggio ancora, il finale? La forza del cinema è proprio quella di entrare in sala e lasciarsi trasportare dalle immagini, dal suono, dalla musica; godersi lo spettacolo fino all’ultimo sorso, compreso ogni plot twist presentato. Se si uccide anche questo senso di scoperta e meraviglia, non ha più senso creare prodotti del genere”.
TGM: Quali sono gli stilemi che rendono Blade Runner 2049 un film… di Blade Runner?
Denis Villeneuve: “Quando mi è stata proposta la regia ho passato un paio di mesi a elucubrarci su, prima di accettare. Toccare il capolavoro di Scott era qualcosa di rischioso: tuttavia, se non mi fossi preso questo rischio sarei rimasto con il rimpianto di non sapere come avrei potuto girarlo, ergo ho accettato e mi sono messo subito al lavoro. Blade Runner ha sicuramente rivoluzionato il modo di intendere il film di fantascienza. Pensate oggi a Christopher Nolan, che è un collega che ammiro tantissimo: con i suoi film ha sicuramente cambiato il modo di vedere la fantascienza, così razionale e così perfezionabile, e lo stesso è successo all’epoca con Scott. Di Blade Runner ho “rubato” le luci, la polvere, i fumi che escono dai tombini delle strade di una stravagante Los Angeles. Più che sui stilemi ho lavorato su cosa mi ha trasmesso Blade Runner: sensazioni profonde e intime, la musica e la malinconia. Ecco… se dovessi trovare una caratteristica predominante in entrambi i film, direi la malinconia”.
TGM: Vieni dal recente successo di Arrival. Che rapporto hai, privatamente, con la fantascienza?
Denis Villeneuve: “Ancor prima di essere un regista, sono un lettore. Da ragazzo ho amato la forza dirompente di autori come Clarke e Asimov, o anche Jules Verne, che esploravano ogni possibilità dell’ignoto. Arrival era più un tipo di fantascienza intima, Blade Runner invece è più una fantascienza futurista e pessimistica. È un genere che mi piace e quindi cerco di esplorarlo al meglio delle mie possibilità”.