Darkwood - Recensione

PC

Non è da tutti riuscire a declinare un’atmosfera horror credibile, che rifiuti di cadere nei soliti cliché strutturali del genere, utilizzando una visuale dall’alto e una grafica spartana in 2D. Acid Wizard Studio, al secolo tre ragazzi di Varsavia, stanno inseguendo questo obbiettivo da ormai quattro anni, e dopo varie Alpha e un periodo di Accesso Anticipato su Steam, hanno pubblicato la prima versione definitiva di Darkwood, un particolare gioco di sopravvivenza horror.

LA MAGIA DELLA LUCE

Mi ritrovo catapultato nel mondo di Darkwood all’interno del mio nascondiglio: una fitta foresta cresce tutto intorno e tutto ciò che so è che di notte è pericoloso stare fuori. Passo la giornata a cercare materiali con cui rinforzare qualche finestra: cani allo stato brado provano ad attaccarmi, e più mi allontano scorgo solo rovine, campi, trattori, santuari ed edicole votive. Trovo un po’ di benzina per il generatore, mentre a casa – su un forno – ribolle una strana sostanza. Dovrebbe proteggermi da quelle “cose”. Quando la notte arriva mi chiudo in una stanza, luce accesa e una rudimentale mazza chiodata pronta a colpire. A un tratto un rumore martellante scuote il silenzio: qualcuno sta cercando di smantellare la barricata di una delle finestre. In poco tempo il legno cede e un umanoide selvaggio e feroce balza verso di me. Impaurito, faccio per voltarmi nel tentativo di raggiungere la porta, quando sento un rumoroso schiocco metallico: la trappola che avevo messo a protezione dell’altra finestra mi ha tradito. Muovendomi all’indietro non l’ho vista. Quella che segue è solo una mattanza di cui vi risparmio i dettagli.

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Il mondo di Darkwood non perdona e il game design decide coscientemente di non prendere a braccetto il giocatore

Pensare che io abbia sperimentato – e attivamente giocato – una scena del genere osservando dall’alto il mio personaggio e muovendomi all’interno di una grottesca (e bellissima) pixel-art è qualcosa che colpisce. Tutto ciò è possibile grazie all’ottima gestione del cono visivo del nostro personaggio, che ci farà vedere nitidamente solo che quanto abbiamo davanti, simulando così l’effettiva vista umana. Se a questo uniamo un sapiente uso delle luci, che ben si interseca con la visuale limitata, il risultato è un’atmosfera angosciante e genuinamente horror, ben confezionata e che riesce ad immergerci appieno nell’universo di Darkwood e dei suoi misteri. A corroborare ciò che di buono è stato fatto con la visuale e le luci, c’è anche un comparto sonoro di primissima qualità, sia per quanto riguarda gli effetti, sia per una musica mai invasiva ma dallo spirito piuttosto dinamico, capace di adattarsi alle varie situazioni che dovremo affrontare col cuore in gola.

SOPRAVVIVERE ALLA FORESTA OSCURA

Il mondo di Darkwood non perdona e il game design decide coscientemente di non prendere a braccetto il giocatore. Se la parte narrativa si sviluppa in modo criptico (ma anche terribilmente affascinante, un po’ come succede in Dark Souls), da un punto di vista ludico il pargolo di Acid Wizard Studio offre un classico gameplay in cui si alternano fasi in cui esplorare la foresta, nel tentativo di uscirne possibilmente vivi, e parti di crafting, il tutto annaffiato da un abbozzo di combat system, unico vero punto debole dell’intera produzione.

La parte esplorativa avviene senza nessun tipo di aiuto e disponendo solo di una mappa stilizzata che indica i punti di interesse trovati, ma che non ci dice mai precisamente dove siamo: non c’è peraltro nessun GPS, così come l’interfaccia grafica è minimale e ben si confà allo spirito di Darkwood. Con queste premesse andare in giro per la foresta risulta molto stimolante, anche perché, un po’ come succede in Don’t Starve, il tempo è limitato e al calare del sole restare fuori da uno dei nascondigli equivale a morte certa. Il sistema di crafting è ben congegnato, non eccessivamente macchinoso ma funzionale all’idea che nel gioco il protagonista ha una certa urgenza; un’essenzialità che, però, riesce bene nel compito di stemperare la già sufficiente paranoia che trasmette il semplice ciclo giorno-notte. In ogni caso, la possibilità di giocare sia con il permadeath che con un semplice respawn da uno dei nascondigli, con l’unico inconveniente di perdere parte dell’inventario, riesce a venire incontro a tutti i palati.

il tempo è limitato e al calare del sole restare fuori da uno dei nascondigli equivale a morte certa

La foresta oscura dove siamo bloccati ospita anche altri bizzarri personaggi, tramite cui si dipanano le varie linee narrative. Uscire all’aperto ci porta a incontrare un certo numero di bestie o di esseri umani che vogliono ucciderci. Darkwood induce un approccio soft al combattimento: spesso conviene scappare e raramente l’unica soluzione a una situazione è solo combattere, ma quando tocca farlo ci si scontra con un sistema decisamente troppo legnoso e che non rende giustizia al resto delle meccaniche di gioco. Alla fine mi sono ritrovato a evitare di combattere più per il tedio di un sistema un po’ troppo semplificato che per scelte inerenti al mio stile di gioco. Detto questo, il fulcro della ricompensa ludica sta nella sopravvivenza e nello svelare, piano piano, il motivo per cui tutta la zona è stata isolata dalla crescita incontrollata della foresta e infestata da uno stranissimo morbo, rendendo quindi quasi marginali difetti riguardo i combattimenti.

UN GIOCO VENUTO DA EST

Se il luogo di partenza di ogni partita è sempre uguale (il centro di una mappa divisa in tre grosse macro-zone e in una serie di altre aree più o meno grandi, a rappresentare luoghi di trama particolari), lo svolgimento degli eventi e la disposizione degli altri edifici è procedurale: questo rende assai varie le diverse run, grazie anche alla presenza di diversi finali. Il dipanarsi semi-casuale delle linee narrative è accompagnato da un’estetica che ricorda una sorta di grottesco rurale da Europa Orientale: Darkwood, artisticamente, è molto particolare anche perché legato a una certa tradizione folkloristica lontana dal tipico canone occidentale. Il mood, poi, prende anche delle belle virate “acide”, portandoci in terreni dove l’orrore e la paura montano anche dall’impossibilità di distinguere cosa è vero e cosa no.

lo svolgimento degli eventi e la disposizione degli altri edifici è procedurale

Davvero ben fatte anche le illustrazioni durante i dialoghi e in alcune scene “scriptate”, dove tocca interagire con alcuni oggetti per risolvere sporadici enigmi. Di pregio anche i dettagli sugli oggetti chiave della trama, che si apriranno a schermo intero: che si tratti di un’inquietante bambola, della foto di una strada, di un pacchetto di sigarette schiacciato o di una locandina, tutti sono rappresentati con minuzia, sebbene ovviamente non manipolabili come può succedere in un ambiente 3D. Darkwood è poi pieno di piccoli segreti e linee narrative secondarie che ne aumentano la già buona longevità: completarlo in tutto e per tutto può richiedere anche una quarantina di ore di gioco, ridotte alla metà se ci atteniamo invece alla sola storia principale.

Convince assai la prima prova di Acid Wizard Studio, giacché i ragazzi polacchi hanno proposto una personale e credibile idea su un genere dove è sempre più difficile pensare a qualcosa di nuovo. La mossa vincente è stata quella di prendere un limite tecnico, il 2D, per piegarlo ai propri fini di game design, plasmando un’esperienza immersiva davvero molto peculiare. Il tutto è aiutato anche da un comparto artistico molto valido, senza dimenticare la spruzzata da roguelite, data dalla possibilità del permadeath. Darkwood è un ottimo gioco, capace potenzialmente di appassionare anche chi non è un grande fan del genere, grazie a meccaniche accattivanti e una trama intrigante. Al contempo, però, è anche molto old-school: non fa sconti e la sua essenza hardcore potrebbe non essere adatta a chi è abituato ad esperienze più guidate e meno punitive.

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Pro

  • Esperienza survival hardcore…
  • Ottima gestione della visuale e delle luci.
  • Comparto sonoro di alto livello.

Contro

  • … non adatta a tutti palati.
  • Combat-system rivedibile.
8.2

Più che buono

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