Arriva finalmente TGM 408, in diffusione nelle edicole, per gli abbonati e disponibile fin d’ora nelle versioni digitali. Abbiamo già avuto modo di spiegare altrove i motivi del ritardo, sul quale redazione ed editore non hanno la minima responsabilità; alla fine, però, il cambio di stampatore ha permesso di partorire l’agognato nuovo numero, particolarmente colmo di accorato approfondimento. Il nocciolo è il reale stato dell’industry, dibattuto con ritmo ormai quotidiano, ed è giusto che sia così, anche all’interno della redazione. Ribadisco il contesto redazionale delle discussioni, talvolta molto accese, perché se è vero che il nostro interesse personale e giornalistico per quel che sta accadendo è grande, è pure corretto sottolineare come il confronto nel nostro caso avvenga tra persone che hanno il videoludo nella passione e nella continua ricerca di informazioni – peraltro al vostro servizio – ma senza aver fatto direttamente parte del processo produttivo di un VG. Anche per questo, subito dopo le notizie e riflessioni che serpeggiano dalle news dello Speciale Spotlight Gamescom al dossier sui tripla A a Colonia, sempre per mano di Alteridan, trova posto la prima puntata di un’inchiesta che dialoga con i professionisti italiani impegnati nel settore, le cui esperienze sono state raccolte da Brom riportando tanta passione ma anche altrettante difficoltà, tra AAA, produzioni a medio/basso budget e puri indie.
Il contatto diretto torna con l’amabile conversazione del TGM Incontra tra il nostro MagicKlaude e Terrible Posture Games, una chiacchierata che ha risvegliato uno dei miei pensieri sulla questione – sul quale, me ne rendo conto, potrebbero pure cadere le uova marce di chi se la passa male. È, però, un ragionamento di ampio respiro, riferito al futuro del gaming per PC e console: passione e creatività continuano a impreziosire tante produzioni medie, piccole o piccolissime, qualcosa che Joe e Zuko di TPG sintetizzano in quel “non esiste difficoltà che riesca a farci smettere di creare videogiochi”. Un humus che muove incessantemente non solo una vasta gamma di produzioni pregne di cultura, talento e competenza, ma anche un giro di affari non indifferente. In un certo senso siamo vicini a quanto accaduto con i video YT o stream per il pubblico moderno: così come la semplicità d’espressione in quel campo ha quasi realizzato una celebre frase di Warhol – “nel futuro ognuno sarà famoso al mondo per quindici minuti” – potremmo affermare, pur nella maggiore complessità compositiva di un videogioco, qualcosa di simile anche nel nostro campo, complici engine sempre più accessibili e, ora che il mondo se n’è accorto, IA con un sicuro peso nel destino dei videogiochi. È giusto temere le Intelligenze Artificiali, ma con lo scopo di utilizzarle al meglio: le IA non possono leggerci nel pensiero (almeno, non ancora :D), creano sulla base di indicazioni e anche questa banale considerazione porta a sperare in una generazione di sviluppatori che non si accontenti mai dei primi risultati, delle lusinghe luccicanti ma preconfezionate delle più avanzate generazioni algoritmiche. Dominarle e non lasciarsi dominare, questo a mio avviso dovrà essere il mantra.
D’altra parte, anche sul versante dei grandi publisher, qualche vistoso esempio di virtuosità non è impossibile da scovare. Personalmente credo Capcom rappresenti al meglio una risposta artistica e commerciale consona alle sfide attuali, oltretutto messa a punto ben prima della recente crisi. Pure nel suo caso ci sono esempi modaioli e fallimentari, come quel Exoprimal furbetto (Dino Crisis è ancora nel mazzo delle storiche IP papabili, no?) ma incapace di resistere a lungo, tuttavia Capcom ha iniziato ad ascoltare la community in tempi non sospetti, come se confidasse in un futuro ispirato dal basso, mutando anzitutto la politica sul suo cavallo di razza Resident Evil.Non più le derive sparatutto di RE5 e RE6, ma capitoli pensati – non senza innovazione – per chi i survival horror li apprezza nel loro senso classico, tecnicamente evoluto ma non svilente delle semi-realistiche condizioni dei protagonisti. C’è tanto olio di gomito in questa politica, spesso rivolta all’altrove vituperato single-player, col RE Engine che è stato adattato a qualsiasi visuale e situazione di gioco, tra varianti in soggettiva, terza persona e conversioni VR. “Un motore grafico moderno è aperto a tutto e a tutto conviene aprirlo”, sembra di sentire in una delle riunioni aziendali del colosso.
C’è, poi, tutto il resto di TGM 408. Ci sono la Time Machine e il TGM Classic di Dan Hero, rispettivamente dedicati alla francese Loriciels e a Space Crusade, accanto al solito eccellente TecnoTGM di Paolone che, come ormai è consuetudine, si è anche speso nel “retrogaming del futuro” con RetroTGM, accanto a Triqui e lo stesso Danilo. Non mancano le recensioni di peso, come Space Marine 2, copertina del mese, Black Myth Wukong, Nobody Wants to Die e altri titoli che quasi allertano le grandi compagnie sull’eventualità, in mancanza di energiche reazioni, che i giganteschi dinosauri del gaming siano spodestati da adattabili “mammiferi” – fautori di criteri più proficui e, qualche volta, virtuosi. Per proseguire con la metafora evoluzionistica un po’ estrema, esistono importanti realtà che scelgono di nutrire adeguatamente i propri pargoli fino al momento della release finale – e qui, tra gli altri, torniamo a Capcom, che ha aumentato gli stipendi interni e si è messa, così, all’opposto di chi licenzia o chiude. Una visione romantica ma anche virulenta, in cui bisogna comunque mettere chirurgicamente le mani nel sangue dei processi produttivi, senza, però, freddi individui a covare tiepide uova. Buona lettura 🙂
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