Sento che è il momento giusto per farvi una confidenza. Più che un segreto da nascondere, è una verità da condividere. Vado, magari scopro di non essere solo: aborro le daily quest, ebbene sì.
Ecco, l’ho detto davvero. Non avrei mai pensato che un giorno sarei arrivato al punto di rigurgitare quasi con sollievo queste parole fuori dal gargarozzo dei pensieri, prima non era e non ero così, ma a forza di accumulare videogiochi nel mio zaino virtuale ho scoperto che, nel corso degli anni, qualcosa è mutato insieme a me: solo ora capisco che mal digerisco il concetto di obbligo quotidiano e improrogabile attorno cui ruota tutto ciò che somiglia alle Daily Quest. Si, con le iniziali maiuscole di proposito, ché sono nome e cognome del mio nemico…
Credo che lentamente, inesorabilmente, questi lavori forzati sotto mentite spoglie drenino come subdole e avide idrovore parte di quel piacere intimo che deriva dalla libertà di giocare nei modi e nei tempi che prediligo. Le vivo alla stregua di una diabolica consuetudine che trasforma lo svago in un coercitivo circolo vizioso in cui non mi diverte entrare ma che, mio malgrado, mi risucchia, perché se non partecipi, ahimè, sei e resterai sempre un giocatore di Serie B. Nulla contro le categorie inferiori, per carità, ma non mi piace il fatto di vivere un gioco come un dovere da compiere ogni maledetto giorno.
Non riesco proprio a farmele andare a genio, è più forte di me. Inconsciamente detesto quando un gioco mi obbliga a loggare (pessimo, meglio accedere) perché ci sono missioni che devono essere completate, compiti da svolgere per forza altrimenti si perdono oggetti esclusivi, opportunità uniche e terreno nei confronti degli altri giocatori.
Credo che lentamente, inesorabilmente, questi lavori forzati sotto mentite spoglie drenino come subdole e avide idrovore parte di quel piacere intimo che deriva dalla libertà di giocare
Qualcuno mi liquiderà con un italianissimo gesto della mano e ricordandomi che, senza questo escamotage, alcuni giochi non avrebbero più motivo d’essere avviati anche dopo averne assaporato a fondo ogni più recondito contenuto; tristi, svuotati, consunti e privati di uno scopo, abbandonati e dimenticati nelle librerie virtuali, sarebbero perciò ineluttabilmente condannati all’immobile attesa di una disinstallazione inevitabile che fa paura come una ghigliottina. Giusto e vero, senza dubbio.
In quale antico testo o tavola di pietra è scritto che un gioco debba durare in eterno? Non si gode forse a raggiungere la cima per vedere cosa c’è alla fine della scalata?
Cosa succede poi quando si hanno più giochi o più personaggi da gestire e tutti accumulano missioni quotidiane da completare per poter ottenere soldi, gadget, accessi a eventi speciali o esperienza? Si va in tilt, ecco cosa accade.
Continua nella prossima pagina…
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