Ciak, si copia!

Grim Fandango non sarebbe mai nato senza alcuni classici del cinema noir, fra cui Casablanca, Il falcone maltese e La foresta pietrificata

Fra le pellicole, citate più o meno esplicitamente, sono immediatamente riconoscibili Casablanca, Il falcone maltese e La foresta pietrificata. Gli stessi modelli scheletrici (letteralmente) dei protagonisti ricalcano le icone del cinema anni ’40: Manny – con la faccia lunga, tirata – è Humphrey Bogart; il capo Bogen, con tanto di “baffetti da sparviero”, è l’indimenticabile Claude Rains; mentre Hector LeMans, con la sua generosa epa, è chiaramente il magnetico Sydney Greenstreet. Tutto questo per dire che Grim Fandango non sarebbe mai nato senza i genitori tutt’altro che putativi di cui sopra; pur senza nulla togliere, ci tengo a precisarlo, alla bontà, indiscutibile, di questa pietra miliare della compianta LucasArts.

TUTTI I DANNI DELLA TRILOGIA

Nel 2001, un regista molto abile e molto fortunato ha portato al cinema una trilogia basata sull’omonimo romanzo di John R. R. Tolkien, Il Signore degli Anelli. Il film nel suo complesso si è rivelato un successo commerciale, un colossal monumentale che alterna momenti di indiscutibile grandezza – come la cavalcata dei rohirrim – a totali scempi, fra cui la posticcia morte di Aragorn ne Le due torri e la trasformazione di Gimli in una fastidiosa macchietta. Insomma, da fan del libro non ho mai perdonato alcuni “adattamenti” al buon Peter Jackson, ma quello che proprio non scuso, indirettamente, alla Trilogia è di aver influenzato in maniera così poderosa il medium videoludico, tanto da averlo indirizzato, in molti frangenti, sulla strada del copia e incolla.

Fra i tanti videogiochi che hanno voluto “omaggiare” Il Signore degli Anelli spicca certamente Dragon Age: Origins. Il titolo di BioWare, guarda caso il primo di una trilogia, attinge a piene mani dall’immaginario di Tolkien, mentre a tratti rassomiglia all’epica di George R. R. Martin.

in Dark Messiah of Might and Magic di Arkane Studios si “legge” Signore degli Anelli ad ogni piè sospinto, a partire dalle rune elfiche in apertura

Senza eccessive remore, il gioco ci propina, fra i primi avversari che dovremo combattere, i Prole Oscura, assai simili agli Uruk-hai del film di Jackson. Che dire, poi, dell’ogre che il giocatore è chiamato ad affrontare nella torre di Ishal? Costui non è forse “cugino di primo grado” del troll di caverna che Frodo e Compagnia sono costretti ad affrontare nella camera di Mazarbul? Per quanto riguarda le scene di guerra, invece, assistere alla battaglia di Ostagar (l’assonanza con Osgiliath è inquietante) rievoca le medesime, epiche sensazioni derivanti dalla visione della trilogia, considerazione che si riallaccia al discorso di un contesto già noto fatto in precedenza.videogiochi cinema

CD Projekt RED ha corazzato il suo re della Caccia Selvaggia con punte, angoli e nerofumo: un altro clone di Sauron, in definitiva

Andrebbe altresì citata la svettante Whiterun di TES V: Skyrim, così simile alla Rohan della pellicola di Peter Jackson. Tuttavia, ad essere particolarmente spudorato in questo ambito è Dark Messiah of Might and Magic di Arkane Studios. Nel titolo della casa di sviluppo francese si “legge” Signore degli Anelli ad ogni piè sospinto, a partire dai caratteri elfici che sprigionano bagliori rossastri sulle cupe schermate di apertura, passando per l’armatura dell’antagonista, così simile al Sauron visto sul grande schermo, sino ad arrivare alle città monumentali che rievocano le bianche mura di Minas Tirith e ai cloni degli Uruk-hai che assalgono il giocatore da un terzo dell’avventura in avanti. A tal proposito, desidero rimbrottare affettuosamente CD Projekt RED che ha corazzato il suo re della Caccia Selvaggia con punte, angoli e nerofumo (un altro clone di Sauron, in definitiva), e per aver “sporcato” la cinematica di apertura di The Witcher 3: Wild Hunt con una sequenza davvero troppo simile a quella de Le due torri in cui Aragorn, partendo da rametti spezzati e orme infangate sul terreno, intuisce la direzione di fuga di Merry e Pipino.

FILM CECOSLOVACCO…
MA CON I SOTTOTITOLI IN TEDESCO

A questo punto, trovare dei parallelismi tra i videogiochi e il cinema diventa un mero esercizio di enumerazione, legato all’ampiezza del nostro bagaglio culturale nell’ambito dei due medium. Esperire Donnie Darko, per esempio, si rivela illuminante: la carrellata che vede l’omonimo protagonista fare il suo ingresso nella prestigiosa Middlesex High School riporta alla mente, per le molte similitudini, l’incedere di Maxine Caulfield nei corridoi dell’Accademia di Blackwell, per non parlare di tutti i chiari riferimenti a Twin Peaks che Life is Strange non si sogna nemmeno di nascondere. Anche il delicato bacio saffico che è possibile strappare a Max e Chloe ricalca, per l’analogo contesto, quanto visto in Voglia di tenerezza fra Debra Winger e Lisa Hart Carroll.La stessa trilogia di Mass Effect altro non è che un pot-pourri della fantascienza televisiva e cinematografica degli anni ’80-2000. E forse deve proprio a questo il suo successo, perché attinge massicciamente a tipi e situazioni che già avevano riscosso i consensi del pubblico.

le conturbanti Asari altro non sono che le figlie di Natira, l’avversaria di John Crichton nel triplice episodio Liars, Guns and Money di Farscape

I Krogan sono dunque i Klingon, fieri, resilienti, portati alla battaglia; i Quarian e le loro creazioni ribelli, i Geth, sono equivalenti degli umani e dei cyloni di Battlestar: Galactica; i Collettori sono le Ombre di Babylon 5 e le conturbanti Asari altro non sono che le figlie “illegittime” di Natira, l’avversaria di John Crichton nel triplice episodio Liars, Guns and Money di Farscape. Attenzione anche ad esaltarsi per la ilarità di una gustosa gag nel secondo capitolo dedicato alle avventure del comandante Shepard, perché Mordin Solus che interpreta Gilbert and Sullivan è un concetto preso in prestito da una puntata di Babylon 5, con il ranger Marcus che, alla fine dell’episodio Atonement, si abbandona ad un’esibizione canora di medesima caratura.videogiochi cinema

personalmente, mi dà fastidio assistere alla riproduzione pedissequa di fattezze, inquadrature e sequenze

Esagero, secondo voi? Eppure, quello che mi dà fastidio non è tanto il desiderio degli sviluppatori di omaggiare – o copiare, come meglio insinua il titolo dell’editoriale – le idee o i personaggi del cinema, quanto assistere alla riproduzione pedissequa di fattezze, inquadrature e sequenze, il che denota una certa svogliatezza… o forse la volontà di risparmiare sul motion capture! Elizabeth di Burial at Sea è dunque Ella Raines, fascinosa attrice di pellicole noir, mentre Yagrum Bagarn, l’ultimo nano dwemer presente in The Eler Scrolls III: Morrowind (2002) non può che ricordarci Pearl, il vampiro archivista di Blade (1998). Il risultato è che ormai soppeso ogni videogioco dal taglio cinematografico con un certo, giustificato sospetto, immaginando che – da qualche parte, magari a mia insaputa – esista un film in cecoslovacco con i sottotitoli in tedesco che ha già detto, o peggio mostrato quanto ho appena esperito e apprezzato.
Anche il cinema, va detto, non è estraneo alla “nobile” arte del “rendere omaggio”. Mi sovviene, ad esempio, la seconda pellicola degli X-Men, che poggia larga parte della sua struttura narrativa sulle ottime fondamenta gettate dalla graphic novel Dio ama, l’uomo uccide. “Pretendere” che il “giovane” videogioco sia dunque in grado di reggersi interamente sulle proprie gambe è forse troppo; nondimeno, credo fermamente che il nostro Medium preferito necessiti di ben più di un pizzico di originalità in più.

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