L’esperienza di gioco online è qualcosa che, data una buona base, riesce sempre ad essere fresca, a non avere mai un match uguale ad un altro, a regalare sempre emozioni nuove. Però che stress, a volte.
Partiamo da un presupposto: a me i giochi con una componente online piacciono. Credo il primo vero e proprio a cui ho messo mano sia stato Dawn of War: Dark Crusade, o forse Team Fortress 2. Di sicuro allo sparatutto di Valve e ai suoi bizzarri personaggi dedicai molto più tempo, fra le maledizioni scagliate ai cecchini di 2fort agli improperi per quel piro che ti corre in faccia e gli parte una raffica di colpi critici per arrivare a quando il mio scarsissimo portatile decideva di abbandonarmi lasciando il mio personaggio fermo come una pera cotta per lunghi quanto improvvidi secondi. Mi buttai anche nel competitivo, assieme un team di amici intraprendenti (e molti più bravi di me) assieme ai quali riuscimmo anche a conquistare una coppa d’argento nella divisione 6, cioè qualcosa di ben lontano dalla categoria “pro” ma che comunque per noi fu una soddisfazione immensa.
TACHICARDIA PORTAMI VIA
Per stare a rivangare i miei trascorsi in quel di Team Fortress 2 e tutto ciò che l’ha circondato ci vorrebbe un editoriale a parte; giusto per citarne una, l’episodio che ancora mi fa morire dal ridere solo a pensarci, a più di dieci anni di distanza, è quando come commissario tecnico della nazionale italiana (Team Fortress 2 era una cosa seria ai tempi, eh) fu eletto un magistrale troll che non aveva nemmeno mai installato il gioco. Ma senza sprofondare nella nostalgia, il mio punto è che i giochi multiplayer sono da più di un decennio componente regolare della mia dieta videoludica. E anche lo spirito competitivo, bene o male, non mi ha mai abbandonato. Con il salto ai MOBA, Heroes of Newerth prima e DotA 2 poi, l’idea di provare a cimentarmi in qualcosa di più delle abituali sfide a scalare il ranking delle classificate fu sempre lì, qualcosa nascosto nei recessi del cervello ma puntualmente pronto a riemergere.
Anche perché, insomma, quando giocavo con il mio gruppetto di amici mi pareva sempre di cavarmela niente male, ero quello che si informava di più, che si spulciava la patch notes, sicuramente con un po’ di impegno avrei potuto fare il salto, no? Mi bastava solo trovare compagni di squadra decenti, tipo un giocatore di carry che non mi dicesse di prendergli Crystal Maiden perché “devo finire una partita a poker quindi prendimi un eroe che tanto non fa nulla lo stesso”. In realtà, sopravvalutavo ampiamente il mio stesso potenziale, ma la cosa che davvero mi fregava era un’altra: la mentalità. Quella, purtroppo, non l’ho mai avuta.
Continua nella prossima pagina…
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