Retrogamer, attenti: lo S.C.R.O.T.O. vi tiene d'occhio!

Quando leggerete questo editoriale, per alcuni di voi sarà troppo tardi. Gli Obliterator infatti sono già stati inviati presso le vostre abitazioni per distruggere qualsiasi apparato tecnologico più vecchio di cinque anni. Li immagino suonare alla vostra porta e chiedere di voi, con tono somigliante a quel “Sarah Connor?” che rese famoso il T-800. Aprirete, e sotto la minaccia delle armi consegnerete tutto il vostro ciarpame hardware. Commodore 64, Amigume vario (spoiler alert: non perdete nemmeno tempo a unboxare il 500 mini, tanto non lo userete mai), console dal ridicolo numero di bit e cabinati del secolo scorso verranno accatastati in un angolo, e dopo averci urinato sopra in segno di sfregio, gli Obliterator procederanno alla loro completa distruzione a suon di mighty foot di DukeNukemiana memoria, guarda caso un gioco antico, per aggiungere la beffa al danno. Nessun tasto rimarrà al proprio posto, nessun microswitch sarà in grado di funzionare ancora, nessun chip disporrà di piedini, nessun CRT avrà più il vetro. Terminato lo scempio, se ne andranno soddisfatti non prima di lasciarvi il monito “I’ll be back” perché tra qualche tempo ripasseranno a controllare se avete rimpinguato le vostre scorte di cybercianfrusaglie, dedicando loro il medesimo trattamento.

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Permettetemi di presentarvi l’organizzazione governativa S.C.R.O.T.O. (Save Children Rights! Obliterate The Obsolete!), che da tempo si dedica anima e corpo a far valere i diritti dei minori vessati da genitori snaturati intenti a far giocare i pargoli con videogame antidiluviani solo perché “questo era il preferito di papà”. Trovate ancora interessante sparare bollicine con un draghetto o uccidere zombie con un guerriero che perde l’armatura rimanendo in mutande? Benissimo, è un vostro diritto. Ma lasciate che la vostra prole possa giocare a Fortnite, o a Roblox, o a Fall Guys, o quello che più le aggrada senza improvvisarvi maestri del divertimento elettronico desiderosi di insegnare con che criterio si dovrebbero scegliere i videogiochi. Come hai detto? A tuo figlio piace tanto Pong? Lo preferisce a Brawl Stars? Ma davvero! Fammi vedere se ho un Obliterator libero in zona. Voi non lo capite con le buone, e noi quell’hardware malconcio ve lo fracassiamo una volta per tutte. Voi siete i dinosauri videoludici, e noi siamo il meteorite, che vi spazzerà via per lasciare il posto a forme di vita videoludica più evoluta. Non che noi non amiamo il retrogaming, anzi. Ci piace la pixel art, troviamo miracolose alcune realizzazioni a otto bit e in generale riusciamo a goderci qualsiasi piattaforma.

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Ed è proprio questo il punto. Se non siete capaci di essere buoni ma soprattutto discreti e silenti guardiani delle reliquie informatiche, propinandole invece a spron battuto alle nuove generazioni, allora non siete retrogamer. Siete delle mine vaganti, e non meritate di custodire le macchine che un tempo conobbero la gloria. Le avete contaminate con la vostra pestilenza, e devono essere distrutte. Solo così la maledizione si spezzerà e i giovani videogiocatori potranno crescere liberi di scegliere i Battle Royale che preferiscono.

VITE SALVATE DA UN FATO CRUDELE

Vi raccontiamo una complessa situazione famigliare in cui si è reso necessario l’invio di un Obliterator. Soggiorno di una casa qualsiasi, televisore 55 pollici 4K, ragazzino alle prese con Apex Legends, le sue mani si muovono velocissime sul gamepad, quasi come quelle del padre quasi quarant’anni prima a Track & Field, ma il piccolo svolge azioni molto più articolate che sbatocchiare un joystick a sinistra e a destra, e questo all’anziano non va giù. Aveva anche provato a farci un paio di partite a quel giochino moderno, solo per dimostrare che poteva uccidere tutti gli avversari che voleva, lui che aveva finito Green Beret con il primo omino, ma disgraziatamente era morto oneshottato nel giro di un paio di secondi archiviando la pratica con un patetico “non capisco come ci si possa divertire con quella roba”. Decide quindi che è arrivato il momento di iniziare il fanciullo alla nobile arte del vero videogame, e lo esorta a smettere subito con Fortnite e seguirlo. Sì, lo sappiamo, poco fa avevamo menzionato Apex Legends, e in realtà è proprio il titolo Respawn che risplende sullo schermo, ma per il giocatore d’altri tempi qualsiasi multiplayer con più di 2 giocatori contemporaneamente senza split screen è Fortnite.

Mentre scendono le scale dirigendosi verso lo scantinato, il padre chiede se non sia stupido faticare così tanto per guadagnare valuta da spendere in orpelli puramente estetici, che nulla cambiano a livello di statistiche e potenziamenti, dimentico dei mesi passati a craftare tinture per vestiti a Dark Age of Camelot. E che i videogiochi di una volta non erano violenti, c’era sì qualche pixel rosso sangue, ma nulla di più, non come tutti gli omicidi gratuiti di adesso, fingendo di scordare come canticchiava “War has never been so much fun” mentre una verde collina si riempiva di lapidi. Finalmente arrivano al fetido antro che ospita tutta la robaccia che non può trovare posto in casa. Si apre la porta, tutto intorno il disordine tipico di un luogo dove non si butta niente perché ogni cosa ha un valore affettivo: ci sono i vecchi scarponi di quando si sciava sul serio, una vecchia racchetta di quando si giocava a tennis sul serio, una bici da cross col cambio sul tubo centrale del telaio di quando si pedalava sul serio, e dei poster di Edwige Fenech che se sottoposti al Luminol si illuminerebbero d’immenso, di quando le attrici facevano sognare sul serio. “Facciamo una bella partita a calcio”, propone il padre. Il piccolo ingenuo prova inutilmente a rispondere che per giocare a FIFA 22 si poteva benissimo restare a casa. Ecco che invece su un microscopico e semisferico monitor si carica con tempi biblici International Soccer, classe 1983.

Con la faccia un po’ delusa, il giovane gamer chiede come si seleziona il Real Madrid. Non si può, risponde il genitore. Ok, come si setta la formazione? Non si può. Come si sceglie lo stadio? Non si può. Come si fa il colpo di tacco? Non si può. Come si battono le punizioni? Non si può. Ma quindi cosa si può fare? Prima che potesse finire la domanda, ecco che una figura pixellosa vagamente antropomorfa infila un cerchio bianco dentro una sorta di trapezio. Goooooooool! Urla il vecchio indemoniato, sbracciandosi e facendo la ola da solo, per poi proseguire con “Campioni del mondo! Campioni del mondo! Campioni del mondo!”. Di fronte allo sguardo spaesato e pure un po’ preoccupato dell’erede, il padre decide di giocarsi l’asso nella manica, e dopo un altro estenuante caricamento ecco arrivare Turrican. Si vede male, su quel vecchio CRT, i pixel sono tutti sbavati, ma è proprio questo il bello, fa notare l’anziano: non senti un formicolio agli occhi? Sono le diottrie che se ne vanno.

Del resto i videogiochi hanno dato tanto a noi, ma cosa siamo disposti a dare noi ai videogiochi? Che saranno mai quattro o cinque righe in meno sul tabellone dell’oculista in cambio di tali meraviglie? Siamo riusciti a intervenire durante una noiosissima sessione a Wizball, scaraventando il monitor a terra e riaccompagnando il ragazzo alla sua PS5, purificando in seguito lo sgabuzzino col fuoco, tra le urla disperate del retrodespota. La vostra arroganza, pari solo alla vostra incapacità di giudizio, vi spinge a pensare che senza la vostra guida la gioventù sia vittima di videogame privi di senso quando invece ha tra le mani delle vere opere d’arte che sono anche fenomeni di costume. Infatti ora eseguire speed run in diretta su Twitch è cool, mentre voi che superavate il livello ventiqualcosa a Nibbler eravate considerati strambi, a essere gentili.

SIATE RETROGAMER RESPONSABILI

Quindi, se provate nostalgia per i bei tempi andati in cui vi bullizzavano per essere videogiocatori, benissimo: siete come quelle ex sex symbol sul viale del tramonto che una volta persa la bellezza che aveva loro garantito fama e gloria si riciclano come paladine del body positivity. Vi ammiriamo per promuovere la retro positivity, ed è bellissimo vedervi partecipare a raduni tentando di rianimare vecchie console con un transistor nella fossa, semplicemente vi intimiamo di tenere giù le mani dai bambini. Oppure dimostrate coerenza, e se vi rompete un braccio, aggiustatelo con due lacci e un ramo per tenere l’osso a posto in qualche modo.

Pazzia? No, retromedicina. E quest’estate, condizionatori spenti e fatevi aria col ventaglio, nel nome della retroclimatizzazione. E ovviamente, via lo smartphone e si usa solo il telefono di casa, nel nome della retrocomunicazione. Non vi piace? Succede, ma ci saranno persone a cui piace. Solo che loro sono esseri umani senzienti come Bill dei meme sui social, non tediano i propri simili con le fissazioni personali, ma se le tengono e se le godono da soli, senza disturbare. Quindi, ci siamo permessi di navigare tra i vostri profili social, individuando soggetti retropericolosi che condividono foto di bimbi innocenti intenti a giocare a Galaga con la stessa espressione che avevano i prigionieri dei FARC quando dovevano apparire nei video dicendo “stiamo bene, ci trattano bene, va tutto bene” e inviando gli Obliterator. A tutti gli altri, avvertiamo: vi osserveremo, vi seguiremo in tutti i retroraduni presso i quali vi recate in compagnia dei vostri figli, che sono già istruiti su come chiedere il nostro intervento. Mentre voi li esorterete a provare il cabinato di Moon Patrol, obbligandoli a giocare in piedi invece che spaparanzati sul divano, loro eseguiranno la gesture di aiuto. La mano semiaperta, palmo verso l’alto, mimando per tre volte il gesto di soppesare qualcosa. Il segnale segreto per chiamare un Obliterator della S.C.R.O.T.O. e liberarli. Vi teniamo d’occhio.

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