Nanni Moretti è lì, pronto a pronunciare una delle battute più famose di Palombella Rossa: “Le parole sono importanti”. Tra urla e schiaffi, la situazione non è poi così diversa da quello che capita nel web appena un publisher decide di non includere un adattamento in lingua italiana di un atteso videogioco. Un putiferio.
CON UN PAD IN MANO
Sarà stato il 1995 o il 1994, vai a sapere, ma ero con mio padre seduto in sala mentre lui smanettava con il pad del NES, fra un’imprecazione e l’altra. Il gioco era Solstice (recuperato grazie all’interrogazione del sommo Danilo Dellafrana che con pochi miei ricordi mi ha tirato fuori il titolo, mostruoso) e papà non ci capisce letteralmente nulla. Dice che è tutto scritto in inglese e non sa cosa deve fare. Che grasse risate negli anni successivi quando il folletto della tana delle formiche in MediEvil era doppiato in italiano con un forte accento romanesco, una vera e propria novità nell’approcciarsi ad un gioco, per finire poi a seguire la saga di Kingdom Hearts e NON lamentarsi di dover leggere i sottotitoli per capire gli starnazzi di Paperino. La memoria attorno a Kingdom Hearts la potete recuperare qui in questo speciale, ma da quelle avventure sul NES fino ad arrivare ai giochi di metà anni 2000, l’evoluzione è stata impressionante e ogni tanto penso a come per un videogiocatore dell’età, all’epoca, di mio padre, fosse una roba rivoluzionaria sentire un doppiaggio italiano in un videogioco.
Ma torniamo ai nostri giorni e faccio un’aggiunta a questo elaborato proprio in virtù delle ultime dichiarazioni: l’atteso Starfield non riceverà doppiaggio in italiano, ma solo i classici sottotitoli. Non l’avessero mai comunicato. Il web ormai ha già sentenziato: loro (loro chi?) Starfield non lo compreranno, scaffale dicono. Mai come in questo caso ho volontariamente alzato il classico polverone sotto un post social chiedendo quale sarebbe il problema del non sentire un dialogo in italiano, ma leggerlo su schermo. Le risposte sono state molteplici, ma nessuna che riuscisse a coesistere assieme alle altre.
Si spaziava dalla difesa della nostra storia italiana, del non piegarsi al sistema della globalizzazione e del ripristino della lingua italiana nelle scuole (forse mi sono perso il momento in cui è stata abolita, o cosa?) fino alla semplicistica funzione pratica del non dover leggere sempre dei sottotitoli, che potrebbero distrarre dall’azione del gioco. Pensate che io, molte volte, quando ho un gioco adattato e doppiato in italiano, tendo ad attivare sempre i sottotitoli in italiano. Sia mai che non riesca a capire una parola con cadenza acuta del doppiatore.
IL PROBLEMA DEL DOPPIAGGIO SIAMO NOI?
Provate a negarlo: nella vostra vita avrete sicuramente sentito più di una persona dire che l’inglese lo ha assimilato proprio dai videogiochi. Anche perché altrimenti, come si sarebbe mai potuto Final Fantasy VII sulla prima PlayStation? Io ci metto il carico da 90, confessando che ancora oggi non so come sia riuscito a finire Wild Arms senza sapere una parola di inglese da giovanissimo, ma mi rendo conto che poi avendo avuto un Gabriel Knight 3 doppiato interamente in italiano, a malapena riuscito a districarmi dalle prime azioni di gioco.
Quello dell’adattamento in italiano di un videogioco è una discussione per cui ovunque ti poni nel discorso, sei nella parte sbagliata. Se provi a difendere la libertà decisionale di un publisher, veniamo visti come spocchiosi intellettualoidi, di quelli che se ne vanno per le strade della città con un cartello legato al collo con su scritto “se nel 2022 non sai ancora l’inglese, la colpa è tua”.
Di contro, voler dare ragione a chi pretende l’adattamento e il doppiaggio in italiano, gioca in un terreno dove è necessario ascoltare le tante e diverse motivazioni di ogni intervistato, che il più delle volte sono meramente motivazioni personali e come tali, vanno sempre prese in considerazione. Ma se il problema fosse, in uno strato nascosto del discorso, proprio lo stesso pubblico? Ho la possibilità di portarvi un esempio totalmente contrario e assurdo. Occupandomi principalmente di Cinema qui su TGM come su altri lidi, vi posso assicurare che quando veniamo invitati in una proiezione stampa, molti colleghi giornalisti e critici prima di entrare chiedono ai PR se il film sarà il lingua originale o doppiato, e se si palesa questa seconda opzione molti girano i tacchi e vanno via, perché il film (e sottoscrivo l’affermazione) deve essere fruito in originale.
DUE PESI E DUE MISURE
Incredibile dunque come appena si cambia settore di riferimento, la ricezione di un problema quale l’adattamento in italiano cambi improvvisamente il proprio valore. Mentre i videogiocatori soppesano il loro acquisto in base alla voce in italiano, i critici, come anche la grande nicchia di cinefili incalliti, assistono sempre e solo a proiezioni in originale.
Allora il problema è davvero quello dell’inglese o no? Affrontando il discorso con un altro collega, ci siamo ritrovati sulla stessa lunghezza d’onda quando siamo involontariamente arrivati in un punto totalmente fuori dal discorso in oggetto, quello dello stato dell’istruzione nelle nostre scuole, un’istruzione che ha sempre visto l’insegnamento delle lingue in forte ostaggio da Ministeri forse troppo pigri o conservatori di una linea d’insegnamento definita – erroneamente – completa e totale. Effettivamente io stesso ho provato sulla mia pelle il grande mistero per cui a 15 anni, passai tre mesi a Londra per studiare l’inglese, padroneggiandolo perfettamente, per poi tornare a Roma e scordarmi ogni singolo vocabolo in uso anche dalla Regina Elisabetta nel giro di una manciata di settimane. Semplicemente il mio cervello aveva capito che non c’era più bisogno di impegnarsi in quella lingua e tutto è stato resettato.
Dunque mi chiedo, perché questo accanirsi su Starfield o il prossimo grosso gioco che beneficerà solo di testi adattati in italiano, mentre appunto titoli quali Kingdom Hearts o anche GTA 5 vengono usufruiti nella loro lingua originale senza battere ciglio o l’ombra di una polemica? Secondo me perché i videogiocatori sono al tempo stessi assai pigri, come terribilmente consapevoli che doppiare un videogioco come GTA 5 in italiano sarebbe una profanazione, giacché andrebbe ad uccidere un lavoro di testi e recitazione degli attori coinvolti, magistrale. Rincaro la dose: immaginate un Red Dead Redemption 2 doppiato in italiano. Brividi, ma non di certo positivi.
DUNQUE, CHI HA RAGIONE?
Esattamente come noi beneficiamo di ottimi doppiatori, anche chi presta viso, voce e interpretazione in forma originale ad un personaggio videoludico è un professionista del settore, dunque in ambe due le parti, ci sarà sempre una pare lesa che vedrà nella scelta di adattamento sì e adattamento no un’offesa ad un suo lavoro, ma credo che anche il concetto dell’offesa sia un problema che si ponga solo il videogiocatore, con i professionisti della voce che sono pronti già a tuffarsi al prossimo problema.
In conclusione, dove pende l’ago della bilancia? È terribilmente difficile dirlo e forse una soluzione non c’è, soltanto perché chi avanza feroci critiche alla mancanza di un adattamento in italiano non è mai concorde sul vero motivo per cui far scaturire questo disagio e relativa ira. Mi rendo conto che fruire di un film in lingua originale è un piacere mio, del tutto personale, che non deve e non incontrerà mai il supporto magari di chi preferisce sentire ancora Luca Ward nell’ennesimo serial tv o film al cinema. Proviamo a stipulare un organo di controllo, un sindacato che possa seriamente accogliere un’idea concreta per ogni detrattore, così da poter abbracciare una prima presa di posizione ufficiale, coerente, con cui iniziare a lavorare. Poi c’è il mio consiglio che è quello di sfruttare il cervello come il vero muscolo che è: proviamo ad accantonare i pregiudizi e goderci di un videogioco adattato in italiano solo nei testi. Poi magari ci prendete la mano, allenate l’attenzione e la percezione delle cose attorno a voi e forse, sotto sotto, scoprirete che sì dai, alla fine anche solo con i sottotitoli si può godere al 100% (e non qualche punto in meno) di quel videogioco, come se fosse stato anche adattato in italiano nella sua totalità.