Sora è lì, in riva ad una spiaggia, un bastoncino tra i denti e un altro nella mano, il rumore soave delle onde che portano acqua ai piedi del giovane, tutto questo mentre Dearly Beloved suona delicata le prime note del tema musica di Kingdom Hearts. Era il 2002 e il mondo si apprestava ad addentrarsi in una nuova, incredibile fantasia.
Crescere con i videogiochi è un po’ come crescere con il cinema e con i grandi franchise che popolano i due medium per decadi. Kingdom Hearts è uno di questi, di quei progetti decennali, che hanno coinvolto un sacco di di macchine da gioco e decine di milioni di giocatori nel mondo. Nel 2022 sono venti anni dall’uscita del primo capitolo, ma come festeggiare o rendere omaggio a un franchise iniziato a bomba, frammentato nel corso degli anni e poi proiettato in un futuro ancora non definito?
Potrei stilare tutti gli avvenimenti narrativi di cui si compone la storia fino a questo punto, ma in quanti avranno fatto lo stesso lavoro su altri lidi? Molti e probabilmente sarebbe difficile riorganizzare tutta la storia in poche righe che non ripetano quanto già scritto. Rimuginando sulla stesura o meno di questo pezzo, cercando di applicare una natura diversa dal solito, ho realizzato quanto la saga di Nomura abbia segnato particolari tappe della mia vita. Probabilmente questa appena scritta è una frase fatta, applicabile a qualunque altra vita o esperienza di tale spessore, ma questo non rende meno profonde le tracce lasciate da Sora e compagni. E sono sicuro che lo stesso vale anche per alcuni dei lettori.
KINGDOM HEARTS, DOVE TUTTO EBBE INIZIO
Io ricordo benissimo il mio primo approccio con Kingdom Hearts: lo schifai senza ritegno: un gioco Square che si fonde con la dolcezza e le visioni confettate di casa Disney? Anche no, grazie e di quel 2002 ci spostiamo subito al 2006, con quelle grigie e bislacche confezioni Platinum dei migliori titoli per PlayStation 2 vendute a scarsi 20 Euro nelle grandi catene di elettronica. Era la fine di luglio, vivevo in prospettiva di circa venti giorni di agosto nella casa al mare e a me il mare non piace. Perché no, diamogli questa occasione.
PRESO IL PAD IN MANO, SONO STATO TRASCINATO A FORZA IN QUESTO MONDO
La fine. Preso il pad in mano sono stato trascinato a forza in questo mondo così perfetto, cristallino, ludicamente intrigante e ancora oggi, una grande gioia da vedere e giocare. Le mie vacanze estive sono passate così, con mio padre che mi punzecchiava sul fatto di passare le giornate davanti un televisore per poi, incuriosito, finire anche lui seduto accanto a me per seguire quella stramba avventura, fregandosene della sabbia tra i piedi, giacché qui lo scopo era dei più nobili: sconfiggere Ansem e salvare Kingdom Hearts. Tutto bello, bellissimo, ma l’aver scoperto tardivamente il gioco, mi diede una spinta maggiore nel provare a cercare qualche informazione del gioco su internet per scoprire da che lì a breve, sarebbe uscito anche in Italia il sequel, Kingdom Hearts 2.
LA VIA MAESTRA
Poche sono le certezze della vita, tra queste comunque vi è l’incredibile inutilità di Pippo e Paperino come personaggi di supporto. Questo è un po’ una frase ricorrente per chiunque abbia messo mano al franchise e che sia un problema di bilanciamento o di istruzioni di gioco, ancora oggi è un grande mistero, ma finché non si supera la metà del gioco, Pippo non difende mai e Paperino ti cura sempre quando non è necessario farlo, ma nonostante tutto, la community si concentrava su altro, continuando ad amare il gioco.
Una mia personalissima esperienza di crescita e scoperta di Internet è avvenuta proprio con Kingdom Hearts. Certo, le edicole erano ancora luogo e fonte primaria di approvvigionamento di fondamentali guide (o bibbie di codici, tomo che sono certo abbia trovato uno spazio nelle casa di tutti in passato) per scoprire tutti i segreti dei nostri videogiochi preferiti. Kingdom Hearts era tra questi, con boss secondari e segreti, oggetti tra i più rari e i Keyblade più performanti. Le paginette delle guide erano piene di miei scarabocchi, appunti, considerazioni o piccoli trucchi su come ho sconfitto quello o quell’altro boss. L’attenzione e quasi ossessione per il completismo poi ha trovato sfogo sul web, dove tantissimi appassionati condensavano consigli, esperienze e guide ancora più precise nello spazio comune di Internet e immagino che ognuno di noi sia capitato, anche solo per sbaglio, nelle pagine di Rinoa’s Diary, cosa che mi ha reso molto felice trovare questo spazio online ancora oggi, a circa venti anni di distanza.
UN CUORE FRAMMENTATO
Il passo verso Kingdom Hearts 2 è stato di duplice valore e funzione: un sentimento e un amore crescente a cui si è affiancata la frustrazione di aver mancato dei pezzi. Nel dicembre 2006 mi reco nella solita catena di elettronica per comprare Kingdom Hearts 2 per PlayStation 2. Ho ancora la custodia con dentro lo scontrino. Non so perché l’ho conservato, ma subito sotto noto un coloratissimo libretto delle istruzioni. Oggetti rari al giorno d’oggi, ma sappiate che nei circa quindici minuti di autobus che mi dividevano dall’arrivo a casa, io quel libretto, quella guida spicciola al mondo di gioco, l’ho divorato. Se pochi mesi prima avevo scoperto il capostipite, ora mi sentivo quasi un privilegiato nel poter godere in tempi brevissimi anche di questo secondo capitolo. Una gioia incontenibile che si è prolungata appena sceso dall’autobus, incamminandomi verso casa e poco prima di entrare l’evento nefasto prende le forme di un amico che sentenzia a pochi metri dalla mia abitazione “giochi quello senza aver giocato Chain of Memories?”.
Un capitolo precedente di mezzo? GameBoy Advance? La domanda mi terrorizza e annienta tutta la felicità che avevo in copro fino a quel momento. Mi sarei goduto quel Kingdom Hearts 2 senza aver giocato Chain of Memories?
E la risposta è un secco Sì, ma con le dovute riserve. Non ho mai digerito questa estrema frammentazione del franchise in tante piccole parentesi, che alla lontana potevano essere considerate come spin-off, per poi rendersi conto nel corso degli anni, che invece erano capitoli estremamente fondamentali per capire tutta la narrazione ideata da Nomura, figura che fino a quel momento avevo inondato di amore e che ora cominciavo ad odiare un po’. Kingdom Hearts 2 si rivelò un gioco grandioso, ma non ho mai digerito che di quella Organizzazione XIII, concretamente, ne ho sconfitti solo la metà, non sapendo esattamente il destino degli altri, assenti ingiustificati.
UN OCCHIO AL PASSATO E L’ALTRO AL FUTURO
Kingdom Hearts 2 l’ho finito durante le vacanze natalizie da scuola, tanto da arrivare al solito capodanno con gli amici per vantarmi di aver scovato ogni segreto del gioco, guardandomi come si guarda un cane delirante e zoppicante. Chi parlava di ragazze e chi di Keyblade o Coppe Ade. Ad ognuno il suo. Ancora una volta ci spostiamo di altri anni mesi per vedere i frutti della frammentazione del franchise colpirmi direttamente: viene annunciato un capitolo di Kingdom Hearts esclusivo per PlayStation Portable. Propongo un patto scellerato a mio padre: aiutarlo nel periodo estivo con il lavoro, così da avere i soldi a sufficienza per prendere la macchina gioco e poter giocare a quel titolo, perché su internet si parla e straparla di Kingdom Hearts 3, ma non c’è nulla di ufficiale, ma mio padre santo uomo si ricorda che Kingdom Hearts piacque anche a lui e mi compra la portatile di Sony senza battere ciglio.
ARRIVA IL TURNO DI BIRTH BY SLEEP, STAVOLTA SU PSP, CHE NATURALMENTE MI INCASINA ANCORA DI PIU IL CERVELLO
La chiusura di questo flusso di coscienza come di ricordi potrebbe essere il senso stesso di questo articolo. Dopo averlo atteso per tanti, tantissimi anni, arrivando ad invecchiare assieme la saga di Kingdom Hearts, quando finalmente uscì Kingdom Hearts 3 persi molto dell’interesse a giocarlo. All’uscita del gioco si lega anche, due settimane prima, la scomparsa di mio padre, una figura che ormai il mio cervello ha associato a Kingdom Hearts in un modo indelebile, perché lui c’era assieme a me, chiuso dentro casa mentre fuori c’era sabbia, mare e sole a giocare al primo capitolo, stessa cosa con il secondo, e come dimenticare il suo finanziamento per l’acquisto della piccola portatile Sony, così da poter avere accesso a quell’ennesimo frammento sparso di Kingdom Hearts.
Mi è sembrato sbagliato e ingiusto finire quella storia che andava avanti da decadi senza di lui, ecco il perché della scelta di tardare l’acquisto come l’avvio dell’avventura. Che poi Kingdom Hearts 3 non abbia soddisfatto le mie aspettative e stia abbastanza odiando la direzione che ha intrapreso Nomura, ormai palesemente in preda a una follia indescrivibile post cancellazione del suo Final Fantasy, questa è un’altra storia che sarà da narrare in altri modi e in altri spazi.
Ricordare questi avvenimenti, ricorrenze o appunto compleanni, anche di qualcosa per cui i sentimenti sono cambiati, sono segni importanti perché in qualche modo parlando anche di noi, del tempo abbiamo passato e delle cicatrici che ci siamo ritrovati sul corpo. È un po’ lo stesso effetto di legare un oggetto, un film o appunto un videogioco a un determinato ricordo e questo vive e pulsa di energia ogni qual volta che quell’oggetto ritorna per poco tra le nostre mani. Nel rivedere il primo incontro di Pippo, Paperino e Sora, rivedo il me giovane, emozionato, con i pantaloncini corti del costume a sudare dentro casa, con il sole che filtra dal vetro della finestra e alza la temperatura mentre lì ero tutto preso a sconfiggere l’oscurità.
Un compleanno grande quello di Kingdom Hearts che mi ricorda, questa volta con il sorriso tra i denti, il tempo che è passato e il tempo che ho passato con qualcuno accanto, giocando a tutte quelle avventure.