Giocare a Castlevania, 20 anni dopo

Partiamo da un presupposto: io sono un grande appassionato di metrodvania bidimensionali. Espandiamo questo presupposto: la mia passione per i metroidvania 2D nasce nel 2017, grazie a Hollow Knight. Questo significa che il numero di titoli della serie Castlevania che ho all’attivo è tristemente minuto.

castlevania advance collection

L’introduzione era doverosa non tanto perché sentissi il bisogno di liberare la mia anima dal peso di presunti peccati, ma per meglio spiegare il contesto in cui avviene ciò che sto per raccontarvi. Qualche mese fa, novello possessore di Steam Deck, mi aggiravo meditabondo per la mia libreria di Steam, riflettendo su quale titolo potesse essere il più adatto a sfruttare le potenzialità della console portatile. Naturalmente, la prima scelta non poteva che ricadere su Vampire Survivors; ma, qualche tempo dopo, durante uno dei tanti saldi con cui Valve decide di benedirci, vidi apparire scontata la Castlevania Advance Collection. Segno del destino? Forse, fatto sta che scucii ben volentieri quei circa dieci euro e mi preparai a godermi tre titoli vecchi di vent’anni dalla comodità del mio letto.

CASTLEVANIA: ADVANCED WARFARE

La Castlevania Advance Collection include i tre titoli della storica serie usciti su Game Boy Advance, e cioè Circle of the Moon (2001), Harmony of Dissonance (2002) e Aria of Sorrow (2003). In teoria c’è pure Dracula X, classe 1993, ma quello sa un po’ troppo di vecchio e non l’ho ancora avviato (chiedo scusa, fan del retrogaming). Ora, se volete l’opinione di qualcuno che è un grande esperto della saga, e più in generale della storia dei videogiochi, non posso fare altro che rimandarvi alla recensione che ne ha fatto Dan Hero; qua invece troverete l’esperienza di qualcuno che è l’esatto opposto, cioè che della serie non ha molta pratica.

saranno pure passati vent’anni, ma questi tre Castlevania li portano ben meglio di tanti altri loro coetanei

Parto, così da scudarmi preventivamente da furenti strali, dicendo che i tre titoli nel complesso mi sono piaciuti molto, ma andiamo con ordine. Castlevania: Circle of the Moon, 91 su Metacritic quindi per l’epoca doveva essere una bella bomba, è quello che mi ha convinto meno dei tre. Figo il Dual Set-Up System (le carte, per intenderci), un po’ meno fighe le miserrime drop rate, ma la vera sofferenza è stata la navigazione della mappa: fra Nathan che non è certo il protagonista più scattante della storia e un level design che per qualche motivo adora queste altissime colonne di stanze che devi ascendere a zig zag (chi ci ha giocato capirà) e il farti fare giri assurdi per andare dove devi andare, ogni volta che aprivo la mappa per capire quale sarebbe stata la mia prossima destinazione le divinità si preparavano sconsolate a indossare la loro cuffia insonorizzante. Ho anche qualche appunto da fare alla difficoltà, in alcuni casi più fastidiosa che interessante, ma per il resto sono arrivato fino alla fine quindi troppo brutta l’esperienza non dev’essere stata.

Il boss finale di Circle of the Moon è un infame assurdo: nella seconda fase, diventa difficilissimo (e rischiosissimo!) da colpire. Ammetto che salvare a metà scontro mi ha aiutato…

Diverso, e molto più positivo, è invece il discorso per Harmony of Dissonance e Aria of Sorrow. Del primo avevo sentito qualche critica per la questione del doppio castello, ma, francamente, a me la cosa non ha pesato particolarmente: certo, anche qui vale il discorso del dover rifare un sacco di strada, ma la differenza è che grazie alla scivolata Juste Belmont fila come un missile e dunque anche il backtracking non è mai stato una grande pena; e sono un grande fan delle timeline/dimensioni alternative, quindi saltare da una versione all’altra del castello e vedere cos’era cambiato mi piaceva sempre un sacco (tipo quando torni nell’area iniziale e ti trovi i Clear Bone, che sembrano gli scheletri base e quindi tu dici “ah gli scivolo addosso e li esplodo” e invece prendi un fracco di danni). Bellissimo poi Castlevania: Aria of Sorrow, con la sua pixel art spettacolare e con la varietà portata sia dalle armi equipaggiabili (perché la frusta dei Belmont ha il suo fascino indubbio, ma vuoi mettere trovarsi ad usare spadoni degni del protagonista di un JRPG?) sia dal sistema delle anime, un parziale richiamo al DSS di Circle of the Moon.

No, sul serio, la scivolata in Harmony of Dissonance è una roba pazzesca.

Ma questo articolo non vuole (solo) essere una non-recensione di tre titoli che di certo non hanno bisogno di presentazione da parte mia. Quello che più mi ha stupito, giocandoli, è che tutto sommato se uscissero oggi con giusto qualche aggiustamento di quality of life sarebbero tutti e tre dei metroidvania degnissimi. Spiego un attimo tramite un esempio cosa intendo quando parlo di aggiustamenti: in Harmony of Dissonance non ho mai utilizzato la magia perché attivarla o disattivarla implica passare per il sottomenù apposito, e averla attivata rimpiazza l’attacco speciale (croce, acqua santa, ascia, quelle robe lì). Non proprio il massimo della comodità, e se allora era giustificata dai pochi tasti del GBA oggi una cosa del genere sarebbe impensabile! Ma tornando ai giochi, forse al giorno d’oggi Circle of the Moon faticherebbe un po’ dato che è sicuramente il più grezzo del trio, Harmony of Dissonance dovrebbe superare qualche perplessità per il suo stile visivo, ma non ho dubbi che Aria of Sorrow, uscisse nel 2023, schizzerebbe direttamente nella parte più alta delle classifiche dei meglio metroidvania.

Anche Aria of Sorrow, come gli altri capitoli, ci vedrà affrontare la Morte. Rigorosamente con due fasi, quindi preparatevi!

Questo non vuole assolutamente andare a demerito dei metroidvania 2D moderni, anzi: negli ultimi anni ne sono usciti, al di là ovviamente dell’impossibile da ignorare Hollow Knight, un sacco di esponenti degnissimi (qualche nome così a memoria: Ender Lilies, Astalon: Tears of the Earth, Steamworld Dig 2, The Knight Witch) e anche il futuro per i fan del genere sembra molto promettente, fra Silksong, Afterimage, Momodora Moonlit Farewell, Nine Sols, The Last Faith e tanti altri ancora.

È un vero peccato come negli ultimi anni l’unico segno di vita di Castlevania sia stata la (pregevolissima) serie animata

Non può però che fare ancora più dispiacere pensare a come invece la serie di Castlevania, dopo aver raggiunto vette così alte da essere in grado di dire ancora la loro a due decenni di distanza, si sia semplicemente persa, con un passaggio al 3D che non è mai riuscito a convincere in maniera così decisiva come avevano fatto i capitoli in due dimensioni. E al di là delle responsabilità di Konami in tutto questo, va detto che anche Koji Igarashi, creatore di molti dei titoli più amati della saga, non è riuscito a convincere del tutto con Bloodstained: Ritual of the Night, un gioco che a dispetto dell’abbondante quantità non brillava per qualità, sicuramente rimanendo impresso – per meccaniche e per idee – molto meno di quanto riuscivano a fare produzioni con alle spalle nomi molto meno eccellenti. Un vero peccato. Speriamo che il futuro riesca a dare ai Belmont il lustro che il loro nome merita.

Articolo precedente
Overwatch 2 Antarctic Peninsula

Overwatch 2: uno sguardo alla nuova Antarctic Peninsula

Articolo successivo
ID@xbox the last case of benedict fox

ID@Xbox: dagli abissi del subconscio allo spazio profondo

Condividi con gli amici










Inviare

Password dimenticata