Death Stranding 2 è davvero meglio del primo? – L'Opinione

Death Stranding 2: On the Beach

PS5

Death Stranding 2 è davvero meglio del primo? – L'Opinione

Tra i giudizi complessivi sul primo Death Stranding e quelli su On The Beach non ballano solo alcuni punti nella media delle recensioni. Per come la vedo io, c’è quello che vogliamo che siano i videogiochi.

L’umanità sarà pure sull’orlo dell’estinzione, ma fino all’ultimo avremo bisogno dei corrieri.

Death Stranding 2 è stato salutato un po’ dappertutto (TGM non fa eccezione) con valutazioni migliori rispetto a quelle in calce alle recensioni del primo novembre 2019, la data in cui scadeva l’embargo di Death Stranding. Non è solo una questione di media su Metacritic: On The Beach, numeri alla mano, è stato meno divisivo, con nessuna recensione negativa e sei “mixed”, laddove il primo capitolo aveva registrato 3 recensioni negative e 22 non entusiaste. Peraltro il campione censito su Metacritc è anche più grande, per quanto riguarda Death Stranding 2, con 148 recensioni prese in esame contro 122.

Si può dire abbastanza tranquillamente che Death Stranding 2 sia piaciuto più del primo.

O almeno, il sentire medio tra chi si occupa di recensioni è questo. Già, ma perché? Metacritic si ferma qui: è facile ragionare di medie e deviazioni standard finché si parla di numeri, diventa più complesso farlo quando un sentire va espresso in parole. Io però ho giocato Death Stranding e Death Stranding 2 per un sacco di ore, e credo di aver discusso il primo capitolo per altrettanto tempo. E la mia esperienza di gioco mi porta a dire che Death Stranding 2 sia piaciuto di più per un motivo molto banale: è un gioco più divertente.

day oneDeath Stranding è un gioco che si prende il suo tempo. L’inizio serve per imparare a camminare, perché a differenza di quello che succede in un videogioco medio Sam inciampa, perde l’equilibrio e deve trovare il modo di andare da A a B senza sfracellarsi per terra ad ogni passo. Passano ore prima che si acquisiscano le prime armi, e non sono nemmeno così interessanti da utilizzare, le granate che si ottengono dalle secrezioni di Sam alla fine sono più che altro un diversivo che permette di scappare dalle BT più che di affrontarle. In On The Beach il primo combattimento arriva dopo mezz’ora di gioco. Non solo, in quelle successive poi si sbloccano gadget su gadget. Un fucile da cecchino abbastanza rumoroso, che però di contro permette di colpire i Muli nelle loro basi da grande distanza (e che comunque con un po’ di consegne si ottiene anche in versione silenziata). Lance elettrificate che si possono usare sia per il corpo a corpo che come armi a media gittata. Pistole, fucili d’assalto, a pompa. Uno spara-bolas strordente e una serie di granate utili sia per stordire che come diversivo. A 10 anni dall’uscita di The Phantom Pain, Death Stranding 2 sembra molto piùun sequel suo che di Death Stranding.

Death Stranding 2 mette il bastone davanti alla corda

Non è solo una questione di bastoni che sei anni dopo hanno più spazio delle corde, cosa che comunque Kojima Production non manca di evidenziare per bocca di un personaggio quasi a voler rompere la quarta parete. Death Stranding 2 rinuncia a diverse delle scelte che nel primo capitolo mettevano il viaggio al centro del messaggio. C’è molta più quality of life, la Magellan può essere sfruttata come magazzino mobile per le risorse ottenute dagli altri avamposti in modo da poterle trasportare nei punti più vicini alle strade e alle monorotaie da ricostruire. L’esistenza stessa della monorotaia è una gran bella botta da questo punto di vista: viaggiare diventa più facile praticamente già dopo il prologo in Messico, e più avanti oltre a ingrandirsi secondo i binari prestabiliti sarà possibile integrare la monorotaia con le teleferiche già viste sul finire del primo capitolo.  Ci sono anche molte più situazioni tipicamente kojimiane, in Death Stranding 2, momenti a metà via tra il trash e l’allucinazione onirica che in almeno un paio di subquest si traducono in esperienze alle soglie dell’assurdo.

L’unico, per tanti versi anche grosso, difetto di On The Beach forse è proprio questo, il mandare praticamente fin da subito in caciara qualunque velleità filosofica e tutti i suoi spunti di riflessione. Stiamo invadendo de facto uno stato sovrano, decidendo di connettere l’Australia alla rete chirale, e la cosa viene anche evidenziata in un paio di dialoghi. Però è tutto lì, non ci sono riflessioni, Sam è troppo impegnato a giocare coi suoi nuovi bastoni e a guardare la media su Metacritic, beh, viene da dire che per chi ha giocato e valutato il gioco è lo stesso.

John Carmack aveva ragione?

Non è solo una questione di scrittura (anche il primo Death Stranding non era eccezionale in questo, mascherando la cosa dietro un world building invece notevole), ma soprattutto di attitudine. Death Stranding 2 voleva essere più giocattolo del primo, forse per andare incontro a chi parlava di “Bartolini Simulator”, forse perché Kojima voleva dimostrarci per l’ennesima volta che quando decide di fare il game designer non ce n’è per nessun altro. Voleva e ci riesce alla grande, numeri alla mano. Solo che se è basato togliere a Death Stranding tutto quello che lo rendeva tale per piacerci di più, vuol dire che di Death Stranding non ci abbiamo capito molto. E tutto sommato 22 anni fa John Carmack non c’era andato lontano dicendo che la trama nei videogiochi è un po’ come quella nei film porno: ti aspetti che ci sia, non è così importante.

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