Non voglio fare un editoriale sul fitness, state tranquilli (anche se magari prima o poi di RingFit Adventure scriverò, chi lo sa!), però voglio parlare comunque del fisico, quello degli altri! Altri virtuali, quelli in cui ci trasferiamo mente e corpo, trascinati da quel magnifico, complesso e sfuggente costrutto che è il gameplay di un videogioco. Quello della fisicità è un concetto spesso subliminale; ci si accorge quando c’è e quando manca, però non è una caratteristica plateale, come possono essere strutture tecniche di alto livello o direzioni artistiche da Sindrome di Stendhal. È però una caratteristica determinante, quello sicuramente.
A ogni nuovo capitolo di Super Mario, che sia 2D o 3D, rifioriscono le lodi sull’inerzia che Nintendo riesce a dare al personaggio, quel peso, quella gravità che rende gli input del giocatore così naturali e fluidi. La sensazione è quanto più vicina ad una connessione 1:1 tra Mario e il giocatore; è un po’ come quando si diventa bravi in uno sport, dove un movimento ben eseguito preannuncia il risultato del gesto atletico: collo pieno = palla all’incrocio; salto con rincorsa e pressione prolungata del tasto = piattaforma raggiunta con leggiadria millimetrica. Ma non è solo questione di quanto un avatar risponde in maniera naturale a quello che il cervello del giocatore si aspetta. C’è anche una questione di presenza scenica, un po’ come succede nei film d’azione. Da Schwarzenegger mi aspetto azioni dirompenti, spettacolari, implacabili, esattamente quello che mi aspetto da Kratos.
E SE NON HAI IL FISICO?
Questo è un esempio interessante perché, nonostante la bontà dei titoli, i primi capitoli per PS2 di God of War mostravano una certa e innaturale leggerezza nel controllo dell’eroe greco, sensazione che la nuova serie ha totalmente ribaltato, rendendo la fisicità cardine di game design. Non solo Kratos occupa 1/3 abbondante di schermo, risultando subito ingombrante alla vista, ma la qualità delle animazioni e la violenza delle collisioni fanno si che il personaggio sia uno dei più goduriosi, prestanti e tangibili di sempre.
in fondo è proprio il non sentirsi estranei, fuori posto, scollati ad esaltare la presenza del giocatore in un mondo virtuale

Super Mario Odyssey è quanto di più fluido, a livello di controlli, abbia provato negli ultimi anni, e “possedere” i nemici varia continuamente la sensazione di fisicità all’interno dei livelli
Ad aggiungere un ulteriore strato al discorso ci pensa l’hardware che, dall’avvento della vibrazione, si è evoluto fino al DualSense di PlayStation 5. La resistenza dei grilletti e il feedback aptico sono elementi certamente non fondamentali ma capaci, se usati a dovere, di migliorare in maniera drastica specifiche esperienze di gioco. Penso a Gran Turismo 7 ad esempio, e a come le caratteristiche del controller (unite ad un game design studiato a dovere) riescano a sopperire alla mancanza di un volante, dando alla maggior parte dei giocatori la possibilità di godere appieno l’esperienza senza costose periferiche dedicate.

Non era per nulla scontato riuscire a rendere bene una fisicità felina, eppure BlueTwelve Studio c’è riuscita alla grande!
“Sentire” i cordoli sotto le ruote, modulare acceleratore e freno con grande precisione, percepire una perdita di aderenza; sono tutte sensazioni che donano all’esperienza una piacevolezza e una tridimensionalità da cui francamente è difficile poi tornare indietro. Forse ancora più importante rispetto alle azioni di “destrezza” è la capacità di rendere bene la camminata (e la corsa) dei personaggi, soprattutto in contesti open world o comunque dove l’esplorazione e gli spostamenti rilassati ricoprono buona parte dell’esperienza. Più importante non tanto in termini di pura giocabilità ma di coinvolgimento.
Forse ancora più importante rispetto alle azioni di “destrezza” è la capacità di rendere bene la camminata (e la corsa) dei personaggi, soprattutto in contesti open world