Il potere delle connessioni – Speciale

Siamo animali sociali e ripudiare tale situazione equivale a rinnegare la nostra stessa natura. Possiamo prediligere uno stile di vita elitario, egoista o quel che ci va, ma niente regala quella sensazione di una connessione viva e pulsante con qualcosa, qualcuno, capace di veicolare un carico di emozioni altrimenti impossibile da percepire.

Non pochi giorni rivedevo in un momento di noia Pacific Rim di Guillermo del Toro. Il film si apre proprio con un combattimento furioso tra un Kaiju e una Jaeger, quest’ultimo pilotato da due fratelli. I robottoni vengono pilotati da una duplice forza, due persone che condividono qualcosa di speciale affinché possano collegarsi in simultanea come un’unica mente. Un unico grande cervello così da pilotare ogni parte della possente macchina.

Poi per i due si fa difficile, il Kaiju perfora una parte dell’abitacolo e uccide uno dei due fratelli. L’altro si ritira, va a costruire enormi barriere di metallo consapevole che tali strutture non potranno mai fermare i grossi mostri. La sua connessione principale è andata perduta e quando questa si è spenta, essendo collegati, lui ha sentito la fiamma spegnersi, provando il dolore della morte sulla pelle, rimanendo ancora vivo.

Pacific Rim 2 La Rivolta si presenta con un nuovo spettacolare trailer

La mente vola in qualche modo a Hideo Kojima, alla sua storia: sapevate che giovanissimo, poco più di dieci anni, Kojima perse il padre improvvisamente? Un’emorragia celebrale durante una normalissima cena. Lo portarono di corsa via in ambulanza ma Hideo, dopo quella notte, non lo rivedrà più.

Quante cose avrebbe voluto dirgli? Quante passioni avrebbe voluto esplorare e raccontare alla figura paterna? Tante, tantissime, “conoscendo” il geniale game director possiamo esserne certi di questa affermazione. Poi ripercorriamo tutta la saga di Metal Gear, il complesso rapporto tra Liquid, Big Boss e Snake, il saluto alla vista della lapide ignota per The Boss, le ultime parole che passano tra un padre e un figlio.

Quella connessione Kojima ce l’ha raccontata in ogni aspetto nelle sue opere, cercando proprio nel videogioco di ricreare quella connessione persa con il padre decenni prima. Qualche parola, un sogno o anche il possente abbraccio posto alla fine di Death Stranding, sempre tra padre e figlio, per chi è cresciuto assieme e per chi non ha avuto la fortuna dello stesso percorso di vita.

Death Stranding director's cut pc

Ico e Yorda si tengono la mano per un intero gioco, in Kingdom Hearts il legame trai i tre protagonisti è talmente forte che supera l’apertura o la chiusura delle porte dei mondi e in Death Stranding siamo chiamati a creare collegamenti, necessari per ricostruire un sistema civilizzato.

Ordini che abbiano eseguito perché ci sono stati impartiti, magari con estrema gentilezza al suono di una semplice parola, che poi scopriremo essere una menzogna e in Bioshock – scegliendo la strada della salvezza – ci ritroveremo come uomini soli, ma con il potere tra le nostre mani di creare nuove connessioni con le sorelline che decideremo di salvare. Quasi una figura messianica nel salvare vite umane e contribuire al proseguimento delle stesse, che ci saranno vicine fino alla fine dei nostri giorni.

Chi salva una vita salva il mondo intero e ciò che restituiamo al mondo è una realtà che necessita di tali connessioni.

sam bridges death stranding

Sarà il tempo, gli anni che passano per tutti in modo inevitabile, la percezione di cosa abbiamo attorno che cambia radicalmente. Appena fuori dalla finestra ci sono popoli in guerra, conflitti intrapresi in questi ultimi tempi e segni di quelli precedenti più o meno vicini: ne contiamo fino all’inizio della storia documentata, ma oggi più che mai percepisco questa situazione come inaccettabile. Una parte del mondo civilizzato sembra percepire il bisogno di questi legami, altri meno, ed è strabiliante come un medium spesso sempre criticato come quello videoludico è, a oggi, uno di quelli che più ha sperimentato la necessità di entrare in contatto del genere umano. In parte per via narrativa, come altri canali espressivi, ma anche per le proprie caratteristiche tecnologiche costitutive, progredite insieme alla civiltà telematica.

L’esercizio che propongo in chiusura è il seguente: guardatevi dietro, provate a cogliere i segnali anche minimi in questo o quell’altro film, o nel gioco che state provando, avete provato o proverete domani. C’è una collettività che ci chiama, persino sotto l’aspetto ilare di un Helldivers 2, e chiede seriamente di ristabilire dei collegamenti umani con ogni persona che abbiamo attorno.

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