E così, Astro Bot ha trionfato alla decima edizione di The Games Awards, passando alla storia come il miglior gioco del 2024. Meritato? Non meritato? La concorrenza nelle nomination non era poi così agguerrita, anche se titoli già ben installati negli hard disk e nei cuori dei gamer come Final Fantasy o Elden Ring non si potevano certo definire avversari facili. E nemmeno le new entry Black Myth: Wukong e Metaphor: ReFantazio non scherzavano. Dulcis in fundo c’era pure Balatro, che nel momento in cui sto scrivendo ha sfondato il muro dei cinque milioni di copie vendute.
Fosse per me, avrebbe dovuto vincere Elden Ring – gli hater diranno il DLC di Elden Ring – perché tra dieci anni il ricordo della battaglia contro Miquella sarà molto più vivido rispetto ai salti di piattaforma in piattaforma di Astro Bot, così come le funamboliche schivate in bullet time di Max Payne son rimaste impresse nei miei neuroni più di qualsiasi boss battle affrontata con Mario. Mi piacciono i videogame in cui ogni passo può far la differenza tra la vita e la morte, e amo immedesimarmi nei protagonisti. E no, nei panni di un robottino salterino non mi ci vedo proprio. Tuttavia, sono estremamente contento che la produzione di Team Asobi abbia trionfato. Perché?
ASTRO BOT, ESATTAMENTE CHE CI FAI QUI?
In Astro Bot manca tutto ciò che dovrebbe assolutamente essere presente in un Vero Videogame Moderno: il protagonista non rappresenta alcuna etnia, non ha preferenze affettive o sessuali né allineamento morale, e non dispone di alcunché in grado di invogliare una qualsiasi fazione politica ad appropriarsene. La storia non pretende di insegnarci nulla, non ci sono scelte da prendere coscienziosamente, non viene denigrata la razza umana sempre intenta a distruggere il pianeta / farsi la guerra / telefonare di sabato per proporre un nuovo operatore telefonico.
La genesi del gioco addirittura rasenta il ridicolo: semplificando, potremmo dire che si tratta di un ex tech demo tirato a lucido. Il pubblico però si è espresso, e ha scelto proprio lui. A questo punto i miei lettori immaginari staranno pensando che devo proprio essere in mala fede, ingenuo o molto disinformato per credere che i TGA rappresentino in qualche modo i gusti dei giocatori, ma a me piace pensare che sia così e in ogni caso alla fine, come negli Oscar o nel calcio, ha sempre ragione chi alza al cielo la statuetta o la coppa.
In Astro Bot manca tutto ciò che dovrebbe assolutamente essere presente in un Vero Videogame Moderno, eppure ha vinto. Quale sarà il suo segreto?
I GIOCHI PLUG AND PLAY
Il simpatico robottino, come il baffuto idraulico o lo scattante porcospino, piace perché ci ricorda lo scopo atavico dei videogiochi: battere la macchina che ci sta sfidando. Che si tratti di completare novanta livelli, raccogliere tutte le monete o tutti gli anelli, siamo sempre noi contro il software, che cerca di ostacolarci in modo sempre più aggressivo.
Non dimentichiamo lo scopo atavico dei videogame: la sfida tra uomo e macchina, tra pad e software. Il resto viene dopo.
Così, per par condicio, dopo Baldur’s Gate 3, vincitore del TGA 2023 e degno rappresentante dei videogame dalle molteplici sfaccettature, era giusto che questa volta vincesse un titolo plug and play, in cui bisogna solo premere Start e dimostrare che la nostra coordinazione oculomotoria non appartiene ad abitanti di questo pianeta. Con buona pace dei Gamegistrati. E chi sarebbero?
SEI ANCHE TU UN GAMEGISTRATO?
Il Gamegistrato, parola composta da Gamer e Magistrato, è una figura centrale in una società in cui i videogiochi non sono più solo intrattenimento, ma strumenti di educazione e giudizio morale. Egli osserva, valuta e stima le scelte di ciascun giocatore, utilizzando i dati raccolti per decidere il destino del soggetto. Non preoccupatevi: è impossibile che tutti i videogame siano per tutti i giocatori. Per quanto ci si sforzi di rendere i prodotti accessibili alla più ampia fetta di popolazione possibile, ci saranno sempre degli esclusi. Per scelta personale, o per inclinazione. Si pensi alle produzioni Frictional Games, spesso inquietanti e angoscianti. Chi si sente a disagio di fronte a jumpscare o situazioni nictofobiche, giustamente dirigerà le proprie attenzioni verso altro. Nessuno verrà mai rimproverato per aver abbandonato un Amnesia.
Il Gamegistrato applica due pesi e due misure. Molli Amnesia? Succede. Molli Spiritfarer? Sei un rozzo insensibile. Perché?

The Endling – Extinction is Forever. L’ho giocato. L’ho anche recensito. Mi è piaciuto, ma non ho pianto. Ahi, Ahi, Ahi.
Condannati a giocare a Sonic, perché i giochi adulti “non sono per tutti”. Improvvisamente quel “non per tutti” cessa di essere una condizione soggettiva e diventa oggetto di discriminazione; mi dispiace che tu abbia dovuto mollare The Evil Within, effettivamente non è un gioco per tutti, ma se abbandoni This War of Mine allora non capisci nulla di videogame. Ai Gamegistrati piace darsi un’aura di intellettuali, lo si vede da come parlano di videogame su Steam, sui social, a volte anche su testate specializzate, pretendendo di renderci edotti a anche discapito di qualche congiuntivo da sottolineare con penna blu; non vorrete mica mettervi a fare i grammar nazi di fronte al dramma di Mamma Volpe che se non avrebbe (sic) incontrato l’uomo era (ri-sic) ancora viva? Inutile per noi, popolino da Panem et Circenses, confutare le elucubrazioni dei Gamegistrati.
SONO SEMPRE STATI TRA NOI
La genesi del Gamegistrato è remota quanto il mondo, sono cambiati solo i nomi con i quali viene identificato, e da sempre ama incasellare gli uomini in base alle loro preferenze. Se non leggi Stephen King non c’è problema, ti puoi vedere i film tratti dai libri. Se chiedi la trasposizione cinematografica di qualche scritto di Umberto Galimberti così da risparmiarti la lettura del tomo, ti guarda come un cavernicolo anche se parli correttamente otto lingue e hai appena riportato in vita un bambino decapitato grazie a una tecnica chirurgica di tua invenzione.

Bellissimo il gioco super impegnato a cui giocate solo tu e la mamma dello sviluppatore. Dico davvero.
Se nella tua playlist c’è Den Harrow accanto a Roberto Vecchioni, ti toglie dagli amici. Lui gioca a videogame “per pochi”, ascolta musica “per pochi”, legge libri “per pochi”, dove i “pochi” sono sempre elite intellettuali.
Leggete libri per pochi, ascoltate musica per pochi, giocate videogame per pochi. Stavolta però ha vinto il platformer per tutti.