L’annuncio del remake di Resident Evil 4, che proprio in questi giorni ha ricevuto anche una bella demo, non può che far sorgere una domanda: ma come si difende l’opera originale di Capcom, ormai giunta alla maggiore età?Mi ritrovo in macchina dopo una giornata di lavoro, la città è come al solito ostaggio del traffico. Fuori piove e tra i clacson delle autovetture e gli insulti tra automobilisti, decido di aprire Spotify e di avviare una playlist con brani di videogiochi horror. Le colonne sonore sono da tempo diventate la mia soundtrack pre e post lavoro. In quelle melodie malinconiche – e talvolta rassicuranti – trovo il mio quarto d’ora di pace e serenità, un fiume di note capace di allontanarmi dall’orrore vero qual è il mondo contemporaneo. Una delle tracce che più di tutte riesce in questo intento è Serenity di Resident Evil 4, composta da Shusaku Uchiyama e Misao Senbongi.L’opera di Shinji Mikami riveste un ruolo importante nella mia memoria, ma sopratutto nella mia infanzia videoludica. A distanza di diciotto anni, mi chiedo cosa sia rimasto di quei ricordi: sono immagini alteratesi col tempo a causa della nostalgia o Resident Evil 4 è lo stesso di sempre? Quanto coincidono al vero i miei ricordi? È un quesito che mi pongo spesso: che ruolo ricopre la nostalgia quando ci approcciamo ad opere simili? Resident Evil 4 è davvero quello che hanno raccontato negli ultimi anni? Fino a che punto arriva la sua influenza nel panorama videoludico? Per rispondere a questa domanda, ho deciso di andare su Steam, inserire Resident Evil 4 nel carrello e trovare la risposta. Avevo undici anni quando ho inserito per la prima volta il disco del gioco Capcom nella console, oggi ne ho ventinove e il mio rapporto coi videogiochi è mutato, è cresciuta la consapevolezza del videogioco come mezzo espressivo e artistico. Proprio per questo motivo, non posso fare a meno di pormi domande come perché qui, e perché ora in relazione alle scelte di design di Shinji Mikami e del suo team.
UN PASSO INDIETRO
L’eredità di Resident Evil, il primo, è tangibile anche a ventisette anni di distanza. Da Silent Hill a Dead Space, la serie Capcom è tra le più influenti nel genere survival horror, figlia di una tradizione iniziata con Alone in the Dark e Sweet Home. Resident Evil 1 deve molto a George Romero e alla sua opera prima, La notte dei morti viventi (1968), col quale condivide una struttura narrativa simile: un gruppo di persone si ritrova a fronteggiare una minaccia – i morti viventi – mentre cerca di sopravvivere all’interno di un casolare.
Resident Evil 1 fa un uso intelligente del linguaggio cinematografico
Gennaio 2005, viene pubblicato Resident Evil 4.
DUE PASSI AVANTI
La nuova fatica di Mikami ha avuto il pregio di riuscire a rinnovare una formula consolidata nell’immaginario videoludico. La telecamera fissa lascia spazio alla terza persona, dando al giocatore la possibilità di guardare ai lati tramite la pressione dell’analogico destro. Per la serie horror è una rivoluzione copernicana. Restano i comandi tank, che impediscono al protagonista – Leon Kennedy – di muoversi agilmente in un determinato spazio.La domanda che potremmo porci è: perché il team di sviluppo decise di mantenere i controlli tank, pur dando maggior libertà visiva al giocatore? Come lavorano i due elementi nelle fasi di gioco e come contribuiscono a trasmettere al giocatore un senso costante di pericolo? Partiamo con una piccola ma semplice premessa: Resident Evil 4 è sì uno sparatutto in terza persona, ma connotato da una forte componente strategica che richiede al giocatore di sapersi posizionare nello spazio e nel tempo, scegliendo con cura quali strumenti utilizzare per superare le situazioni più difficili. Una delle fasi iniziali del gioco ci viene in aiuto per spiegare la filosofia dietro l’opera.
Arrivato in Spagna nei pressi di un villaggio rurale, Leon si ritrova circondato da un gruppo di individui ostili. L’azione di gioco viene lasciata al giocatore, con un breve filmato ad introdurre la caccia all’uomo. Il giocatore qui ha due possibilità: buttarsi a testa bassa nella mischia o escogitare una difesa. Nel primo caso la morte certa è quasi matematica, complice il fatto che i nemici sono numerosi e in grado di attaccare anche da lontano tramite il lancio di oggetti contundenti.Nel secondo caso, il giocatore ha la possibilità di rifugiarsi all’interno di una casa, barricando gli ingressi con la mobilia. Arrivati al secondo piano, troviamo un fucile a pompa appeso alla parete. I locali – chiamati ganados – assediano la casa, sfondando gli ingressi e utilizzando scale a pioli per accedere dalle finestre. I nemici entrano in massa dal piano terra e dal primo piano. Che fare?
Fin da subito Resident Evil 4 ci chiede di ragionare strategicamente, piuttosto che buttarci incautamente nella mischia
Una delle enormi novità introdotte col quarto capitolo è la reazione dei nemici ai danni: sparando alle gambe i nemici cadranno rovinosamente a terra, permettendoci di finirli a colpi di coltello e risparmiare munizioni. I colpi alla testa stordiscono momentaneamente il nemico, consentendo a Leon di sferrare un potente calcio rotante.Nemico dopo nemico, Leon riesce a tenere salva la pelle. Questa sessione introduttiva è il biglietto da visita di Resident Evil 4, una chiara dichiarazione d’intenti da parte di Mikami e colleghi. I comandi tank ricoprono un ruolo preciso nella filosofia di gioco, depotenziando la mobilità del giocatore negli scontri a fuoco. Personalmente non ho mai colto le critiche al suddetto sistema di movimento, che impediscono al giocatore di avere una libertà tale per cui il senso del pericolo sia pari a zero. Avere un sistema di comandi simili a quello di Resident Evil 6, ad esempio, non avrebbe fatto altro che smorzare la tensione dovuta alla parziale incapacità da parte del giocatore di muoversi come meglio desidera, concedendogli un vantaggio netto nei confronti dei nemici. Se gli scontri con le mostruosità che abitano il villaggio inducono ad uno stato d’ansia, è anche grazie a quei comandi tanto criticati.
se gli scontri inducono a uno stato d’ansia, è anche grazie a quei comandi tanto criticati
l’ingrato compito di proteggere Ashley Grahm rende ancora più complicata la gestione dei pericoli
Questo articolo è stato scritto per The Games Machine da Frequenza Critica, il blog italiano di approfondimento videoludico.